UNO SGUARDO SUL BARATRO
Se la storia di Max, è soprattutto una storia di finzione, basata su un evento storico,
la ‘Storia di Sergio’ è una storia vera, dal principio alla
fine. Una storia tragicamente vera.
E’ la storia di un bambino di
ascendenza parzialmente ebraica, rastrellato insieme alla madre, alla
nonna, alla zia e a due cuginette, a Trieste il 21 marzo del ‘44.
Tutta la famiglia, di cui conosciamo
già Andra e Tati per un corto che ne racconta la storia e per il libro che ne è stato tratto, è
deportata prima alla Risiera di San Saba, poi ad Auschwitz.
Il libro scritto da Alessandra Viola,
basandosi sulla testimonianza di Andra e Tatiana Bucci, sopravvissute
all’Olocausto, descrive la vita del campo, la separazione dei
bambini in un capannone, in cui conducono una vita miserabile,
ricevendo rarissime visite clandestine da parte delle loro madri.
Ma se questo di per sé può essere
visto già come il peggiore dei destini, a Sergio, che ha quasi sette
anni, capiterà di peggio.
Nel loro delirio suprematista, i
nazisti pensano di utilizzare i bambini ebrei come cavie per
esperimenti medici; e quale inganno più atroce per ottenerne la
collaborazione, se non la promessa di riportarli alle loro madri? Ed
ecco Sergio uscire dalla fila, insieme ad altri, nonostante Andra e
Tati l’abbiamo scongiurato di non farlo. Si può credere alle
peggiori menzogne, se ci consentono di coltivare una flebile
speranza. E’ quello che fa questo bambinetto, convinto di
incontrare nuovamente la madre e destinato a diventare una delle
cavie del dottor Kurt Heissmeyer, che portava avanti esperimenti
sulla tubercolosi nel famigerato campo di Neuengammer.
Il finale è tragico; l’imminente
fine della guerra e la disfatta inducono i tedeschi a tentare di
cancellare le tracce della loro ignominia. Cancellare le tracce
umane, in primo luogo.
Il custode della scuola elementare, nei
cui sotterranei si svolsero queste atrocità, conservò a lungo,
nascosta, la documentazione di quanto era avvenuto. Un giornalista
tedesco, entratone in possesso, raccolse anche altri elementi che
permisero di rintracciare e processare alcuni dei responsabili, fra
cui il dottor Heissmeyer.
Questa è la storia, che pare quasi
inverosimile per quanto profondo è il baratro di disumanità che
spalanca davanti agli occhi del lettore. Questa è la doverosa
ricostruzione dei fatti, che raccoglie l’invito del fratello di
Sergio, Mario, nato dopo la guerra, a non dimenticare, a rendere
giustizia a queste vittime innocenti attraverso la testimonianza.
In generale, preferisco i testi che
usino la finzione letteraria, la trasfigurazione attraverso il
racconto, per raccontare la Storia, o anche la cronaca. Troppo grande
il rischio della retorica, dell’approccio didascalico, dei giudizi
morali troppo superficiali.
Ma c’è anche la necessità della
testimonianza e, in quanto tale, questo libro rappresenta un raro
punto di equilibrio fra documentazione storica e racconto. Di libri
come questo c’è ancora bisogno, se hanno ancora voce i
negazionisti, se l’antisemitismo ritrova voce in tante parti
d’Europa.
‘Storia di Sergio’, pubblicato da
Rizzoli in occasione della Giornata della Memoria, è un libro
davvero difficile da affrontare, nonostante, in fondo, non si
descriva più di tanto l’orrore dei campi di sterminio. Ma
qualsiasi lettrice e lettore non può non cogliere l’immensità
della tragedia, l’immensità del Male che in quegli anni imperava
in Europa.
Consiglierei la lettura a ragazze e
ragazzi maturi e informati, a partire dai tredici anni, che possano
affrontare il libro con consapevolezza, sperando che ne possano
trarre le adeguate valutazioni storiche, etiche, politiche.
Eleonora
“Storia di Sergio”, A. e T. Bucci
con A. Viola, Rizzoli 2020
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