venerdì 29 marzo 2019

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


Carissimo, 
son qui tutta su di giri, perché forse so in che direzione dobbiamo guardare...
Se tiro le fila di quanto ci siam detti fin qui, se ne deduce quanto segue: l'uomo è una bestia! Che lo voglia a no, se ne deve fare una ragione.
Se però sono uno Scoiattolo delle foreste e una Formica delle intercapedini a diglielo così fuori dai denti, secondo me, un poco di peso sulla coscienza se lo sentirà addosso, non credi? Magari anche quando scrive libri per bambini...
Accidenti, quando io dico con voce stentorea 'L'uomo è una bestia' sto già facendo mio quell'atteggiamento tutto umano che è impastato di moralismo e di prevaricazione. Vedi come è facile caderci?



Dietro quella sfumatura di disprezzo, che c'è nella parola bestia, però si nasconde la consapevolezza che l'uomo si è imposto, fin dal momento che ha scoperto di avere il pollice opponibile, come dominatore assoluto di tutti gli altri sudditi del suo stesso regno.
Lo abbiamo detto: infischiandosene allegramente, si è incoronato sovrano assoluto di tutte le altre creature viventi.
Le ha usate, ne ha abusato e lo ha raccontato e insegnato per millenni ai suoi diretti discendenti.
Ed eccoci qua a constatarne gli esiti, anche quelli che potrebbero sembrare i più innocui, ovvero le storie che racconta nei libri e con le quali pretende di insegnare ai più cuccioli a stare al mondo, diventano armi taglienti contro di noi, che siamo gli animali, o anche, e perché no?, le bestie!
Altro valore avrei dato se avessi saputo mantenere una giusta distanza e più obiettivamente avessi solo detto: L'uomo è un animale...
Ed è a proposito di questo L'uomo è un animale, che mi viene in mente una curiosa liaison che potrebbe essere utile per trovare una quadra alla faccenda.
Sai chi ha intitolato così la sua tesi di fine corso al College of Art di Leeds? Proprio uno che quando aveva diciotto anni voleva fare il pittore e non certo l'illustratore di libri per bambini, come invece poi ha fatto per una vita intera. Sono sicura che lo hai riconosciuto. Intorno agli animali, e in particolare ai suoi più stretti cugini, i primati, ha costruito l'intera sua poetica. E che poetica.
Non è un mistero a chi mi sto riferendo, direi.


A parte una deviazione fatta con i maiali, utilizzati in senso simbolico con un'etichetta moraleggiante non da poco, e come tale ammessa da lui stesso, per il resto Anthony Browne si è occupato di gorilla, scimpanzé e oranghi nella maggioranza dei sui migliori libri. 
E lo ha fatto non perché gli mancasse il coraggio o la capacità di disegnare altro, o perché in tal modo volesse educare qualcuno. O peggio volesse che dalle sua storie si ricavasse un qualche insegnamento. Tutt'altro.
Le ragioni per cui lo ha fatto si distaccano da qualsivoglia intento morale. 


Te le elenco brevemente: i gorilla sono belli da disegnare, sono potenti e fragili allo stesso tempo (e tanto ricordano i limiti dell'umanità), sono quanto di più simile all'uomo (dallo sguardo in poi) esista in natura, ovvero sono, negli occhi di chi li vede, perfetti per creare la necessaria 'ambiguità', quello stupore e quella meraviglia necessarie per trasformare una storia in una bella storia.


Il loro essere così 'analoghi' all'umanità li rende adatti, pensa Browne, a raccontarla, in una preziosa sospensione di giudizio.
Riconoscere la sottigliezza di un confine, non farne strumento di prevaricazione, al contrario essere capaci di saltellarci al di qua e al di là con la necessaria leggerezza e consapevolezza è quello che metterebbe in salvo noi e loro.



Ma tu lo sai che non sarà così, vero?
E su questo mi sento di averti detto tutto quello che sapevo dirti.

La tua amica di e per sempre, F.



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