QUESTO FA VENIRE IN MENTE
Infanzia di un fotografo,
Massimiliano Tappari
Topipittori 2021
NARRATIVA
1.
"A volte chi attraversa un luogo tutti i giorni rischia di non
vederlo più, anche se in cuor suo ritiene di conoscerlo meglio di
chiunque altro. È per questo motivo che abbiamo bisogno di
stranieri, bambini e poeti. Servono occhi nuovi che ci facciano
vedere cosa abbiamo sotto gli occhi."
2. Questo fa venire in mente Shaun
Tan che una volta disse: "sono due le categorie di lettori mi hanno
regalato i riscontri più affascinanti e inattesi sui miei libri: i
bambini e le persone di altre culture."
Non si interpreta male il pensiero
di entrambi, se si afferma che queste categorie (a cui vanno aggiunti i poeti, allineandosi con Tàppari), orientano e volgono
il loro sguardo verso l'orizzonte, mossi dal bisogno di capire il
mondo, di creare nessi, con gli strumenti di cui dispongono: gli
occhi e l'immaginazione. Bambini, poeti e stranieri "sono a loro
agio nel disagio dell'interpretazione".
3.
"Leonardo da Vinci invitava i suoi allievi a considerare muri,
macchie nuvole, come palestre d'immaginazione, sostenendo che nelle
cose confuse l'ingegno si desta."
4. Questo fa
venire in mente un pensiero di Milton Glaser sulla necessità di
accendere l'attenzione attraverso un mezzo che stimoli lo sguardo,
ovvero lo colpisca. "L'ambiguità è uno strumento così utile",
affermava...
5. "Sono
stati i libri e i film, che ho letto e visto quando non ero ancora
pronto, a darmi le emozioni più forti che mi porto dentro."
6. Questo fa
venire in mente l'obbligo che considero morale di interessarmi a
libri che spostino il lettore, almeno di un pochino. Ovvero libri che
non risolvano la questione, anzi eventualmente ne pongano di nuove.
Libri che richiedano un qualche sforzo per essere capiti e magari
neanche fino in fondo. Ed è per questo che un adulto mediatore deve
avere sempre davanti a sé la responsabilità di proporre traguardi
di lettura raggiungibili solo con autentico desiderio e parecchio
impegno.
7. "Potremmo
vivere tranquillamente anche senza i libri, ma senza storie saremmo
persi. Perderemmo la nostra umanità."
8. Questo fa venire
in mente quanto disse una volta Armin Greder a proposito di scrivere,
con la felice sintesi che solo uno che non sta usando la sua lingua
madre può dire con tanta efficacia: "in un libro, la storia è
sovrana". Mi vengono in mente anche le pagine di Gottschall a
proposito dell' attitudine naturale che il nostro cervello ha nel
generare storie, anche brevissime e migliaia di volte al giorno. E la
ragione per cui lo fa, dicono gli scienziati, è per mantenersi in
allenamento di fronte alla vita che arriva senza preavviso.
9. "La
distinzione tra storie vere e storie inventate non ha fondamento.
Esistono solo storie che ci piace credere vere. Del resto, 'storia
vera' è un ossimoro, una contraddizione in termini."
10.
Questo fa venire in mente quella bella conferenza di qualche anno
fa che tenne Mac Barnett alla TED in cui sosteneva con grandi
argomenti che i bambini, ma anche gli adulti, applicano con grande
facilità quella che Coleridge definisce come 'willing
suspension of disbelief'. Si tratta di un (p)atto di fede da parte
del lettore nei confronti della storia. In altre parole chi legge sa
che ciò che legge è frutto della creazione di qualcun altro, ciò
nonostante ci crede o per meglio dire, ci vuole credere. Così come
accade a chi parte per vedere la 'finta' casa del 'finto' Sherlock
Holmes in Baker Street o come è accaduto alla bambina Riley che non
mangiava mai la frutta durante il campo estivo...
11. "In età adulta lo stupore
viene estirpato come fosse una pianta infestante."
12.
Questo fa venire in mente che fortunatamente da adulti si potrebbe
continuare ad avere un potere nello sguardo, conferito magari anche
dalla pareidolia: la capacità di vedere 'oltre' e individuare
forme familiari in immagini disordinate
o 'altre'. Cioè a dire da adulti, se si è fortunati a non vederselo
estirpato come una pianta infestante, questo talento potrebbe
sopravvivere. A Massimiliano Tappari non è stato estirpato, infatti
soprattutto sulla pareidolia costruisce il suo lessico comunicativo:
fotografa oggetti, luoghi, elementi della natura vedendo nelle loro
forme, qualcos'altro. Una chiave di violino in un elastico, due occhi
in un riccio di castagna, un igloo nella narice di un naso.
13.
"Si può essere fotografi anche senza avere in
apparecchio fotografico."
14. Questo fa
venire in mente quanto detto durante l'incontro al Festival
Tuttestorie. Quando con Emanuele Scotto Massimiliano Tappari ha
parlato di stereofonia delle immagini e delle parole. Per le immagini
si può fare riferimento a Stefan Lorant che ha pubblicato su
Lilliput, affiancandole, molte fotografie (di altri) che trovano il
loro senso nei nessi che lui ha colto tra i due soggetti. Per le
parole, questo sport di doppio senso, doppio suono, di ambiguità
latente, di nesso inaspettato Massimiliano Tappari lo pratica con
gusto e risultati. A Cagliari, tanto per fare un esempio, i titoli
dei suoi incontri erano: Leggere nuvole e Tutto il mondo è palese.
15. "Un
mattino presto passai accanto a un parco dove un giardiniere tagliava
le rose con una cesoia. Il rumore della cesoia era in tutto e per
tutto identico a quello che produceva una macchina reflex quando
scattava una foto. Fu allora che mi venne da pensare che fotografare
era come cogliere le rose senza tagliarle."
16. Questo fa
venire in mente che queste poche righe - una similitudine che, con
capriola, diventa metafora - possano meglio di altre definire il
lavoro di Massimiliano Tappari. Che sia una storia vera o no, poco
importa. L'importante è crederci.
Carla
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