IL GRADO ZERO
#Logosedizioni 2021
ILLUSTRATI
"Il bambino non ricordava più la strada per tornare a casa. Il soldato lo trovò e gli offrì il suo aiuto.
I sentieri erano stati cancellati dalle tante battaglie.
Ma il soldato conosceva bene la zona.
Sapeva che la giungla portava rancore alla guerra. E che, malgrado fosse finita...
... la guerra non era stata vinta."
Tutto sembrava distrutto, persino gli dei si aggiravano senza più punti di riferimento, non riconoscevano più quella che era stata la loro terra. Il soldato, però, conosce i pericoli che la palude nasconde - 'i bambini smarriti', che in gruppo la attraversano con il loro vessillo di morte, una testa di maiale.
Meglio immergersi fino agli occhi per non essere visti.
Il loro cammino quindi prosegue attraverso luoghi che il soldato non vorrebbe rivedere, perché il loro ricordo è un dolore ancora troppo vivo: lo scheletro di una torretta di avvistamento, una fossa creata dai colpi del nemico, resti di una divisa...
Meglio darsela a gambe in una terra dove non c'è più legge e dove i pochi superstiti, come spaventapasseri, vegliano aggressivi sul grano che cresce.
Il soldato e il bambino attraversano rovine, trincee che sembrano vuote e accampamenti che sembrano abbandonati, ma il pericolo incombe.
A guidarli, è il profumo del pane, come a dire che casa non è poi lontana. Al soldato affamato e fermo al limitare del bosco, il bambino promette di tornare con un pezzo di pane per lui. E lui, felice, portata a termine la sua missione, svanisce.
Una guerra, tutte le guerre.
Qui, stando alla postfazione di Arispe, lo spunto di partenza è la battaglia di Curupayty, che avvenne nel luglio del 1866 e che fu uno degli episodi più eclatanti della guerra scatenata alla fine dell'Ottocento, 1864-1870, tra la cosiddetta Triplice Alleanza, ossia Argentina, Brasile e Uruguay, e il piccolo Paraguay.
La cosiddetta guerra paraguayana, guerra Guasú in lingua guaranì, fu il più sanguinoso conflitto della storia del Latino America. Dopo l'invasione del Paraguay, che nei piani degli aggressori doveva durare pochi mesi, le cose andarono diversamente.
I paraguayani, e in particolare in questa storica battaglia, impari per schieramenti (20000 soldati alleati contro i 4000 schierati dal Paraguay), diedero filo da torcere alla Triplice Alleanza.
Seppero sfruttare meglio degli avversari le caratteristiche del territorio, seppero coglierli di sorpresa e dalle trincee difesero il forte di Curupayty, costringendo alla ritirata il grande esercito, in quell'occasione decimato. Cinquemila (ma forse anche di più) furono i morti da una parte, mentre le perdite paraguayane non superarono i cinquanta che costituivano l'avamposto.
Tutto questo, però, non servì a molto, se non a procrastinare di un po' il momento della sconfitta definitiva.
E' ben detto nelle parole di Arispe "la guerra non era stata vinta". L'ingiusta invasione del Paraguay, dettata dalla volontà di reprimere le sue istanze di indipendenza, portò all'annientamento di quel piccolo stato che vide le sue terre occupate e poi divise tra le tre potenze che le avevano occupate. La popolazione paraguayana fu letteralmente decimata, in particolare quella maschile chiamata a combattere, e gli invasori si dimostrarono crudeli con i civili. Potrebbe essere diversamente?
Quando non ci furono più uomini, andarono al fronte i vecchi e quando anche questi finirono, furono i bambini a partire. Nelle trincee dove si combatté l'ultima battaglia prima della capitolazione, quella di Acosta Ñu, furono trovati solo corpi di bambini che, travestiti, avevano imbracciato le armi e avevano difeso la loro terra fino alla fine.
Questa è la storia e soprattutto questa è la guerra (chi vuole, imbastisca gli agghiaccianti confronti).
Come raccontarla in un libro per bambini? Arispe ha scelto: usa gli "strumenti dell'arte" e, come si sa, non è proprio l'unico che lo ha fatto.
Mette poche parole di testo che corrono sotto un disegno potente e poi si ritaglia un tempo più lungo, alla fine di tutto, per spiegare.
Ha preso il suo pennino e ha cominciato. Disegna un piccolo, che non è un bambino ma un cucciolo; disegna un soldato, che è un adulto, ma è anche un fantasma; disegna una giungla piena di insidie nascoste; disegna la desolazione di un corso d'acqua infestato; disegna figure grottesche - creature e animali - che abitano e scorrazzano, più o meno nascoste, lungo il loro pericoloso cammino; disegna paludi, e terreni devastati, trincee e campi di grano dove anche gli spaventapasseri sono una minaccia. Ma soprattutto disegna una linea di confine: tra il bianco della pagina di sinistra e il nero della pagina di destra.
Ancora una volta il limite invalicabile che separa le due parti è la chiave che apre alla guerra. E nel libro Il bambino smarrito la porta, il varco di accesso, ha l'aspetto che si merita. Vedere per credere.
Da una parte si va verso casa, verso un tempo futuro, verso qualcosa che è ancora al di là da venire. E c'è il bambino, il grado zero del domani.
E dall'altra, c'è tutto quello che abbiamo attraversato nei suoi disegni, c'è tutta la distruzione, il mondo sottosopra, il grottesco e il macabro che la guerra porta con sé. E, da solo in piedi, dopo aver visto tutto questo, c'è lui, il soldato, il grado zero della guerra.
O meglio c'è il suo spirito, in cerca di pace. Per oggi e per sempre.
Carla
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