lunedì 21 giugno 2021

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

 STORIE DI PAURA E DI MISTERO


‘La stanza 13’, a suo modo, è considerato un classico dell’horror per ragazzi; richiama le storie di fantasmi, genere molto presente nella letteratura inglese, con quella caratteristica miscela di realismo e sovrannaturale. Robert Swindells lo ha scritto nel 1989, mentre la traduzione italiana, dovuta a Mondadori, segue di due anni.
 

Protagonista di questo romanzo breve è Fliss, dodicenne della scuola media della cittadina di Elsworth, nello Yorkshire, ma l’azione si svolge a Whitby, dove tutta la sua classe è in gita scolastica, per visitare, in particolare, l’antica abbazia. 
 

La partenza di Fliss, il cui nome completo è Felicity, è funestata da un incubo inquietante; anche l’arrivo a destinazione è disseminato di strani indizi che sembrano anticipare qualcosa di pauroso. La ragazzina e alcune amiche alloggia all’ultimo piano di un hotel e già la prima notte sente strani rumori e, quando lei esce dalla propria stanza, nota che sulla porta dell’ultima camera, uno sgabuzzino, è comparso il numero 13. Il giorno dopo non può che confidare i suoi timori all’amica Lisa e a Gary Bazzard e David Trotter, detto Trott. Grazie ai loro appostamenti notturni, scoprono che una loro compagna, Ellie-May, si introduce nella stanza 13; la ragazzina di giorno è sempre stanca e sembra ammalata.
Nel frattempo i ragazzi raccolgono vari oggetti, del tutto inconsapevoli dell’uso che me faranno.
Come in tutti i buoni romanzi di paura, anche qui alcuni personaggi, in particolare una vecchia pazza che sembra essere l’unica a conoscere la verità sull’albergo, compiono la loro metamorfosi, l’arco narrativo che li porta a essere, da presenze inquietanti, imprevisti alleati contro il Male.
Perché è proprio questa la lotta che si svolge nottetempo nella stanza 13, in cui un vampiro viene alla fine annientato da un paletto dalla forma di un bastoncino di zucchero e una croce ricavata da un aquilone. Anche la protagonista e i suoi amici si trasformano in coraggiosi paladini del Bene, animati da una forza che non appartiene solo a loro.
Questa impostazione ‘metafisica’, il Bene e il Male che periodicamente si affrontano attraverso le loro incarnazioni, è ancora più evidente in ‘Nel ventre del drago’, scritto nel 1993 e ora tradotto, sempre da Mondadori, nella collana Contemporanea.
 

I protagonisti sono gli stessi del romanzo precedente, di un anno più grandi. Devono organizzare una recita che racconti una delle leggende più importanti del luogo, quella della santa Ceridwen che, poco prima dell’anno Mille, sconfisse il drago che terrorizzava la cittadina. In realtà, da quel poco che sono riuscita a ricostruire, Ceridwen è una divinità celtica, cui sono legati numerosi racconti; non sono riuscita a trovare riferimenti a una versione cristiana di questo personaggio, ma potrebbe essere un contributo creativo dell’autore.
Questa volta lo schema narrativo vede Fliss, che nella recita deve impersonare la santa, contrapposta ai suoi amici, Lisa, Ellie-May, Gary e Trot, che impersonano il drago, cioè danno vita all’elaborato costume che lo rappresenta. Solo che, come si vuole in tutte le storie di paura, i giorni che precedono la rappresentazione sono punteggiati di misteriose apparizioni, eventi inquietanti, aggressioni, che sembrano avere a che fare proprio con i quattro amici di Fliss, travestiti da drago.
Qui è ancora più evidente quanto Fliss, nel momento in cui affronta il drago, che si incarna nel drago di cartapesta, non è solo lei, ma è portatrice di una forza sovrannaturale. E, d’altra parte, il sovrannaturale in queste storie è il cardine della narrazione, con una evidente polarizzazione di natura morale. Il Bene e il Male prendono ogni volta forme diverse, costringendo i ragazzini a dare vita a uno scontro che non può avere fine.
Questo secondo romanzo, animato dal gruppo di ragazzini della scuola di Elsworth, è molto più legato del precedente al patrimonio culturale inglese, anche se la ‘cristianizzazione’ della leggenda lo rende ben comprensibile a tutti i giovani lettori e lettrici che amino le storie di paura. In entrambi i romanzi, il mondo adulto assiste inconsapevole, con le poche eccezioni di figure marginali, la pazza di ‘La stanza 13’, o il barbone de ‘Nel ventre del drago’, alle prove straordinarie sostenute da questo manipolo di ragazze e ragazzi, che riescono a decifrare i segni del Male che i grandi non riescono a scorgere.
Al di là di queste considerazioni, questi due romanzi incarnano alla perfezione il genere horror, con tutte le sue implicazioni: inquietudine, segnali ricorrenti di presenze malefiche, paura crescente, solitudine dell’eroe: è Fliss che affonda il paletto, di zucchero, nel petto del vampiro, è Fliss che sconfigge il drago. Nell’essere rivolti a ragazze e ragazzi delle scuole medie, non hanno nulla di eccessivamente esplicito, o morboso. Sono storie ben strutturate, con un uso sapiente della suspense in un crescendo di tensione che facilita la lettura veloce.
Ottime letture estive, che familiarizzano con un genere letterario che spesso appassiona anche i lettori e le lettrici più giovani.
 
Eleonora


Noterelle al margine. Il titolo originale del secondo romanzo è ‘Inside the worm’, laddove il drago, perché di un drago stiamo parlando, è chiamato ‘verme’. Nel libro si accenna al fatto che gli antichi Anglosassoni chiamassero così draghi e altri mostri rettiliformi. Trovo la cosa singolare, ma non sono riuscita a trovare una spiegazione di questo curioso accostamento.
‘La stanza 13’ ha ottenuto il premio Red House Children’s Book Award, mentre il romanzo di Swindells che ha vinto la Carnegie Medal nel 1993, ‘Stone cold’, non è stato ancora tradotto.

 

“La stanza 13”, R. Swindells, Mondadori 1991, in Oscar junior dal 2015
“Nel ventre del drago”, R. Swindells, Mondadori 2021



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