mercoledì 29 gennaio 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


FARE BELLA FIGURA

Cicero. Guida illustrata alle figure retoriche, Lucia Biancalana
Pièdimosca Edizioni 2019


ILLUSTRATI (dai 10 anni)

"Delle figure retoriche hai certo sentito parlare e il termine metafora non dovrebbe esserti del tutto estraneo. Se poi hai mai detto frasi come 'non ti dico che giornata' o 'è un secolo che non ci vediamo', ti è sicuramente chiaro ciò di cui stiamo parlando.
Dal momento che la retorica è un po' ovunque, si potrebbe pensare che siamo tutti dei grandi oratori. In realtà, c'è una piccola differenza che distingue i versi di un poeta dalla frase che esclamiamo al vicino di casa. Difatti, se parlare per figure retoriche è un'abitudine comune, il saperle riconoscere, interpretare e sfruttare consapevolmente rientra nell'arte oratoria."


'Si fanno più figure retoriche in un giorno al mercato in piazza che in molti giorni in assemblee accademiche.' César Cesneau Du Marsais

Fortunati sono quelli, me compresa, cui capita di frequentare assemblee accademiche in cui le figure retoriche, in particolare le metafore, sono l'aria.
Se in quelle suddette assemblee si parla di letteratura, magari anche illustrata, e magari per l'infanzia non è materialmente possibile lasciarle fuori.
Questo però nulla toglie al fatto quell'uomo 'illuminato' che era Cesneau De Marsais, dicesse una cosa vera: figura retorica e inconsapevolezza vanno a braccetto (metafora?). Canticchiare le anastrofi di Baglioni, oppure le reticenze di Patty Pravo o le enfasi di Mina nel sottolineare il se, fare tutto questo e non averne contezza, almeno non nell'immediato, è la condizione ideale in cui vivere. 


Tuttavia è utile, a posteriori, verificare che le parole sono portatrici di senso (caratteristica su cui troppo poco si riflette), e che non sono lì per caso e soprattutto che ci colpiscono di più, se messe in una sequenza determinata, da precisi criteri. Possibilmente inaspettata e immaginifica.
E qui viene il punto.


Il bello delle figure retoriche, a mio avviso, è che sono soprattutto figure. In questo senso metafore, metonimie, sineddochi, sinestesie, ossimori attingono a un immaginario visuale, in ogni caso sensibile, e come tale lo restituiscono : affari che vanno a gonfie vele, gente senza cervello, bicchieri bevuti, colori caldi e ghiaccio bollente per tutti.
Ed è per questo che di questo libro tascabile, come a suggerirne una vocazione di vedemecum, si è attratti soprattutto dalle immagini che hanno la capacità - seppure sacrificate nello stretto e in un b/n impastato - di mettere immediatamente a fuoco tutto quello che si scrive intorno, ovvero tutto l'apparato testuale che è di certo necessario, ma che odora di didattica, citazioni escluse.


Il divano fatto di cactus che arriva dalla immaginifica campagna di AXN Channel, Relax. If you can, oppure il piccolo omino, il Cicero sottostante in ciabatte da spiaggia e bermuda e giacca a vento con cappuccio di piume, sono un bel modo per fissare nella mente che cosa sia un ossimoro. E il verso noto di Catullo, Odi et amo, completa il quadro. E a proposito di quadri, forse anche l'Empire des lumières di Magritte può essere un ulteriore contributo, o è forse invece un paradosso?


O ancora la sinestesia che prende forma nell'immagine, anche questa ridisegnata della celebre opera di quel genio che è Meret Oppenheim, La colazione in pelliccia, che fa arricciare i denti al solo vederla e al poter immaginare se stessi a utilizzare quella tazza e quel cucchiaino per berci un cappuccino (caldo). Accompagnata dal piccolo Cicero, sempre a bordo foglio, mentre mangia pop corn davanti a un film in 3D.
Geniale.


La forchetta (così debitrice nei confronti di Munari) che è una mano che chiede, metafora per alludere alla richiesta di cibo, in occasione della campagna Unicef per il World Food Day del 2012, disegnata dall'agenzia Saatchi&Saatchi è accanto a una delle tante frasi celebri di Snoopy, che sono ormai patrimonio comune del nostro immaginario.
La bellezza di Cicero dunque dove sta? Nell'intelligenza e in un evidente pensiero divergente che è a monte di questo progetto editoriale.
Brava a Lucia Biancalana che ha saputo creare, nella sua tesi all'ISIA, begli intrecci e ha saputo comporre con sguardo originale materiale complesso. Il suo bagaglio di conoscenze è vario e ampio e lei ha saputo scegliere e mettere insieme cose lontane tra loro (e quindi ha creato 'un'anomalia' sulla pagina) il pop e l'aulico, Mina con la Venere di Willendorf (i maligni pensano non sia un caso), l'arte dei musei con la pubblicità televisiva (che spesso ne è piena, di arte; si pensi a chi canticchia Khachaturian, inconsapevolmente, mentre pulisce con lo sgrassatore universale...), nell'aver mischiato molto, nell'aver saputo spiccare bei salti in direzioni anche molto diverse tra loro. 
Nell'aver trasformato in segno ciò che è parola.


Milton Glaser applaudirebbe!
E bravo anche il collettivo Pièdimosca, microscopica realtà, fatta anch'essa da un gruppo di gagliarde menti, che ha deciso di pubblicarlo.
Bravi tutti nell'aver saputo risparmiare senza aver per questo mai perso di vista una certa qualità formale. E per averla saputa mostrare, quasi con orgoglio (fra le righe si legge tanta cura e passione), questa economia necessaria a chi ha ancora piedini da mosca.
Non si dice nulla di nuovo se si afferma che intelligenza, pensiero divergente, buone metafore, qualche sineddoche, un paio di eufemismi, una litote e tre onomatopee sono materia necessaria per poter dialogare alla pari e con un qualche costrutto con l'infanzia.

Carla


Noterella al margine.
Va da sé che una ulteriore funzione di questo libro da tasca sia quella di generare in chi lo sfoglia e lo legge la curiosità di andarsi a cercare, pagina dopo pagina, gli originali delle opere 'citate': è una bella esperienza. Provare per credere.

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