IL TEMPO CHE VERRA’
Non è facile immaginare, o ipotizzare,
come sarà diverso il mondo post pandemia; ancora non ci rendiamo
conto di quali strascichi, di quale cicatrici lasceranno questi mesi
anomali, che ci hanno costretto a cambiamenti radicali nelle nostre
abitudini di vita.
Una cosa è certa: la scuola ne uscirà
malconcia, priva di strumenti non solo di prevenzione sanitaria, come
talvolta accade, ma di strumenti per comprendere l’effetto della
didattica a distanza e delle nuove regole di convivenza imposte
laddove è rimasta la presenza.
Per dare solo un piccolo assaggio di
quello che ho sentito dalle tante insegnanti che ho sentito in questi
mesi, basta pensare che spesso la biblioteca scolastica è rimasta
chiusa, sono finite le collaborazioni e i progetti ‘collaterali’,
come teatro, letture, corsi, incontri con autori. Meritoriamente e
coraggiosamente alcune di queste attività sono continuate online, ma
solo una parte di esse e comunque escludendo quelli che non sono
abbastanza attrezzati sul piano tecnologico.
Ecco il punto è questo: siamo un Paese
in cui le differenze e le distanze si acuiscono, in cui si
approfondisce il divario fra competenze scolastiche da Nord a Sud, in
cui aumenta il numero di bambini che vivono in povertà assoluta e
relativa.
Questo ce lo ricorda il rapporto
annuale che Save The Children propone ogni anno e che quest’anno,
dedicato al 2019, appare, nello stesso tempo, drammatico e inattuale,
perché riguardante il mondo pre-covid: quanto pagheranno le bambine
e i bambini quest’anno severo, povero di stimoli e di opportunità,
in cui chi ha gli strumenti per farlo se la cava e chi non li ha
arretra; non siamo in grado di dirlo, così come appare improbabile
un decisivo investimento pubblico sulla scuola.
Viviamo in un Paese che non ama i
propri figli, che non crede e non trasmette un’idea di futuro.
Ecco, credo che si debba ripartire da qui: che si debba investire sul
futuro, educativo, ambientale, sociale; che si debbano mettere
risorse e tante non solo nella scuola, per gli edifici carenti, per
la formazione degli insegnanti, ma anche per dare strumenti efficaci
per il recupero capilllare di chi la scuola l’ha abbandonata strada
facendo. Risorse e sinergie con quella parte di società civile che
con i bambini lavora e costruisce esperienze formative importanti.
La lettura in questo non può non avere
un ruolo decisivo, non solo come strumento di comprensione di testi,
ma come esperienza formativa fondamentale, atta a costruire soggetti
critici consapevoli, nei limiti del possibile, di ciò che sta loro
intorno.
Mi piacerebbe che con i più giovani si
parlasse di più del loro futuro, di come lo pensano, di cosa temono;
mi piacerebbe vedere il futuro al centro dei nostri discorsi, per
aiutare queste generazioni di ragazze e ragazzi frastornati a farsi
protagonisti di una società vecchia non solo anagraficamente.
Eleonora
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