TEREZÍN
Le testimonianze dirette, e i libri che ne sono tratti, hanno un valore inestimabile: intanto perché sono narrazioni prive di retorica, non ne hanno bisogno; poi per la molteplicità di sguardi che illuminano un periodo della Storia a noi vicina che continua a sorprenderci.
‘Il sole splende ancora. Un ragazzo a Terezín’ è appunto la testimonianza di un sopravvissuto, Michael Gruenbaum, raccolta da Todd Hasak-Lowy, tradotta da Matteo Corradini per i tipi di Lapis.
Nella postfazione dell’autore, che ha raccolto la testimonianza di Misha, viene spiegata chiaramente la metodologia seguita: non tanto storicizzare le vicende vissute dal protagonista nel tristemente noto campo di Terezín, quanto riportare con la massima fedeltà possibile il punto di vista di un bambino di dodici anni, calato in una situazione incomprensibile, in cui fino alla fine la realtà dell’Olocausto non è nemmeno immaginata.
La famiglia Gruenbaum vive a Praga; il racconto di Misha inizia con l’occupazione nazista nel 1939, registrando via via le restrizioni, gli oltraggi, i divieti che fanno di ogni ebreo un perseguitato. Il padre è un avvocato e nel 1941 viene arrestato e restituito alla famiglia, qualche giorno dopo, dentro una bara, con una motivazione implausibile. La vita degli ebrei, ormai marchiati con una stella gialla cucita sui vestiti, peggiora rapidamente. Nel novembre del ‘42 tutta la famiglia è deportata nel campo di Terezín, la famiglia è separata: la mamma e la sorella Marietta da una parte, Misha in uno stanzone con moltissimi altri ragazzini, guidati da un giovane liceale, Franta.
La vita, durissima, è scandita dal lavoro per il campo, qualche attività sportiva, delle rappresentazioni teatrali clandestine. Franta è un capo che ha ben presente quale sia il suo compito: dare ai ragazzi un forte spirito di corpo, la loro camerata si chiama Nesharim, le Aquile, renderli solidali fra loro, unica possibile resistenza di fronte all’incrudelirsi del trattamento loro riservato. In realtà quel campo è solo un passaggio verso i più letali campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau.
Cominciano presto le partenze, che all’inizio non sono percepite per quello che sono realmente; la famiglia di Misha si salva grazie all’intuito della mamma, che usa tutte le sue conoscenze presso gli ebrei che dirigono il campo, per evitare di salire su quei treni. Alla fine, quando verso la fine del ‘44 la soluzione finale accelera il suo meccanismo di morte, la famiglia Gruenbaum riesce a salvarsi grazie agli orsacchiotti di pezza che la mamma cuce con grande perizia e che servono agli ufficiali nazisti per mandare doni alle proprie famiglie. Grottesco e feroce nello stesso tempo.
C’è poi l’arrivo di un treno da Auschwitz, carico di fantasmi, di disperati esseri umani che hanno ben poco di umano, che precede di poco l’arrivo dei carri armati russi. E poi c’è il ritorno alla vita.
Con il ricordo dei tanti, tantissimi, che non sono tornati.
Un racconto così resta impresso non solo per le descrizioni dolorose delle privazioni, le violenze subite da tanti innocenti, soprattutto per lo sguardo limpido di un bambino, del tutto ignaro dell’immensità del Male che lo ha ghermito e che solo per caso lo lascia andare.
Matteo Corradini, che ha curato la traduzione, si è occupato da tempo del campo di Terezín, e dai suoi studi è tratto il romanzo ‘La Repubblica delle Farfalle’.
Un libro così, intenso e commovente proprio per l’ingenuità del protagonista, dovrebbe essere letto come un tassello importante di quella indispensabile ricostruzione di una memoria collettiva consegnata ai più giovani.
Consigliato caldamente a ragazze e ragazzi a partire dai dodici anni.
Eleonora
“Il sole splende ancora. Un ragazzo a Terezín”, M: Gruenbaum e T. Hasak-Lowy, Lapis edizioni 2022
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