FISH BOY
Il romanzo di Chloe Daykin, ‘Fish
Boy’, in uscita per i tipi di Giunti, è davvero un romanzo
originale, anche se parte da uno schema già visto diverse volte: una
famiglia in difficoltà per la malattia della madre, non ancora
identificata; un padre che cerca di darsi da fare; un ragazzino con
le sue specialissime ossessioni, i documentari di sir David
Attenborough, le cui citazioni si intrecciano con la narrazione.
Siamo in una cittadina costiera
dell’Inghilterra e il nostro protagonista, Billy, conduce una vita
relativamente normale, scandita dalle solite cose, la scuola, le cene
un po’ rimediate, a base di fagioli, i bulli a scuola, una ricerca
che non decolla, una ragazzina che forse gli piace e un nuovo amico
che si profila all’orizzonte.
C’è il grande non-detto, la
malattia, ancora non diagnosticata, che costringe la madre a stare
quasi sempre a letto; e c’è una passione travolgente per il nuoto,
che porta il nostro protagonista a imbattersi in un curioso pesce,
uno sgombro, che sembra parlargli.
Billy è un esperto di animali ed è al
racconto che ne fa il mitico documentarista inglese che si rifà nei
momenti difficili, quando bisogna fare una scelta o affrontare un
momento difficile. Sa quindi che i pesci non parlano. Non sa con chi
confidarsi, certo com’è che nessuno gli crederebbe. Solo il nuovo
amico Patrick sembra avere la mente sufficientemente aperta per
credere all’impossibile.
E’ proprio lui a spingerlo a tornare
in mare e a dargli, come amuleto salvavita, una collana con delle
piastrine metalliche. Billy dunque torna più volte in mare a
incontrare Bob, questo il nome attribuito allo sgombro, e il suo
branco, che lo accoglie come uno di loro.
Ma questa nuova simbiosi contiene in sé
un pericolo, perché Billy pesce non è e unirsi per sempre al branco
di pesci può significare una cosa sola, morire.
Le ultime immersioni sono drammatiche,
mettono alla prova la resistenza fisica e mentale del protagonista,
coinvolgendo anche l’amico.
Come si vede è una storia che gioca
sulla sottile linea di demarcazione fra reale e fantastico: abbiamo a
che fare con un ragazzino dotato di una grande immaginazione o la
realtà ha degli aspetti che non possiamo spiegare? Tutto ruota
intorno alla malattia della madre, oppure davvero in mare ci sono
pesci che cercano di unirsi ad alcuni umani speciali? Essere Fish Boy
vuol dire solo essere un eccellente nuotatore? Il tema della ricerca
scolastica si inserisce nella narrazione e non è casuale: tratta
della misteriosa scomparsa in mare di velivoli o imbarcazioni, di cui
si sono perse completamente le tracce: come dire, ci sono più cose
in cielo e in terra di quante siamo in grado di spiegare.
La lettrice e il lettore sono coinvolti
in questi dilemmi e credo si possa dire che il romanzo, scritto con
grande fluidità e un invidiabile ritmo, si lascia leggere a diversi
livelli, come avventura, o come metafora della vita, quando
attraversa momenti cruciali, di confine fra un prima e un dopo.
Ho trovato assolutamente originale
l’inserimento nel racconto in soggettiva del protagonista delle
citazioni prese dai testi di Attenborough, come se il corso dei
pensieri cercasse rifugio nelle brillanti osservazioni
naturalistiche, che sono a loro volta specchio della condizione
umana. Non a caso viene citato un passo in cui il naturalista inglese
richiama il legame che ci tiene stretti a ciascun animale dell’orbe
terracqueo, il filo complesso della storia della vita.
Come romanzo d’avventura e come
riflessione sui passaggi di vita complicati, mi sembra un romanzo
assolutamente consigliabile a lettrici e lettori a partire dai dodici
anni, dotati di fantasia e di grande curiosità.
Eleonora
“Fish boy”, C., Daykin, Giunti 2019
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