LA GRANDE QUESTION
#Logosedizioni 2023
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)
"La sera, io e mamma parlavamo del mare.
Di solito le portavo una bella pietra o una conchiglia rara, e lei in cambio mi raccontava cos'altro ci fosse sott'acqua: sirene, vere lamprede dai nove occhi, ragazze-gamberetto, dugonghi di corte, calamarchesi, meduse mortali..."
Questo bambino non ha mai dovuto imparare a nuotare. Lo ha sempre saputo fare. Vive con la sua mamma e il suo papà in una casa fuori dal paese, in riva al mare e quando non deve aiutare sua madre nei lavori in casa e in giardino, torna in acqua e nuota, nuota. E nuota. Suo padre fa il pescatore e sta per giorni lontano da casa, al largo dove ci sono i banchi dei pesci.
E quando sono soli, mamma e figlio, lei gli racconta cose meravigliose sulla vita nel mare.
Pieno di stupore, il bambino si interroga: ma come fa lei a sapere così tante cose se non mette mai neanche un piede nell'acqua? Eppure è così, racconto dopo racconto.
Tra i tanti, c'è anche quello delle foche che, con il plenilunio, vengono a riva e, dopo essersi spogliate della loro pelle, sono veri esseri umani. L'importante per loro è tenere vicino la propria pelliccia per poter tornare nel mare, quando si è vissuto abbastanza come persone.
Ed è forse questa storia che porta quel bambino a cui piace tanto il mare, a credere che suo padre sia una queste creature, un po' foca un po' uomo: d'altronde a notte fonda lui lo ha visto spostare dal capanno proprio una lucente pelliccia di foca, la sua, e di chi altrimenti?
Si può gioire dell'arrivo di questo libro per diverse ragioni.
La prima è legata alla bellezza intrinseca della storia che è una delle tante versioni esistenti in letteratura di un mito diffuso tra l'Irlanda, la Scozia e le isole Fær Øer e l'Islanda: quello delle selkie, creature del mare, foche, che hanno la capacità di prendere le sembianze umane, se si spogliano della loro pelliccia.
La seconda è che una delle tante versioni letterarie è un libro di Nikolaus Heidelbach.
La terza è che questo libro sia finalmente arrivato anche qui, con Logos.
Il mito delle selkie, come tutti i miti, pone diverse questioni di carattere universale: la prima delle quali ruota intorno al senso di appartenenza.
La pelle che ci contiene è in qualche modo un segno distintivo che qualifica le nostre radici. Ma pone anche una questione importante riguardo alla scelta della propria identità che può essere molteplice e comunque sempre risultante da una volontà personale.
E legata ugualmente a entrambe arriva la terza ma non ultima questione: la chiave 'genetica' della trasmissione dei saperi, attraverso le generazioni. Da cui, la chiarezza del titolo.
Dunque: appartenenza e identità.
In questa prospettiva il mito della donna foca si moltiplica, come sempre accade, secondo diverse sfumature, ma su una circostanza è piuttosto concorde: la determinazione finale sul senso di appartenenza. Tutte le donne foca tornano al mare.
Il ritrovamento della loro pelliccia, nascosta, conservata, sottratta, questo poco differenzia, ne riaccende come per incanto il legame primigenio e insopprimibile. Quello stesso legame che fa dire ad alcuni, quando pensano alla loro 'casa' dove finire in pace la propria esistenza, io là devo tornare.
Ci si potrebbe interrogare a lungo sul senso, o per meglio dire, sulla direzione che diamo alla nostra vita. Aver costruito un percorso che abbia una andata e un ritorno è una scelta condivisibile?
Ma forse qui ha più senso chiedersi quale prezzo siamo disposti a pagare per farlo.
Nella mitologia legata alle selkie anche questo punto è sostanzialmente concorde: nel partire lascia tutto ciò che ha costruito sulla terra, compresa la prole.
E qui si apre uno dei tanti scenari scomodi, quegli stessi scenari scomodi che Heidelbach cerca con determinazione e costanza con l'obiettivo di metterli dentro un libro illustrato per farli arrivare a chi di dovere.
Credo di non allontanarmi troppo dal vero se penso che il buon Heidelbach lo faccia in modo programmatico, con l'intento di voler raccontare la verità, di voler raccontare la complessità dell'infanzia per quella che è e quindi scompaginare certe sicurezze, che appartengono al mondo degli adulti e che gli adulti si danno un gran daffare a inculcare nella testa dei bambini.
Una di queste - peraltro distante da quella che è l'esperienza del reale che molti bambini possono aver sperimentato - è quella che mamma non ti lascerà mai. Affermazione che già di per sé crea un bel po' di guai.
La seconda, da questa derivante, ha a che fare con la lontananza che non è di per sé - ad eccezione del territorio italiano - un sinonimo di disinteresse o mancanza d'affetto verso chi si lascia.
Non a caso, Heidelbach dice la sua al riguardo, senza spendere neanche una parola, ma disegnando una scena che in questo senso è inequivoca.
Ma forse per un adulto, non abbastanza rassicurante.
Arriva con chiarezza addirittura a libro chiuso.
E qui entra la terza ragione per cui gioire. La poetica di Heidelbach che ancora una volta valica le Alpi e tenta la conquista di un territorio per lei quasi vergine e inesplorato. Due soli i suoi libri che Donzelli ancora tra il 2010 e il 2011 ha pubblicato in Italia: Cosa fanno le bambine? e Cosa fanno i bambini?. Miracolosamente hanno retto per tutti questi anni, ma mentre galleggiavano si constatava il fatto che il pubblico italiano adulto reagiva con poco entusiasmo. Troppo inquietanti quei silenzi che avvolgevano le tavole, troppo preoccupanti quegli sguardi in tralice dei bambini e delle bambine protagoniste, troppo perturbanti i nessi tra il pochissimo testo e l'immagine, troppo diseducativi gli scenari. E poi, esiguo e preoccupante, al limite dell'offensivo, il ruolo dato agli adulti in scena.
Va da sé che se, messi in mano ai bambini e le bambine, entrambi i libri hanno un grande successo e aprono discussioni accese che possono durare intere giornate.
Ma è un fatto che i libri li comprano i grandi. Dopo accurato e prudente pensamento.
Così solo alcuni donchiscittoeschi adulti hanno perseverato nel divulgare la conoscenza di questo autore. E io, modestamente, tra loro.
Ma fortunatamente il tempo passa e - dai e dai - certi ragionamenti sono diventati, almeno a parole, parte di un pensiero più condiviso, più sdoganabile nell'ambito della pedagogia della lettura.
La grande question è la seguente: riuscirà la leggenda della donna foca a farsi conoscere e a mettere radici nelle teste di chi la legge? Riuscirà a non sembrare uno sproposito quello di far ricadere su un bambino una responsabilità del genere? Riuscirà a passare una famiglia che si frantuma così? Riuscirà finalmente a diffondersi anche qui la grande arte di Heidelbach? Riusciranno le sei magnifiche tavole mute a raggiungere lo sguardo incuriosito di ragazzini e ragazzine, così come è accaduto con 'la ridda selvaggia' di Sendak o come è successo con 'le fotografie immaginarie' di Wiesner per Flutti/Flotsam? Riuscirà il freddo e scuro Mare del Nord a imporsi sul solare mare nostrum? Riuscirà ad arrivare ai bambini il fatto che il mondo dei grandi talvolta è inspiegabile?
Vedete un po' che potete fare...
Carla
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