IL GHETTO DI VARSAVIA
Il 16 ottobre del 1940 nella città di Varsavia l’esercito tedesco fece erigere un muro che circoscriveva il ghetto ebraico. Tutti gli ebrei che vivevano in città e quelli dei paesi limitrofi furono trasferiti lì, a patire la fame e le epidemie di tifo. Il romanzo ‘I ragazzi di Varsavia’ di Winfried Bruckner, pubblicato in queste settimane da Giunti, racconta la loro vita.
Si tratta di un romanzo corale, in cui si muovono diversi personaggi: il medico Lersek, le infermiere Rebecca e Irena, Pavel, ex pittore che ora spinge il carro che trasporta i morti, e Dov il poeta. Su tutti un gruppo di ragazzini intrepidi, guidati da Lolek, che di notte oltrepassano il muro per andare a cercare del cibo al mercato nero.
Le famiglie ebree vivono ammassate negli appartamenti, mentre nell’ospedale si moltiplicano i casi di tifo. C’è anche chi vive per strada e tutti hanno bisogno di cibo.
I tedeschi con la costruzione del muro avevano lasciato pochi varchi aperti da cui potevano passare solo gli ebrei con la tessera di lavoratori, utilizzati in diverse mansioni nelle fabbriche della zona. La gestione interna al ghetto era affidata ad un consiglio di ebrei. Le razioni alimentari destinate agli ebrei era un decimo di quella riservata ai soldati tedeschi. Per questo motivo, ben prima dei rastrellamenti e le deportazioni verso i campi di sterminio, la popolazione del ghetto fu decimata dalla fame e dal tifo. Nell’estate del ‘42 cominciarono i rastrellamenti e la popolazione del ghetto diminuì costantemente. Nel 1943 gli ebrei del ghetto si ribellarono, ma il nostro romanzo si ferma prima, accennando solo di sfuggita all’idea che alcuni stavano cercando di trasformare in realtà.
L’autore, giornalista e scrittore austriaco, più volte premiato in patria, ha scritto questo romanzo nel 1967 e, nella premessa, chiarisce quale fosse il suo intento: raccontare, nel limite dell’invenzione narrativa, gli stati d’animo di persone comuni, normali, di fronte al progredire del Male: prima l’incredulità, le false speranze, l’ingenuità. Un esempio di questa ingenuità è la partecipazione volontaria di molti alle prime spedizioni verso i campi di stermino, presentate come gite. Poi, progressivamente, la disperazione, la rassegnazione, ma anche la rabbia, l’odio verso i tedeschi, tutti. E quel germe di reazione che nel ‘43 darà vita alla rivolta del ghetto di Varsavia.
Alcune domande circolano fra le righe in questo testo: perché gli ebrei si ribellarono così tardi, ma anche perché la Germania nazista concepì questo specifico calvario, questa realtà sospesa che non era ancora una condanna a morte, ma non era più vita; come distinguere fra nazisti e tedeschi, quando l’occupazione militare e i progetti di sterminio si sovrappongono e sono portati avanti con disciplina dai soldati così come dalle SS.
Alcuni personaggi sono indimenticabili: la piccola Patye, che sgusciava sotto il filo spinato per andare a comprare alla borsa nera; Wanda, la bambina che tutti pensano sia una santa, che in realtà cova un odio implacabile verso i tedeschi, Michele il bambino convinto di essere protetto dalle statue di santi, al di là del muro. Tutti destinati alla stessa fine.
Anche questo romanzo, come altri presentati nei giorni scorsi, richiede un lettore e una lettrice maturi: la durezza della situazione descritta, ma anche la complessità dell’argomento, richiedono una lettura motivata e preparata ad affrontare uno degli episodi più tragici della Shoah. Si tratta in ogni caso di una lettura importante, documentata, avvincente su un aspetto forse meno conosciuto, dai nostri ragazzi, dell’Olocausto.
Eleonora
“I ragazzi di Varsavia”, W. Bruckner, Giunti 2022
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