mercoledì 20 luglio 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

L’ALBERO DI ARANCE DOLCI


Ci sono romanzi che sono per la loro stessa natura inclassificabili, al di là dei criteri della critica letteraria o dei generi precostituiti, che fanno collocare in una libreria o in un biblioteca un libro lì invece che là.
‘Il mio albero di arance dolci’ di José Mauro de Vasconcelos, scrittore brasiliano, è uno di questi: straordinario racconto di un’infanzia, la sua, che tocca la mente e il cuore di ragazzi ed adulti.
Il protagonista è José, detto Zezé, un bambinetto fra i cinque e i sei anni, che vive con la famiglia poverissima nella favela di Bangu, a Rio de Janeiro. Zezé ha un fratello più piccolo, Luis, per cui inventa giochi meravigliosi, un fratello più grande, Totoca, con cui va a scuola, e una sorella quindicenne, Gloria, che è una specie di fata madrina, l’unica nella famiglia a comprenderlo e proteggerlo; sì, perché Zezé, che è un angelo a scuola, dove va precocemente perché ha imparato a leggere da solo, ed è un angelo anche con lo zio Edmundo, che gli spiega tante parole nuove, ma quando è in casa è un diavolo. Non si sa perché, ma non resiste alla tentazione di fare scherzi e dispetti, di dire parolacce e cantare canzoni sconvenienti, anche senza comprenderne il significato. E allora sono botte, tante botte, con la cinghia del padre o con più delicati ramoscelli usati dalla madre o dalla sorella più grande Lalà.
Zezé si è proprio convinto di essere un diavolo in terra e quindi sopporta e subisce le punizioni come necessarie, legate alla sua stessa natura.
Ma si consola parlando con il suo albero di arance dolci, con cui passa piacevoli pomeriggi di pacate conversazioni: Minguinho, questo è il suo nome, infatti, parla ed è a lui che il bambino confida i suoi dispiaceri, i suoi dubbi. La sua vita è integralmente segnata dalla povertà: il padre disoccupato, sempre triste e scostante, la madre che lavora tutto il giorno, i vestiti rattoppati, il doversi inventare ogni giorno qualche stratagemma per rimediare qualche soldo. Così Zezé si improvvisa cantante, accompagnando seu Ariovaldo, che vende spartiti cantando canzoni popolari.
Ma il vero raggio di sole nella sua vita è rappresentato da Manuel Valadares, detto il Portoghese, o ancor meglio il Portuga: dopo un primo incontro parecchio movimentato, il Portuga diventa il suo unico riferimento adulto, una persona che lo comprende, lo protegge, gli fa vivere esperienze che altrimenti non avrebbe mai potuto vivere. Porta la tenerezza nella sua vita e ‘la vita senza tenerezza non è un granché’.
Il sogno di Zezé di farsi adottare dal Portoghese, che gli regala biglie e figurine in quantità, si infrange dolorosamente e così si infrange anche la sua infanzia.
Il romanzo di De Vasconcelos è stato scritto in poco tempo nel 1968, con uno stile immediato, che fonde realismo e immaginazione, e si inserisce a pieno nella letteratura sudamericana, in cui lo straordinario fa parte della vita comune, così come avviene nel pensiero bambino, che anima le piante e intesse conversazioni con il mondo vivente. Zezé è un personaggio indimenticabile, con la sua forza e la sua fragilità, l’immaginazione portentosa e la rassegnazione ad un destino da ‘cattivo’. Nonostante la durezza della vita, che piega i rapporti familiari, nel libro circola molto amore, un amore dolente, rabbioso, ma che trova i suoi momenti di redenzione.
Dei bambini delle favelas ci aveva già parlato Andy Mulligan in ‘Trash’, ma era lo sguardo di chi vede dall’esterno uno degli inferni del mondo.
Qui lo sguardo è in presa diretta, racconta ciò che lo stesso autore ha vissuto, negli anni venti del secolo scorso, a Bangu. una storia di povertà e di desiderio di riscatto: Zezé ci racconta il suo mondo, le case malandate, il treno che porta in città, il Natale senza regali, e nello stesso tempo il pensiero travolgente, che cambia natura alle cose, che permette di sognare di diventare un giorno poeti.
Lettura caldamente consigliata a ragazze e ragazzi sensibili, da dodici ai novantanove anni.

Eleonora

“Il mio albero di arance dolci”, J. M. De Vasconcelos, trad. A. Campanozzi, prefazione di G. Catozzella, Blackie edizioni 2022




 

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