VEDERE OLTRE
Passi da gigante, Anaïs
Lambert
Pulce Edizioni 2019
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)
"Stamattina mi sono preparato.
Senza fare rumore,
sono uscito.
In lontananza ho sorpreso una lotta
feroce,
e, sotto le foglie, una corsa folle
e appiccicosa."
Ha infilato il suo
berretto a righe ed è ben coperto da un maglione rosso che si vede
da lontano. Anche i piedi sono al sicuro dentro stivali di gomma
verde erba. E i pantaloni corti stan su con le bretelle.
Uscito di casa, si
incammina in un prato tutto in movimento e pieno di belle cose da
scoprire: cervi volanti che si affrontano, lumache che gareggiano
sotto le grandi foglie di cavolaccio, ricci di ippocastano, semi
d'acero che volano, alberi di ciliegio in fiore, uova di rana
nell'acqua ferma...
Ogni cosa ne
diventa immediatamente un'altra nella testa di quel bambinetto:
mostri pungenti, elicotteri che si catturano, carovane di portatori,
zampe di vecchi pachidermi e occhi che dal pelo dell'acqua tutto
osservano...
E se così è, non
sarà poi difficile immaginare di essere catturato da un gigante
affamato che mangerebbe volentieri un orso ma che si accontenterebbe
anche di un piccolo gigante, da portare a cavalcioni di nuovo a casa.
Questo libro è una
bella passeggiata all'aria aperta. Ci sono intorno suoni bassi,
ronzii, brezzoline, acqua che stagna e acqua che scorre, il rumore
dei passi e qualche parola qua e là (che forse sono solo pensieri).
Ma a ben vedere la
cosa ancora più bella di questa passeggiata è l'altezza dello
sguardo.
Se si parte da un
ingresso silenzioso di una casa, forse ancora addormentata, con un
punto di osservazione esterna al protagonista - lo vediamo che calza
stivali e cappello ancora nel frontespizio - subito dopo lo sguardo
passa in soggettiva. O per meglio dire, lo sguardo del lettore è quello di altro bambino: è basso.
Capiamo con lui che
ci stiamo allontanando dal luogo sicuro e ci lasciamo alle spalle
l'orto e il tubo per annaffiare (che normalmente segna quel confine
immaginario fin dove si riesce e si può ad arrivare: una sorta di
guinzaglio di gomma che ti tiene vicino).
Lo sguardo, come è
naturale che sia in una passeggiata avventurosa, è sempre rivolto
verso il basso.
E' molto naturale
quando si va verso l'ignoto, guardare in basso per vedere dove si
mettono i piedi, cosa riserva lo spazio inesplorato e, invece, alzare
lo sguardo solo quando ci si sente sufficientemente sicuri e magari
ci si ferma.
Chi cammina per
diletto, lo avrà sperimentato mille volte. E' così e basta.
Osservando con
circospezione in basso, dove mette i piedi, quel bambino fa (o va in
cerca di) belle scoperte che nella sua testa diventano all'istante
qualcosa d'altro. D'altronde oltre alla capacità di vedere tout
court, anche quella di saper di vedere oltre, ovvero oltre le
forme della realtà, è una roba che si esercita quando non si è
ancora tanto alti.
Fortunati e rari
quegli adulti che questa capacità visionaria la conservano intatta,
anche dopo aver superato il metro e 40 di altezza.
In pochissime
occasioni lo sguardo torna esterno alla scena (e spesso e volentieri continua ad avere quella medesima altezza bambina) e quando accade è per
sottolineare un cambio di registro: ovvero quando arriva la pausa e
con lei il gioco della paura; quando in scena sta per entrare qualcun
altro.
L'idea di un
gigante che ti cattura e ti riporta - strano ma vero - in sicurezza
vanta precedenti illustri (per esempio, P. Bently, H. Oxenbury Re Valdo e il Drago). Come non è nuovo il gioco tra immaginazione
scritta e realtà disegnata. E men che meno la passeggiata nell'erba
che già dieci anni fa Komako Sakai illustrava magnificamente
(Nell'erba). Lo sguardo ad altezza occhi di bambino lo aveva
utilizzato già Iela Mari nel suo Animali nel prato. Ma come
sempre nei libri della Mari c'è un rigore e una oggettività di
segno e colore per lei evidentemente imprescindibile che qui non appare. Le sue tavole
sono silenziose e non lasciano spazio al tipo di 'lettura'
immaginifica di cui invece è in cerca Anaïs Lambert. La Mari preferisce
non suggerire nessuna interpretazione, quanto piuttosto dare forma
iconica alla realtà e, piuttosto, stimolare l'attenzione
dell'osservatore sugli accostamenti tra pagina di sinistra e pagina
di destra...Con veri brividi lungo la schiena.
Anche nel disegno e
nelle diverse tecniche che utilizza la Lambert si riconoscono omaggi
a 'giganti' che sono arrivati sulle pagine dei libri prima di lei.
Questo non toglie
nulla alla qualità di questo libro che è poco più che un esordio.
Come è giusto che sia, a trent'anni o poco più, è segno di
intelligenza e consapevolezza da parte di Anaïs Lambert, sapersi e
volersi guardare intorno (e non temere davvero il gigante).
Né più né meno di come fa il suo bambinetto con
il berretto.
Carla
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