I LEGNETTI DELLA SALVEZZA
Inverno di guerra, Jan
Terlouw (trad. Valentina Freschi)
La Nuova Frontiera Junior, 2021
NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)
"Rimase lì con i pezzi di
carta in mano, senza fare niente, per almeno cinque minuti. Se
leggeva quella lettera era ufficialmente coinvolto nella resistenza.
Se non la leggeva... ma dai, oramai c'era dentro fino al collo. Nel
momento in cui aveva preso la lettera di Dirk, aveva già firmato la
sua condanna. Tirò fuori i quattro pezzi di lettera da quello che
rimaneva della busta, li lisciò e li mise insieme."
Nella vita ci sono
momenti dopo i quali nulla è più come prima. Rassomigliano un po' a
quello che succede con la pioggia: c'è sempre un punto in cui non
piove e pochi metri più in là invece sta già diluviando...
Nella vita di
Michiel, ragazzo di una quindicina d'anni che vive con la sua
famiglia in un villaggio nell'Olanda occupata dei tedeschi, da
quell'inverno del 44 nulla sarà più lo stesso.
Il momento in cui
tutto comincia è proprio quando il suo vicino di casa Dirk gli
confida che sta per partecipare a un'azione di sabotaggio e gli
affida una lettera da consegnare a qualcuno, nel caso in cui la sua
missione vada fallita.
La vita di Michiel,
figlio del sindaco del villaggio di De Vlank, scorre quasi tutta
sulla sella di un catorcio di bici senza camera d'aria e con una
ruota di legno: fa commissioni per gli altri, aiuta chi ha bisogno e,
dopo le otto di sera al coprifuoco, rientra a casa dove assiste a una
vera e propria transumanza di persone male in arnese che a piedi,
partite dalle città, stanno attraversando l'Olanda in cerca di cibo
e tra le mura accoglienti di casa Van Beusekom trovano un temporaneo
ricetto per la notte. Tutte le sere va così. La madre li rifocilla
come può, la sorella maggiore medica le loro vesciche ai piedi e lui
si occupa di tenerli al caldo, alimentando la stufa con qualche legnetto della salvezza e il padre cerca
di tenere la sua piccola comunità al sicuro.
Fino al giorno in
cui il suo vicino di casa, che conosce l'affidabilità del ragazzo,
decide di 'chiamarlo dentro' in un compito piuttosto rischioso.
Da questo momento
in poi, la vita di questo ragazzino non sarà più la stessa: si
sentirà addosso la responsabilità della vita e della morte di
altri, conoscerà il sospetto, la solidarietà, vivrà sulla sua
pelle la crudeltà della guerra, conoscerà il dolore della perdita
improvvisa di un genitore.
Questo suo inverno
di guerra segnerà per lui il passaggio brusco ma necessario verso
l'età del disincanto.
Forse in virtù dei
molti racconti fatti da nonni e genitori sull'ultima guerra, il mio
immaginario di bambina fuggiva spesso dentro scenari del genere.
Nascosta sotto il letto, mi inventavo rifugi partigiani o scampavo a
retate in cerca di nemici del regime. Tutto questo forse ha
contribuito a generare una mia evidente passione per la buona
narrativa che intorno alla seconda guerra mondiale ruota. E nel corso
degli anni, ai primi titoli se ne vanno aggiungendo altri. Questo
buon libro entra con onore nella bibliografia sull'argomento.
In Inverno di
guerra, ispirato ai ricordi di infanzia di Jan Terlouw,
ritornano una serie di topoi comuni ai migliori libri che
raccontano la seconda guerra mondiale per voce di ragazzi e di
ragazze; forse proprio perché la maggioranza di essi ha a che fare
con ciò che è accaduto veramente, ovvero sono i racconti delle
esperienze personali degli autori.
Il più
coinvolgente di questi temi letterari è proprio è quello che ruota
intorno al ruolo dei ragazzi nei confronti della figura del soldato,
o del fuggiasco, da nascondere, di cui prendersi cura perché ferito
e certamente in pericolo. Rigorosamente all'insaputa degli adulti.
Il secondo riguarda
il coinvolgimento di chi è considerato ancora troppo piccolo nelle
azioni di resistenza contro il nemico, organizzate dai loro
'fratelli' maggiori.
Il terzo concerne
il rapporto con il cibo e con la fame.
Inverno di
guerra è costruito intorno a questi tre perni narrativi, ma
prende anche direzioni inaspettate, che hanno il merito di
alleggerire e rendere la narrazione, cosa piuttosto insolita, al
limite della commedia o della farsa.
Il capitolo
dedicato alla baronessa che termina con un finale tragicomico in cui
la villa bianca è oggetto di ripetuti attacchi senza esito da parte
dell'esercito tedesco per poi finire sotto le granate sparate da un
panzer guidato da un esasperato comandante sull'orlo di una crisi di
nervi, è un piccolo capolavoro di comicità che si chiude con una
delle frasi più belle e significative di tutto il libro: "se
il comandante si fosse dato la pena di andare a vedere, avrebbe
potuto leggere nell'espressione decisa del suo volto [quello
della inamovibile baronessa, sotto le macerie della sua dimora,
avvolta in una stola arancione!] che la Germania avrebbe perso la
guerra".
Accanto a queste
felici digressioni, accanto alle magnifiche pagine che descrivono
l'esodo degli 'affamati' attraverso l'inverno olandese, accanto alla
inevitabile patina di 'avventura' che spesso la guerra assume agli
occhi dei ragazzini, però si fa, pagina dopo pagina, sempre più
evidente e pressante nella testa di Michiel il grande quesito: la
guerra può contare vincitori o da essa si esce inevitabilmente solo
da vinti? In sostanza, Michiel si chiede se aveva ragione suo padre
quando gli diceva che la guerra era fame, lacrime, sacrifici, paura,
dolore... Oppure?
Va reso merito a
Jan Terlouw di aver saputo raccontare molto bene lo spessore delle
cose, ovvero la complessità della realtà in cui spesso gli eventi
vanno in direzioni inaspettate e chi sembra un traditore si rivela in
realtà un giusto e chi si professa amico sta invece nascondendo la
propria meschinità. Ma, forse, il suo merito più grande sta nel
aver messo davanti ai lettori ancora una volta una grande verità :
per quanto l'uomo si affanni, è spesso il caso, l'imprevedibile,
l'occulto manovratore del destino dell'umanità.
Oggi più che mai.
Carla
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