giovedì 3 agosto 2023

IL RIPOSTIGLIO (libri belli e impolverati)

E LA BIBLIOTECARIA È UN'OCA  

Il talento di Mr. Alce, Inga Moore 
orecchio acerbo 2023 



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

"Ogni sera, dopo cena, quando tutti si erano sistemati comodamente intorno al fuoco in salotto, Alce raccontava loro una storia. Poi, una sera, Alce non riuscì a pensare a una sola storia che non avesse già raccontato. 'Perché non ci leggi una storia?' suggerì la moglie. 
Così Alce andò a bussare alla porta accanto per chiedere in prestito a Orsa un libro di fiabe. 
Ma Orsa non aveva un libro di fiabe. E non lo avevano neppure gli altri animali che vivevano nel bosco. Non Tasso. Non Volpe. Non Lepre. Non Talpa. Non i tre Cinghiali. E neppure i Castori avevano un libro di fiabe da prestare ad Alce." 

La mattina dopo Alce si attrezza: va in città, entra nella biblioteca comunale e dalla bibliotecaria che è un'oca prende in prestito una bella pila di libri. Torna a casa e la sera si mette a leggere storie scritte nei libri. Non ci sono solo i suoi familiari, ma anche Orsa con i suoi. E siccome Alce è un vero talento a leggere, da cui il titolo, si sparge la voce e, sera dopo sera, si aggiungono nuovi auditori: tassi, cinghiali eccetera eccetera. 
Il risultato è che nel salotto ormai ci si sta stretti come sardine. 


Così Alce si attrezza per la seconda volta: si procura un furgone, lo adatta alla bisogna, poi va alla solita biblioteca e la solita bibliotecaria oca gli dà così tanti libri in prestito da mettere nel furgone da farlo diventare un bibliobus (!). Torna a casa e nel suo intento ci sarebbe quello di organizzare una distribuzione tra tutti gli animali interessati. Peccato che nessuno di loro sappia leggere. 
Così alce si attrezza per la terza volta: insegna a Orsa a leggere e poi lei lo insegna al tasso che lo insegna alla volpe eccetera eccetera. 
Il risultato è che ognuno a questo punto decide di leggere da solo o in compagnia dei propri familiari e il salotto di Alce si svuota... Ma non sempre perché lui comunque rimane sempre il migliore a leggere e quindi il salotto continua a riempirsi, ma un po' meno... 

Credo sia chiaro a tutti, anche senza leggere la dedica del libro scritta da Inga Moore, che il messaggio che si vuole passare è quello del piacere della lettura, meglio se condivisa e, di seguito, sull'importanza delle biblioteche pubbliche eccetera eccetera. 
Visto l'argomento (un po' troppo ovvio a chi bazzica qui), e visto il lavoro che chi scrive ha fatto e talvolta fa ancora, ossia essere il Mr. Alce in diverse situazioni, sarà più utile tacerne e invece guardare in altre direzioni. 
Parrebbe più interessante quindi soffermarsi non tanto su ciò che Inga Moore abbia voluto dire e dimostrare, ma sul come lo abbia detto e su come lo abbia (di)mostrato. 
Volendo sintetizzare al massimo si possono notare alcuni elementi di interesse solo in apparenza laterali. 
Il primo: Inga Moore è inglese per quel tanto che basta a farla disegnare e concepire un albo in questo modo. 


Il secondo: Inga Moore è inglese per quel tanto che basta a farle prendere le sembianze di una autrice di classici per l'infanzia. Chessò, una come Beatrix Potter, tanto per dirne una. 
Il terzo: Inga Moore è inglese per quel tanto che basta a farla essere così sottilmente ironica nel raccontare una storia che altrimenti rischierebbe di essere mielosa un bel po'. 
Inga Moore è inglese di nascita. La Gran Bretagna non la dimentica neanche per un secondo, anche se viene trapiantata a otto anni in Australia. Non la dimentica al punto che una delle sue prime storie parla di un topino che tenta la traversata della Manica... 
All'età di trentacinque anni ci torna, in Inghilterra, questa volta per restare. E non va a vivere in un posto a caso ma ad Humpstead, ossia il sobborgo green di Londra: il quartiere degli intellettuali, degli artisti, degli autori come lei (Oxenbury e Burningham, tanto per dirne due, hanno vissuto lì). Humpstead, per intenderci, è lo scenario che lei sceglie per un altro suo fantastico libro che si intitola I sei pranzi di Sid. Lì a parte il gatto furbissimo, compare rappresentata una bella comunità di persone che lo allevano. Sebbene negli anni Novanta, con la grande crisi, Moore sia costretta a lasciare il suo appartamento, tuttavia è capace di trovarsi un altro posto altrettanto piacevole dove vivere: un villaggio nel Gloucestershire che di nuovo diventa scenario delle sue storie, dal Vento nei salici a Il giardino segreto, fino al nostro Il talento di Mr. Alce


Quindi la campagna inglese attraversa felicemente questo libro e le permette di essere perfettamente in linea con la più classica tradizione inglese del libro illustrato: grandi tavole doppie che si alternano a figure o piccole scenette scontornate che rappresentano un panorama rurale, punteggiato di villette semplici, a due piani in mattoni con comignoli sui tetti a spioventi, con grandi vetrate 'all'inglese', con vialetti e staccionate basse e siepi ben curate. 
È inglese l'arredo, la tappezzeria, i tessuti dei divani, le tazze e il tè o la cioccolata che contengono. 
L' inglesità permea ogni dettaglio, compreso il bibliobus, sebbene la guida sia inspiegabilmente a sinistra... 
Quindi è inglese tutto ciò che si vede ed è inglese il gusto compositivo della pagina: Potter rules! 
E qui subentra il secondo elemento, anche questo nel medesimo solco potteriano. Un mondo che agisce come umanità - almeno all'80% - ma che ha le sembianze di animali. I conigli, i rospi e le oche di Potter erano puntualmente vestiti come bambolotti (Inga Moore li lascia con il pelo al vento, ma fa delle impercettibili deroghe, gustosissime) e si comportavano, ragionavano e parlavano come piccoli omini, donnine e bambini, ma mantenevano una loro memoria interiore, un loro lato selvatico, che li rendeva ancora conigli, rospi e oche. 
E così Inga Moore quando dà vita alla catena dell'apprendimento della lettura, necessariamente si deve fermare tra la volpe e la lepre, oppure si diverte a ritrarre i cinghialetti che fanno merenda con tartufi scavati nel terreno... 


E qui subentra il terzo elemento messo in luce: l'ironia. O forse sarebbe più giusto parlare di humor inglese. La prima valvola da cui l'ironia esce come fosse un geyser islandese sono le posture che assumono i singoli personaggi: a partire dal modo di sedersi la sera intorno al camino della famiglia di Alce. Oppure il gioco di zampe dei cinghiali o le gambe accavallate dei tassi, o le dita incrociate del castoro in panciolle. Senza contare gli scenari diversi con il viavai in città e il pubblico misto nella biblioteca. E la bibliotecaria è un'oca. 


Intorno a tutto questo si intreccia un meraviglioso gioco di piccoli baluginii illustrativi che - si sa - è uno dei divertimenti che i migliori illustratori si ritagliano in assoluto silenzio: farcire le loro tavole di piccoli richiami, allusioni, riferimenti, citazioni. 
E chi li vuole scoprire qui è libero di farlo... Io taccio per non rovinarne il gusto. 

Carla

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