lunedì 11 ottobre 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

QUESTO FA VENIRE IN MENTE

Infanzia di un fotografo, Massimiliano Tappari
Topipittori 2021



NARRATIVA


1. "A volte chi attraversa un luogo tutti i giorni rischia di non vederlo più, anche se in cuor suo ritiene di conoscerlo meglio di chiunque altro. È per questo motivo che abbiamo bisogno di stranieri, bambini e poeti. Servono occhi nuovi che ci facciano vedere cosa abbiamo sotto gli occhi."
 
2. Questo fa venire in mente Shaun Tan che una volta disse: "sono due le categorie di lettori mi hanno regalato i riscontri più affascinanti e inattesi sui miei libri: i bambini e le persone di altre culture."
Non si interpreta male il pensiero di entrambi, se si afferma che queste categorie (a cui vanno aggiunti i poeti, allineandosi con Tàppari), orientano e volgono il loro sguardo verso l'orizzonte, mossi dal bisogno di capire il mondo, di creare nessi, con gli strumenti di cui dispongono: gli occhi e l'immaginazione. Bambini, poeti e stranieri "sono a loro agio nel disagio dell'interpretazione".
 
3. "Leonardo da Vinci invitava i suoi allievi a considerare muri, macchie nuvole, come palestre d'immaginazione, sostenendo che nelle cose confuse l'ingegno si desta."
 
4. Questo fa venire in mente un pensiero di Milton Glaser sulla necessità di accendere l'attenzione attraverso un mezzo che stimoli lo sguardo, ovvero lo colpisca. "L'ambiguità è uno strumento così utile", affermava...
 
5. "Sono stati i libri e i film, che ho letto e visto quando non ero ancora pronto, a darmi le emozioni più forti che mi porto dentro."
 
6. Questo fa venire in mente l'obbligo che considero morale di interessarmi a libri che spostino il lettore, almeno di un pochino. Ovvero libri che non risolvano la questione, anzi eventualmente ne pongano di nuove. Libri che richiedano un qualche sforzo per essere capiti e magari neanche fino in fondo. Ed è per questo che un adulto mediatore deve avere sempre davanti a sé la responsabilità di proporre traguardi di lettura raggiungibili solo con autentico desiderio e parecchio impegno.
 
7. "Potremmo vivere tranquillamente anche senza i libri, ma senza storie saremmo persi. Perderemmo la nostra umanità."
 
8. Questo fa venire in mente quanto disse una volta Armin Greder a proposito di scrivere, con la felice sintesi che solo uno che non sta usando la sua lingua madre può dire con tanta efficacia: "in un libro, la storia è sovrana". Mi vengono in mente anche le pagine di Gottschall a proposito dell' attitudine naturale che il nostro cervello ha nel generare storie, anche brevissime e migliaia di volte al giorno. E la ragione per cui lo fa, dicono gli scienziati, è per mantenersi in allenamento di fronte alla vita che arriva senza preavviso.
 
9. "La distinzione tra storie vere e storie inventate non ha fondamento. Esistono solo storie che ci piace credere vere. Del resto, 'storia vera' è un ossimoro, una contraddizione in termini."
 
10. Questo fa venire in mente quella bella conferenza di qualche anno fa che tenne Mac Barnett alla TED in cui sosteneva con grandi argomenti che i bambini, ma anche gli adulti, applicano con grande facilità quella che Coleridge definisce come 'willing suspension of disbelief'. Si tratta di un (p)atto di fede da parte del lettore nei confronti della storia. In altre parole chi legge sa che ciò che legge è frutto della creazione di qualcun altro, ciò nonostante ci crede o per meglio dire, ci vuole credere. Così come accade a chi parte per vedere la 'finta' casa del 'finto' Sherlock Holmes in Baker Street o come è accaduto alla bambina Riley che non mangiava mai la frutta durante il campo estivo...
 
11. "In età adulta lo stupore viene estirpato come fosse una pianta infestante."
 
12. Questo fa venire in mente che fortunatamente da adulti si potrebbe continuare ad avere un potere nello sguardo, conferito magari anche dalla pareidolia: la capacità di vedere 'oltre' e individuare forme familiari in immagini disordinate o 'altre'. Cioè a dire da adulti, se si è fortunati a non vederselo estirpato come una pianta infestante, questo talento potrebbe sopravvivere. A Massimiliano Tappari non è stato estirpato, infatti soprattutto sulla pareidolia costruisce il suo lessico comunicativo: fotografa oggetti, luoghi, elementi della natura vedendo nelle loro forme, qualcos'altro. Una chiave di violino in un elastico, due occhi in un riccio di castagna, un igloo nella narice di un naso.
 
13. "Si può essere fotografi anche senza avere in apparecchio fotografico."
 
14. Questo fa venire in mente quanto detto durante l'incontro al Festival Tuttestorie. Quando con Emanuele Scotto Massimiliano Tappari ha parlato di stereofonia delle immagini e delle parole. Per le immagini si può fare riferimento a Stefan Lorant che ha pubblicato su Lilliput, affiancandole, molte fotografie (di altri) che trovano il loro senso nei nessi che lui ha colto tra i due soggetti. Per le parole, questo sport di doppio senso, doppio suono, di ambiguità latente, di nesso inaspettato Massimiliano Tappari lo pratica con gusto e risultati. A Cagliari, tanto per fare un esempio, i titoli dei suoi incontri erano: Leggere nuvole e Tutto il mondo è palese.
 
15. "Un mattino presto passai accanto a un parco dove un giardiniere tagliava le rose con una cesoia. Il rumore della cesoia era in tutto e per tutto identico a quello che produceva una macchina reflex quando scattava una foto. Fu allora che mi venne da pensare che fotografare era come cogliere le rose senza tagliarle."
 
16. Questo fa venire in mente che queste poche righe - una similitudine che, con capriola, diventa metafora - possano meglio di altre definire il lavoro di Massimiliano Tappari. Che sia una storia vera o no, poco importa. L'importante è crederci.
 
Carla


Noterella al margine. Che il libro sia stato concepito per i grandi, così la pensa Tappari, mi pare una punizione che i piccoli non si meritano. Lo metterei preferibilmente nell'elenco dei libri (da) grandi, e quindi per tutti perché contiene un certo qual numero di perle (di cui qui in corsivo una scelta di quindici esempi) che sarebbe un peccato (dis)perdere.

 

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