DEL MARE E DEI SUOI ABITANTI
Comincio questa passeggiata fra balene
e capodogli, e anche orche, fra indiani mapuche e feroci balenieri,
con l’ultimo racconto firmato da Luis Sepulveda per Guanda: ‘Storia
di una balena bianca raccontata da lei stessa’.
Confesso che all’inizio ho pensato
che cominciare l’anno con una storia che, contro qualsiasi
previsione, non è affatto consolatoria e non prevede lieto fine, non
fosse proprio di buon auspicio per l’anno che è appena iniziato.
Ma ho anche pensato che è una storia che regala consapevolezza e di
questa abbiamo e avremo tanto bisogno.
L’incipit è di quelli che restano
impressi: su una spiaggia del sud del Cile si è arenato un grande
capodoglio grigio, quasi bianco; i pescatori del luogo portano la
carcassa al largo, dove, svuotata, potrà sprofondare negli abissi
dell’oceano. A piangerla un bambino, un mapuche che ricorda le
antiche leggende del mare. Ma a raccontarle al nostro narratore sarà
la balena stessa, attraverso una conchiglia. Ed ecco quindi dipanarsi
la storia di questo gigante del mare che nel tempo ha protetto la
popolazione dei cetacei e degli umani che vivono in sintonia con
essi. Sono antiche leggende che legano i lafkenche, popolazione
rivierasca appartenente all’etnia mapuche, al mare e ai suoi
abitanti. In particolare alle balene, custodi del viaggio che le
anime dei defunti compiono verso l’isola di Mocha.
E’ anche la storia di una lotta
mortale con i balenieri, predatori spietati e incoscienti, disposti a
tutto per il loro inconsistente bottino.
E’ una lotta mitica, che ripercorre,
al contrario, il racconto di ‘Moby Dick’.
Da mostro inconoscibile e violento, il
capodoglio diventa il simbolo di un’altra civiltà, meno
predatoria, distrutta insieme agli animali che la rappresentano
simbolicamente.
In questa storia, raccontata con il
consueto stile di Sepulveda, che sceglie ancora una volta i toni
della favola e della leggenda, non è pensabile un lieto fine. Per la
storia già nota, ma anche più direttamente per quello che racconta,
una lotta impari contro la ‘civiltà’ della distruzione e del
consumo compulsivo delle risorse naturali. Non c’è gara.
Per questo, il libro di quest’anno
non ha scalato le classifiche di vendita: non è una storia
rassicurante, non ci dice che tutto andrà bene, al contrario ci
racconta come la nostra cultura abbia fatto e faccia tuttora il
deserto intorno a sé. Temi attualissimi, urgenti, esposti qui in
forma favolistica, ma non per questo meno efficace.
Il capodoglio di cui si parla in queste
pagine non è la creatura potentemente simbolica del romanzo di
Melville e nulla della complessità del romanzo traspare nel racconto
di Sepulveda. E’ proprio un altro mondo, quello di cui parla
l’autore cileno: un mondo reale, concreto, fatto di vite umane
legate al mare da vincoli strettissimi, di animali padroni dei grandi
spazi oceanici, distrutti entrambi, o quasi, dall’incedere
ossessivo del ‘progresso’.
Di questi animali, padroni dei grandi
spazi oceanici, e del loro mistero parla anche l’albo dell’autrice
inglese Jo Weaver, ‘Piccola balena’, pubblicato da Orecchio
Acerbo. Ancora una volta il racconto per immagini del viaggio
affrontato da una balena grigia con il suo cucciolo, dai mari caldi
della California verso il grande Nord, è suggestivo, ma per nulla
retorico: racconta di un’impresa, durissima e pericolosa,
soprattutto per una giovane esemplare inesperta che trova l’unico
aiuto nella madre. Madre e piccola, infatti lasciano le latitudini
meridionali per ricongiungersi al resto del branco, nei freddi mari
del Nord.
Le immagini, tutte giocate sulle sfumature di un perfetto
disegno a carboncino, raccontano quello che il testo non dice: la
maestosità, l’imponenza e l’eleganza di animali di grandissime
dimensioni e di sorprendente agilità. E gli spazi infiniti, le
immensità abissali di cui sappiamo veramente poco. Questo albo, come
il precedente ‘Piccola orsa’, rappresenta una particolare
modalità di racconto, e racconto per immagini, coinvolgente ma nello
stesso tempo rispettoso della realtà naturale.
Certo, le balene o i capodogli o le
orche fra loro non parlano con parole umane; eppure esprimono una
grande raffinatezza espressiva, come ha estesamente documentato Carl
Safina in ‘Al di là delle parole’, pubblicato da Adelphi.
Qui, a dimostrazione della fondatezza
di alcune osservazioni espresse dalle popolazioni locali, si afferma
l’esistenza di ‘menti’ animali, soggettività complesse alla
base di gruppi sociali molto articolati. Soggettività che possono
cambiare la vita di un branco.
Sepulveda parla di un capodoglio
mitico, talmente eccezionale da entrare nella leggenda; Weaver
descrive con partecipe attenzione un aspetto della vita delle balene
grigie. Safina ci porta dentro il loro mondo, per mostrarci quanto
poco ne sappiamo e con quale tracotante arroganza l’abbiamo finora
trattato.
Come nel mondo mapuche, noi e loro
partecipiamo in realtà della stessa natura senziente; e questo
mondo, in gran parte sconosciuto, è proprio ciò che stiamo
pervicacemente distruggendo.
La consapevolezza di questo è l’unico
vero antidoto a un mondo che rifugge il pensiero e la riflessione,
che ignora le contraddizioni e nega un futuro diverso.
Per fortuna ci sono i libri ad aprirci
gli occhi, a noi grandi in cerca di risposte e a bambine e bambini in
cerca di domande ancora più ardite.
Eleonora
“Storia di una balena bianca
raccontata da lei medesima”, Guanda 2018
“Piccola balena”, J. Weaver,
Orecchio Acerbo 2018
“Al di là delle parole”, C.
Safina, Adelphi 2018
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