STORIE DI PAURA E DI MISTERO
‘La stanza 13’, a suo modo, è
considerato un classico dell’horror per ragazzi; richiama le
storie di fantasmi, genere molto presente nella letteratura inglese,
con quella caratteristica miscela di realismo e sovrannaturale.
Robert Swindells lo ha scritto nel 1989, mentre la traduzione
italiana, dovuta a Mondadori, segue di due anni.
Protagonista di questo romanzo breve è
Fliss, dodicenne della scuola media della cittadina di Elsworth,
nello Yorkshire, ma l’azione si svolge a Whitby, dove tutta la sua
classe è in gita scolastica, per visitare, in particolare, l’antica
abbazia.
La partenza di Fliss, il cui nome completo è Felicity, è
funestata da un incubo inquietante; anche l’arrivo a destinazione è
disseminato di strani indizi che sembrano anticipare qualcosa di
pauroso. La ragazzina e alcune amiche alloggia all’ultimo piano di
un hotel e già la prima notte sente strani rumori e, quando lei
esce dalla propria stanza, nota che sulla porta dell’ultima camera,
uno sgabuzzino, è comparso il numero 13. Il giorno dopo non può che
confidare i suoi timori all’amica Lisa e a Gary Bazzard e David
Trotter, detto Trott. Grazie ai loro appostamenti notturni, scoprono
che una loro compagna, Ellie-May, si introduce nella stanza 13; la
ragazzina di giorno è sempre stanca e sembra ammalata.
Nel frattempo i ragazzi raccolgono vari
oggetti, del tutto inconsapevoli dell’uso che me faranno.
Come in tutti i buoni romanzi di paura,
anche qui alcuni personaggi, in particolare una vecchia pazza che
sembra essere l’unica a conoscere la verità sull’albergo,
compiono la loro metamorfosi, l’arco narrativo che li porta a
essere, da presenze inquietanti, imprevisti alleati contro il Male.
Perché è proprio questa la lotta che
si svolge nottetempo nella stanza 13, in cui un vampiro viene alla
fine annientato da un paletto dalla forma di un bastoncino di
zucchero e una croce ricavata da un aquilone. Anche la protagonista e
i suoi amici si trasformano in coraggiosi paladini del Bene, animati
da una forza che non appartiene solo a loro.
Questa impostazione ‘metafisica’,
il Bene e il Male che periodicamente si affrontano attraverso le loro
incarnazioni, è ancora più evidente in ‘Nel ventre del drago’,
scritto nel 1993 e ora tradotto, sempre da Mondadori, nella collana
Contemporanea.
I protagonisti sono gli stessi del
romanzo precedente, di un anno più grandi. Devono organizzare una
recita che racconti una delle leggende più importanti del luogo,
quella della santa Ceridwen che, poco prima dell’anno Mille,
sconfisse il drago che terrorizzava la cittadina. In realtà, da quel
poco che sono riuscita a ricostruire, Ceridwen è una divinità
celtica, cui sono legati numerosi racconti; non sono riuscita a
trovare riferimenti a una versione cristiana di questo personaggio,
ma potrebbe essere un contributo creativo dell’autore.
Questa volta lo schema narrativo vede
Fliss, che nella recita deve impersonare la santa, contrapposta ai
suoi amici, Lisa, Ellie-May, Gary e Trot, che impersonano il drago,
cioè danno vita all’elaborato costume che lo rappresenta. Solo
che, come si vuole in tutte le storie di paura, i giorni che
precedono la rappresentazione sono punteggiati di misteriose
apparizioni, eventi inquietanti, aggressioni, che sembrano avere a
che fare proprio con i quattro amici di Fliss, travestiti da drago.
Qui è ancora più evidente quanto
Fliss, nel momento in cui affronta il drago, che si incarna nel drago
di cartapesta, non è solo lei, ma è portatrice di una forza
sovrannaturale. E, d’altra parte, il sovrannaturale in queste
storie è il cardine della narrazione, con una evidente
polarizzazione di natura morale. Il Bene e il Male prendono ogni
volta forme diverse, costringendo i ragazzini a dare vita a uno
scontro che non può avere fine.
Questo secondo romanzo, animato dal
gruppo di ragazzini della scuola di Elsworth, è molto più legato
del precedente al patrimonio culturale inglese, anche se la
‘cristianizzazione’ della leggenda lo rende ben comprensibile a
tutti i giovani lettori e lettrici che amino le storie di paura. In
entrambi i romanzi, il mondo adulto assiste inconsapevole, con le
poche eccezioni di figure marginali, la pazza di ‘La stanza 13’,
o il barbone de ‘Nel ventre del drago’, alle prove straordinarie
sostenute da questo manipolo di ragazze e ragazzi, che riescono a
decifrare i segni del Male che i grandi non riescono a scorgere.
Al di là di queste considerazioni,
questi due romanzi incarnano alla perfezione il genere horror, con
tutte le sue implicazioni: inquietudine, segnali ricorrenti di
presenze malefiche, paura crescente, solitudine dell’eroe: è Fliss
che affonda il paletto, di zucchero, nel petto del vampiro, è Fliss
che sconfigge il drago. Nell’essere rivolti a ragazze e ragazzi
delle scuole medie, non hanno nulla di eccessivamente esplicito, o
morboso. Sono storie ben strutturate, con un uso sapiente della
suspense in un crescendo di tensione che facilita la lettura veloce.
Ottime letture estive, che
familiarizzano con un genere letterario che spesso appassiona anche i
lettori e le lettrici più giovani.
Eleonora
Noterelle al margine. Il titolo originale del secondo
romanzo è ‘Inside the worm’, laddove il drago, perché di un
drago stiamo parlando, è chiamato ‘verme’. Nel libro si accenna
al fatto che gli antichi Anglosassoni chiamassero così draghi e
altri mostri rettiliformi. Trovo la cosa singolare, ma non sono
riuscita a trovare una spiegazione di questo curioso accostamento.
‘La stanza 13’ ha ottenuto
il premio Red House Children’s Book Award, mentre il romanzo di
Swindells che ha vinto la Carnegie Medal nel 1993, ‘Stone cold’,
non è stato ancora tradotto.
“La stanza 13”, R. Swindells,
Mondadori 1991, in Oscar junior dal 2015
“Nel ventre del drago”, R.
Swindells, Mondadori 2021
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