mercoledì 13 maggio 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


GISÈLE È GRANDE E TORNA A CASA

La bambina di vetro, Beatrice Alemagna
Topipittori 2020

ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"Un giorno, in un villaggio vicino a Bilbao e a Firenze, nacque un bambino di vetro. Anzi, una bambina.
Era così carina con i suoi grandi occhi, così perfetta con le sue piccole mani, così pura e luminosa... ma così trasparente!
Brillava, scintillava, si confondeva con gli oggetti, cambiava colore al tramonto e sotto il sole si trasformava in mille riflessi."


Tutti facevano lunghe code per vederla e le domande sul suo essere così insolita si accavallavano, ma la fragilità non preoccupava né Gisèle né i suoi genitori. La sua trasparenza, tuttavia, rendeva visibile tutto ciò che le passava per la testa. E questo non era molto piacevole. 


Da piccola, ogni sua minima paura veniva intercettata e subito rassicurata. Ma crescendo, il fatto che tutti potessero leggerle il pensiero, bello o brutto che fosse, non era ciò che lei desiderava per sé. Inoltre, le malinconie avevano il potere di incrinarla, e non solo nell'anima, ma anche nel corpo fragile di vetro. E come se non bastasse tutti avevano qualcosa da ridire sui suoi personalissimi e privati pensieri.
Gisèle non ne poteva più: così fece la valigia, salutò i suoi genitori e partì.


Dovunque andasse, però, era sempre lo stesso.
Finché un giorno, smise di scappare da se stessa e dal giudizio degli altri, fece dietro front e tornò a casa.

Gisèle, cosa che capita davvero di rado per i personaggi dei libri, l'abbiamo vista crescere. E ora è addirittura maggiorenne.
È nata diciotto anni fa in Francia, come bambina di vetro dentro un libro francese, Gisèle de verre
All'epoca, l'Italia non si era dimostrata accogliente ne confronti di Beatrice Alemagna che, quindi, pubblicava i suoi primi bei libri esclusivamente con case editrici d'Oltralpe. Questo, con Seuil.
All'epoca, era nato da una suggestione rodariana, circostanza che quest'anno non casualmente trova rinnovato vigore, visto il centenario.
Giacomo di Cristallo, quello che oggi la Alemagna definisce un fratello di Gisèle è il protagonista di una delle Favole al telefono.
Con Gisèle condivide la trasparenza, ma poco altro. 
Giacomo, al contrario di Gisèle, è un catalizzatore, la gente gli voleva bene per la sua lealtà e vicino a lui tutti diventavano gentili. Rodari prosegue seguendo la sua vena più politica, e racconta che, salito al potere un feroce dittatore, il popolo conosce miseria e ingiustizia. Nessuno ha il coraggio di opporsi, pena la morte, a parte Giacomo, i cui pensieri sono trasparenti. Lui non può tacere e i suoi pensieri ribollono di sdegno e condanna. Il dittatore lo fa rinchiudere, sperando così di nascondere agli occhi del mondo la verità, ma - e qui arriva la fantastica rodariana - la prigione e le mura che la circondano diventano anch'esse trasparenti. Al dittatore non resta che coprire i suoi occhi dalla luminosità che emana Giacomo. E qui la morale rodariana: la verità è più forte e luminosa di qualsiasi cosa. Non la si può tenere nascosta per sempre.
Le due Gisèle, quella francese e quella italiana, pur condividendo la radice rodariana, sono ben diverse tra loro.


La prima e più grande differenza con la prima Gisèle, quella francese, è nella fuga senza ritorno di quella persona con il dono della trasparenza.
L'essere trasparente, la rende diversa e come tale pericolosa. Tout le monde l'évita. La rende scomoda: Tu ne peux pas te retenir de penser cela? L'unica soluzione che Gisèle trova è quella di andare via, da casa e da tutti quei luoghi dove non si sente accettata. E, scriveva nel 2002 l'Alemagna, ancora oggi continua a viaggiare, sorridente perché - e qui ritorna puntuale la morale rodariana - la verità fa paura e le persone preferiscono non vederla.
Colpo di coda finale, in perfetto stile rodariano: una frase messa in bocca a un buon alter ego di Gisèle: tanto peggio per loro! (Tant pis pour eux!).
Oggi Beatrice Alemagna, nel ripensare a una versione corretta (lei stessa parla di errori di gioventù fatti nel libro francese) cambia un po' di disegni. 
In primo luogo la copertina, utilizzando il disegno su acetato dell'edizione francese, perché considera la prima versione poco immediata. 


Per quel che vale, a me continua a sembrare bellissima quella testona che lascia trasparire l'erba di un prato, nell'edizione Seuil.
Dà proporzioni diverse alla bambina che per tristezza o rabbia si trova il corpo di vetro incrinato. La lacrima versata alla partenza diventa davvero un cristallo, ma soprattutto sparisce, nell'ultima pagina, il Pinocchio conclusivo che aveva il merito di incarnare visivamente l'infanzia che sa dire marameo a tutti: Tant pis pour eux!.
Ed eccoci al finale, appunto.
Anche nel testo 2020 qualcosa cambia. In omaggio a una 'filologia' rodariana più ortodossa, spiega l'Alemagna, Gisèle non fugge, ma inverte la rotta e torna a casa. Non si tratta dunque di una storia che esalta il valore della verità, come accade in Giacomo di cristallo, ma di una storia sul coraggio e quindi la libertà di essere se stessi.
Eppure, la morale politico/sociale rodariana sulla verità a me pare di vederla ancora lì. 


Chi è sparito, invece, è quel canzonatorio e libero gesto che chiudeva il libro francese, Tanto peggio per voi!, con Pinocchio, quel bambino di legno, alter ego di quella bambina di vetro, che prima si intravede e poi spunta, girato l'ultimo foglio di acetato.
Quello sì che a me pareva confermare, senza essere dichiarativo, ma allusivo e beffardo, il valore ultimo della lezione di Rodari, al di là di ogni retorica, sul diritto dei bambini di essere bambini (e per sillogismo a essere di vetro se si è di vetro e bugiardi se si è bugiardi).
Al posto di una delle icone più ribelli d'infanzia ora c'è una pagina bianca in cui, dopo una precisa dichiarazione di intenti da parte della bambina di vetro, tutto viene reso 'trasparente', proprio in nome di quella libertà di pensiero che ognuno deve trovare in sé.
Due righe per chiudere. Beatrice Alemagna sa essere gigantesca. E questo è un fatto. Se dal punto di vista del disegno/segno non ha mai smesso di crescere e migliorarsi, tuttavia mi pare che in libri come il "giovanile" Gisèle de verre, o Un leone a Parigi, o I cinque malfatti o ancora Cicciapelliccia sia stata capace di raggiungere belle vette. Lì a dimostrare una spontaneità e una libertà e una forza (queste davvero giovanili) che nascono da una capacità di arrivare al nodo della questione senza sentire il bisogno di scioglierlo.


 Tant pis pour eux!

Carla

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