IL POTERE DELLA LETTURA
Alec è un ragazzino intelligente, ma
il suo rendimento scolastico non soddisfa i genitori; la causa del
suo scarso impegno sta nel fatto che passa buona parte del tempo,
anche a scuola, a leggere.
Tra l’altro, facendo il tempo pieno,
deve frequentare uno dei tanti corsi che la scuola propone nelle ore
pomeridiane. Alec ha un’idea geniale : fondare un proprio club, che
non dichiari esplicitamente l’obbiettivo di fondo: essere lasciato
in pace per leggere quanto e cosa vuole. Per tenere alla larga
eventuali scocciatori, pensa a un nome che sia proprio respingente:
Club dei Perdenti.
Ma, come è facile immaginare, le cose
non vanno esattamente come il protagonista ha immaginato. Il club,
fondato da lui e dalla sua amica Nina, si allarga progressivamente,
poiché, si sa, il potere della lettura contagia facilmente molte
persone: si aggiungono via via altri ragazzini e ragazzine,
aumentando imprevedibilmente la popolarità di Alec, fino al trionfo
finale.
Naturalmente, a questo filo narrativo
principale se ne intrecciano altri: il conflitto con l’amico/nemico
Kent, che è il suo esatto contraltare, un atleta prepotente che lo
prende in giro sistematicamente; c’è l’amicizia per Nina, che
scivola via via verso un sentimento a lui sconosciuto; ci sono i
rapporti familiari. Ed è questa capacità di costruire un quadro
d’insieme efficace che salva il romanzo dal cadere nella facile
retorica: i libri che salvano la vita e costruiscono idilliache
comunità di lettori.
La capacità di costruire un romanzo
corale, in cui tutti i personaggi sono descritti accuratamente, non è
l’unico pregio: lo stile scanzonato, ironico, rende le situazioni e
i personaggi credibili; dal fratello minore ‘nerd’, allo stesso
Kent, che potrebbe diventare un vero bullo, ma non lo farà. Il mondo
della scuola appare come un meccanismo perfetto che esclude le
varianti; un ragazzino che legge troppo è un problema da gestire ed
è curioso l’affanno con cui gli insegnanti si applicano per non
far leggere questo alunno stravagante.
Non ultimo merito, la carrellata di
testi che costituiscono una sorta di colonna sonora della narrazione:
ed è interessante anche la scelta dei testi, che vanno da ‘La tela
di Carlotta’ a Sendak, da Harry Potter a Ray Bradbury, da ‘Buchi
nel deserto’ a ‘Nelle terre selvagge’, in assoluto il più
amato.
Qui c’è, secondo me, la giusta
considerazione della dimensione onnivora della lettura giovanile,
fatta di scorribande in territori diversissimi, di passioni assolute,
destinate a dissolversi nel giro di qualche anno; questa assenza di
criteri critici in realtà è un passaggio necessario, in cui si
accumulano esperienze, alcune legate all’infanzia, altre alla
ricerca di nuovi orizzonti.
Leggere, in questo romanzo, è un
passatempo, una terapia, una costruzione di legami personali. Certo,
non ritroviamo qui le atmosfere misteriose e il fascino de ‘Il
libro selvaggio’, ma è comunque una lettura che consiglierei a
lettrici e lettori ‘riluttanti’, che magari contano il numero di
pagine prima di scegliere un libro, a partire dai dodici anni.
Eleonora
“Il club dei perdenti”, A.
Clements, Rizzoli 2018
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