mercoledì 12 giugno 2024

FAMMI UNA DOMANDA!

LA GRAVITAZIONE È COME AMORE 


Stardust è un libro importante e ambizioso, perché si muove su un terreno molto battuto recentemente e pretende di farlo con una forma e un linguaggio tutt’altro che comune. 
Si potrebbe sintetizzare l’argomento affermando che Stardust parla di cambiamento climatico. 
Ma come tutte le sintesi, anche questa rischierebbe di essere limitativa, banalizzante e in parte fuorviante. 
Perché il tema invece è complesso e perché il libro rifugge dal tentativo di ridurlo a poche frasi ad effetto. 
Trattandosi di un libro illustrato che possiede una parte informativa, ma una ben più ampia narrativa e in versi, l’autrice avrebbe potuto procedere soltanto sul sentiero dell’aggancio empatico: le sue immagini molto forti lo avrebbero permesso e lei ne sarebbe venuta fuori sicuramente molto bene. 
E invece sceglie di parlare al lettore in modo differente, di chiamarlo direttamente in causa, di rivolgersi a lui e alla sua storia. 
Partiamo dal prologo che vi invito caldamente a non saltare, ma a leggere con attenzione. 
Qui Hannah racconta di se stessa: è il suo compleanno e un suo amico le chiede quale sia la cosa che le fa più paura. Ritorna allora al suo passato, alla sua infanzia e cerca di ripercorrere quelle che erano i suoi timori di allora. Non la paura della morte, bensì dell’età adulta, perché questa avrebbe segnato un abbandono, un distacco da cose e persone. La paura di cambiare, di svegliarsi e scoprire di essere qualcosa di diverso, di non riconoscersi più. 
Da una dimensione così intima e personale il discorso si sposta improvvisamente sul nostro pianeta: e se anche la Terra si svegliasse e si accorgesse di essere diversa, irrimediabilmente diversa? 
Da una vocazione per il ricordo, da un’ossessione per qualcosa che non riusciamo più a trattenere (il tempo, esattamente quell’istante presente, quell’essere giovane ora come non lo sarò più) il libro parte e si dipana in tre parti, tre lettere: la prima rivolta alla Terra, la seconda al lettore, la terza al bambino del futuro non ancora nato. 
Ancora il tempo, il passato lontanissimo, il presente tormentato, sfuggente, interrogato, il futuro sperato, immaginato. 


Alla Terra l’autrice si rivolge come farebbe con suo nonno, una persona amata e di cui capisce che deve prendersi cura. Ma come si può curare senza conoscere? L’Arnesen racconta di un lungo lavoro di ricerca condotto proprio sulla storia del nostro pianeta e di questo lungo studio riporta alcuni dati: dall’esplosione iniziale alle prime forme di vita, alle varie ere geologiche, fino ad arrivare alla nostra, diversa e unica, perché la prima in assoluto in cui una specie (quella umana) sia riuscita a predominare sulle altre. 
La lettera accorata alla Terra si sviluppa in un continuo cambiamento di prospettiva, da uno sguardo lontanissimo che abbraccia una storia antica e remota, ad uno che si fa vicinissimo, al cospetto del lettore, relativo al suo quotidiano e alla dimensione umana. È come se si riuscisse ad essere nello spazio e a guardare alla nostra casa come si farebbe affettuosamente con una persona cara, per poi precipitare repentinamente verso il basso, verso la nostra e personale porzione microscopica di spazio e tempo. Un viaggio vertiginoso che Hannah Arnesen ci consente di compiere attraverso i suoi incredibili acquerelli, tavole che descrivono e raccontano di vite lontane e scomparse, ma che, stranamente, non suscitano mai nostalgia o malinconia. Non c’è mai in questo libro il ripiegamento sul rammarico, ma una richiesta mossa al lettore a rimanere sempre vigile, a non cedere al sentimentalismo. 
Cosa siamo noi? Siamo fatti della stessa acqua che da milioni di anni circola sul pianeta, quella stessa che proviene a sua volta dall’Universo, siamo fatti esattamente della stessa materia delle stelle, siamo nati dalla frammentazione e parcellizzazione di corpi celesti. Da questa consapevolezza si muove in nostro sguardo sul presente. 


La seconda lettera è rivolta al lettore. Il tono cambia, l’autrice ci interpella in modo perentorio e non allusivo. Non più un abbraccio affettuoso, ma una chiamata in causa, un interrogativo serrato. 
“Perché è così difficile guardare in faccia la realtà?” 
Questa seconda parte del libro ha dei toni (anche cromatici) decisamente differenti dalla prima. Il viaggio nel presente è una discesa verso gli inferi, verso il nero profondo: non più colori danzanti sulla pagina, non più spazi ampi e ariosi, ma luoghi angusti, oggetti piccoli e vicini. 
Non più versi di amore, ma domande esplicite. 
Il presente in questo capitolo è quello delle scelte che compiamo abitualmente, a partire dalle nostre più insospettabili consuetudini. Ma anche in questo caso Arnesen non si limita ad un’esposizione didascalica, ma ogni parte del suo discorso si aggancia al suo vissuto, alle sue amicizie, al dialogo intrapreso con i ragazzi più o meno giovani. Fino all’elaborazione della domanda cruciale, quella che sposta il pensiero in avanti: “Dove c’è speranza?” 


Perché del tempo fa parte un passato, un presente e quindi anche un futuro, e perché sprofondando si matura il desiderio di risalire, di ritrovare la luce. 
La terza parte del libro è una lettera a un bambino non ancora nato, il messaggio di speranza che gli consegneremo non è quello superficiale del “andrà tutto bene”, ma quello di un impegno e di una forza che intende adoperarsi perché le cose davvero procedano diversamente. 
“La speranza richiede l’azione; l’azione è impossibile senza la speranza”. 
Questo libro si inserisce coraggiosamente in un ambito editoriale dal quale nell’ultimo periodo sono arrivate le novità più interessanti. La divulgazione scientifica per ragazzi sta conoscendo una nuova vita, dal momento in cui ha abbandonato la forma espositiva tradizionale, quella che voleva i libri informativi per bambini e ragazzi progettati allo stesso modo di quelli per adulti, ma in una forma “semplificata”. Rispetto a questo settore in fermento, Stardust può essere considerato un testo divulgativo. 
Ma la sua unicità risiede proprio nel fatto che non si esaurisce in un contesto riconoscibile e facilmente identificabile. Questo potrebbe essere per alcuni versi un limite (soprattutto se ragioniamo in termini di mercato), ma costituire insieme anche la sua forza, perché Stardust semplicemente si propone di parlare a tutti i lettori che accettino di lasciarsi stupire e di aprirsi a una esperienza di lettura inedita. 

Teodosia 

"Stardust. Polvere di stelle",  H. Arnesen, trad. L Cangemi, Orecchio Acerbo 2024 

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