Canto per una casa ritrovata, Sophie Blackall (trad. Chiara Carminati)
Terre di mezzo 2023
POESIA
"In cima a una collina
in fondo a una strada
accanto a un ruscello
che svolta e risvolta,
c'è una casa
dove dodici bimbi
sono nati e cresciuti
andando a gattoni
nell'atrio accogliente
mettendosi in posa
sui gradini di legno..."
Lo stipite della porta è segnato a matita con tutte le misure di bimbi in crescenza. Le pareti sono decorate da stampi dipinti con le patate. A essere dipinto adesso è anche il gatto di casa. Sgridate, scuse e un po' di lacrime finiscono in un grande abbraccio. A chi invece si impunta va un po' meno bene. Intorno c'è chi gioca e chi suona. Quando si fa l'ora di andare a letto, nel sottotetto, qualcuno di quei bambini prende un libro da leggere e qualcun altro continua il suo broncio. Ma tutti, da addormentati, sogneranno qualcosa.
La vita va avanti nella grande casa che contiene i loro giochi, i loro sogni di mare, i loro tesori, i loro segreti, i loro dentini caduti.
La vita va avanti anche nei lavori da fare: mungere, pulire la stalla, allattare i vitellini, raccogliere il fieno sul carro. Ma anche andare a pescare e raccogliere mele per la torta di mamma. I più grandi hanno cullato il bebè, hanno aggiustato i calzini e attaccato bottoni che prima erano conchiglia.
Se i bambini ogni giorno diventano più grandi, la casa ogni giorno diventa più vecchia: entra l'acqua dal tetto e piano piano si svuota perché ognuno di loro parte per la propria strada.
E quando anche le ultime due sorelle, ormai vecchiette anche loro, la lasciano per raggiungere il mare tanto sognato, la casa si svuota, diventa silenziosa, ma non per molto...
Succedono cose molto interessanti in questo libro.
In ordine sparso: la prima è l'idea di fondo: ossia di raccontare la storia di un grande contenitore - una casa - attraverso il suo contenuto - una famiglia con i suoi animali. Bambini, genitori, gatti, mucche un cavallo si muovono tra le sue mura e con esse interagiscono: dai segni lasciati su uno stipite per segnare le altezze dei bambini, alle coccarde appese che sono state vinte a scuola per buona condotta, dai fiorellini stampati sulle pareti ai segni di una di una foto incorniciata portata via come ultimo ricordo.
Non è esattamente il primo libro con questa prospettiva, tuttavia con i suoi precedenti, condivide l'intento di dare voce e anima a chi si suppone non ne abbia: un muro, un tetto, una porta...
Chiunque avrà nei propri ricordi l'attraversamento di una casa disabitata e avrà altresì in mente di averla immaginata abitata e per farlo avrà dovuto cogliere i segni che essa porta sui muri, le tracce sui pavimenti: è una voce silenziosa, ma pure sempre una voce. E come spesso accade sono le assenze, i vuoti a raccontare, come fossero echi di suoni che ora non ci sono più.
E proprio su questi vuoti Sophie Blackall costruisce la storia di una casa diroccata che era accanto alla vecchia fattoria che lei aveva appena acquistato.
La casa, così è lei stessa a raccontare, era davvero molto malmessa. Talmente lo era che lei - che tanto ama le cose vecchie - non ha potuto fare diversamente e l'ha fatta demolire (dolore vero). Tuttavia le sue pareti pericolanti avevano conservato nel tempo piccoli o grandi oggetti che invece ha salvato non solo per conservarne il valore come cimeli, ma per farli entrare di nuovo in gioco a rappresentare di nuovo l'arredo della casa, quella disegnata. Pezzetti di stoffa, un bottone di madreperla, tutti possibili frammenti di carte raccolti, sono diventati illustrazione, strato su strato. Oppure sono diventati parole.
Le cose vecchie portano storie.
Un bottone un tempo è stato conchiglia. E questa è la seconda cosa interessante che succede.
La terza è il racconto della vita di quella casa senza le persone, una casa che si fa tana, cuccia, riparo.
Un orso in cantina, procioni in cucina e scoiattoli alla scordatura dell'organo.
La quarta è la ricerca da parte di Sophie Blackall delle storie vere della famiglia Swantak. Le raccoglie soprattutto attraverso i racconti dei loro discendenti che quella valle la abitano ancora.
E attraverso le storie che ha ascoltato e raccolto ne è nata una poesia illustrata: un unico flusso che attraversa il tempo senza mai fermarsi. Solo qualche virgola qui e lì e un punto alla fine. Lo stesso lo si percepisce nelle immagini che attraversano il tempo con bambini e bambine che crescono.
Grandi panorami sinuosi della campagna cui si alternano visioni della casa piena di gente, di mobili e di suppellettili, visti in sezione come se fosse una casa di bambole. E in qualche modo lo vuole essere.
La quinta cosa sono gli indiscussi qualità, spessore e esattezza, di disegno e parola (nella traduzione di Chiara Carminati).
La capacità di essere semplice e nello stesso modo intenso. Di essere chiaro e profondo.
In un dialogo, un canto libero tra figure e parole.
Carla
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