Si riapre la rubrica IL RIPOSTIGLIO.
Come esattamente tre anni fa, prendendo il nome dal titolo di un meraviglioso racconto di Saki.
E nasce dal desiderio di togliere dall'oblio di un ripostiglio, quei libri di orecchio acerbo (clic) che - per l'imbarazzo che nasce da un conflitto di interessi patente - non hanno meritato a tempo debito neanche una riga su questo blog.
Visto che l'imbarazzo è comunque inevitabile, la rubrica avrà una cadenza vacanziera.
Date queste premesse, la rubrica si sarebbe potuta anche chiamare: In punta di piedi, Tutto cambia, Vacanze o ancora Oltre il giardino. Ma non è successo.
Sabbie del paradiso, Levi Pinfold (trad. Damiano Abeni)
Orecchio acerbo 2023
ILLUSTRATI
Seguiamo rose bianche in fiore
all’Antro del Tesoriere
Terra morta fino alla fontana
della residenza sovrana
Chi un goccio ne sorseggia
entrerà nella reggia
Spezza il pane al Tesoriere
sprofondiamo nel terrore
In piscina purificati
veniamo da Lui governati
Strappati a ciò che è
siamo nelle grinfie del Re
Comincia così questa storia di incantesimi, come recita il sottotitolo che nessuno legge mai.
Sembra una filastrocca della loro infanzia, una filastrocca che i tre fratelli e la loro sorellina sanno da sempre. In macchina, stanno attraversando un pezzo di deserto per andare a trovare la loro madre.
In perfetta simmetria con il testo della canzoncina, effettivamente si fermano a raccogliere qualche fiore per lei, in mezzo al caldo e alla polvere, ma la sete li spinge verso un grande edificio che appare sulla sfondo: sembra una fortezza, ma la grande insegna è quella di un hotel.
O sarà l'antro del Tesoriere, se vogliamo dare retta alla filastrocca?
I ragazzi hanno le gambe più lunghe della bambina e, a differenza di lei, non sono prudenti. Bussano, entrano e il grande portone sta per chiudersi alle loro spalle.
Lei arriva dopo, e ciò che vede dentro è l'incantesimo: tre ragazzi si tuffano in una rinfrescante piscina e e nell'acqua, arrivata al bordo, ora nuotano tre delfini.
I bambini credono agli incantesimi e lei è una bambina. Capisce.
E quando il padrone di casa le si presenta davanti - un maestoso leone - lei non dubita neanche un secondo e chiede indietro i suoi fratelli.
Il leone non fa mai nulla per nulla, e con lei stringe un patto. Tre giorni senza toccare cibo e acqua e i fratelli le verranno restituiti.
Questa è la magnifica e coraggiosa storia di questa bambina che va diritta per la sua strada, fiera leale. E soprattutto capace di non cedere alla tentazione. Mai. Tutta sua madre.
L'atmosfera è definita fin dal principio, o forse si dovrebbe dire indefinita?, quegli oscuri pochi versi che entrano ancora prima del frontespizio preannunciano uno scenario fiabesco davanti al lettore, una situazione sospesa tra realtà e magia, tra il qui e ora e il mito.
Vediamo una macchina parcheggiata davanti a una casa, poi la vediamo attraversare il deserto ma le parole che ascoltiamo, il dialogo cantilenante dei fratelli torna inesorabile alle criptiche rime iniziali. Ma ancora nulla è definito, ha un suo contorno preciso. Di netto c'è solo la percezione che qualcosa sta per accadere. E quella bambina che, rispetto ai fratelli, ha un atteggiamento prudente, ci mette in allerta con la sua sola presenza e la sua differenza. È inevitabile. Lo stesso tremore che si prova leggendo una fiaba, da Hansel e Gretel in poi...
Quindi si comincia a percepire con chiarezza che le strade tra i quattro stanno per dividersi e che la giocosità dei tre maggiori - maschi - cozza con la serietà dell'unica femmina. E va da sé che ciò renderà vulnerabili loro e lei forte.
Quindi entra in scena uno dei grandi protagonisti, almeno visivamente parlando, della storia: il grande edificio bianco e turrito. A parte il nitore, si stacca dallo sfondo sabbioso, per linee nette e taglienti. Racchiude in sé, dal punto di vista iconografico, secoli di storia architettonica che il nostro immaginario non fa fatica a rintracciare.
Quasi impercettibile, è la scritta hotel che si confonde con il cielo ancora chiaro. La circostanza che invece si percepisce con chiarezza e lo scontro tra proporzioni: loro piccoli, lui enorme. Il deserto indefinito, lui un diamante tagliente.
Qui, davanti a quelle mura candide e maestose, loro si dividono. E un'ulteriore parte della filastrocca prende senso e diventa premonitrice. Siamo ancora di più nella fiaba e il gioco è fatto: ci siamo dentro fino al collo.
L'incantesimo avviene sotto gli occhi del lettore e della bambina.
Intorno, solo il silenzio dell'assenza.
Poi entra in scena il grande leone, di aslaniana memoria. E con lui tutto cambia.
Le proporzioni degli scenari sembrano quelle di un modellino di architettura rinascimentale, quelli che si presentano al committente. Il leone, grande burattinaio.
Piena di valori simbolici, come ci hanno insegnato a scuola parlando del Classicismo quattrocentesco, la scena si riempie di figure animali che prendono parte al banchetto.
Intorno alla bambina, animali che, viene spontaneo pensare, sono anche loro creature sotto incantesimo, persone che, come i fratelli, non hanno saputo resistere...
Volendo tacere su ciò che da questo momento accade, si può concludere affermando che tra le tante bellezze di questo libro, accanto all'indiscussa altissima qualità dell'immagine, c'è una grande capacità da parte di Pinfold di lasciare sospeso, fino all'ultima pagina, senza una spiegazione univoca, il senso della storia.
La testa si riempie di domande sul ruolo che il femminino ha: sul senso di un patto del genere, sulla lealtà e sulla cura quali caratteri di entrambe le protagoniste, sulla ciclicità della situazione.
Questo rende il libro a mio avviso interessante e degno di nota e soprattutto ne attesta una utilizzazione che non si esaurisce con l'infanzia, ma va su, su e ancora più su. E meno male.
Carla
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