Carissimo,
son qui
tutta su di giri, perché forse so in che direzione dobbiamo
guardare...
Se tiro le fila di
quanto ci siam detti fin qui, se ne deduce quanto segue: l'uomo è
una bestia! Che lo voglia a no, se ne deve fare una ragione.
Se però sono uno
Scoiattolo delle foreste e una Formica delle intercapedini a diglielo
così fuori dai denti, secondo me, un poco di peso sulla coscienza se
lo sentirà addosso, non credi? Magari anche quando scrive libri per
bambini...
Accidenti, quando io
dico con voce stentorea 'L'uomo è una bestia' sto già facendo mio
quell'atteggiamento tutto umano che è impastato di moralismo e di
prevaricazione. Vedi come è facile caderci?
Dietro quella sfumatura
di disprezzo, che c'è nella parola bestia, però si nasconde la
consapevolezza che l'uomo si è imposto, fin dal momento che ha
scoperto di avere il pollice opponibile, come dominatore assoluto di
tutti gli altri sudditi del suo stesso regno.
Lo abbiamo detto:
infischiandosene allegramente, si è incoronato sovrano assoluto di
tutte le altre creature viventi.
Le ha usate, ne ha
abusato e lo ha raccontato e insegnato per millenni ai suoi diretti
discendenti.
Ed eccoci qua a
constatarne gli esiti, anche quelli che potrebbero sembrare i più
innocui, ovvero le storie che racconta nei libri e con le quali
pretende di insegnare ai più cuccioli a stare al mondo, diventano
armi taglienti contro di noi, che siamo gli animali, o anche, e
perché no?, le bestie!
Altro valore avrei dato
se avessi saputo mantenere una giusta distanza e più obiettivamente
avessi solo detto: L'uomo è un animale...
Ed è a proposito di
questo L'uomo è un animale, che mi viene in mente una curiosa
liaison che potrebbe essere utile per trovare una quadra alla
faccenda.
Sai chi ha intitolato
così la sua tesi di fine corso al College of Art di Leeds? Proprio
uno che quando aveva diciotto anni voleva fare il pittore e non certo
l'illustratore di libri per bambini, come invece poi ha fatto per una
vita intera. Sono sicura che lo hai riconosciuto. Intorno agli
animali, e in particolare ai suoi più stretti cugini, i primati, ha
costruito l'intera sua poetica. E che poetica.
Non è un mistero a chi
mi sto riferendo, direi.
A parte una deviazione
fatta con i maiali, utilizzati in senso simbolico con un'etichetta
moraleggiante non da poco, e come tale ammessa da lui stesso, per il
resto Anthony Browne si è occupato di gorilla, scimpanzé e oranghi
nella maggioranza dei sui migliori libri.
E lo ha fatto non
perché gli mancasse il coraggio o la capacità di disegnare altro, o
perché in tal modo volesse educare qualcuno. O peggio volesse che
dalle sua storie si ricavasse un qualche insegnamento. Tutt'altro.
Le ragioni per cui lo
ha fatto si distaccano da qualsivoglia intento morale.
Te le elenco
brevemente: i gorilla sono belli da disegnare, sono potenti e fragili
allo stesso tempo (e tanto ricordano i limiti dell'umanità), sono
quanto di più simile all'uomo (dallo sguardo in poi) esista in
natura, ovvero sono, negli occhi di chi li vede, perfetti per creare
la necessaria 'ambiguità', quello stupore e quella meraviglia
necessarie per trasformare una storia in una bella storia.
Il loro essere così
'analoghi' all'umanità li rende adatti, pensa Browne, a raccontarla,
in una preziosa sospensione di giudizio.
Riconoscere la
sottigliezza di un confine, non farne strumento di prevaricazione, al
contrario essere capaci di saltellarci al di qua e al di là con la
necessaria leggerezza e consapevolezza è quello che metterebbe in
salvo noi e loro.
Ma tu lo sai che non
sarà così, vero?
E su questo mi sento di
averti detto tutto quello che sapevo dirti.
La tua amica di e per
sempre, F.
Nessun commento:
Posta un commento