mercoledì 27 novembre 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

GATTO, SONO STATO BRAVISSIMO! DISSE TOPO 


 -Ma?! 
-TOPO! -Si, Gatto? 
-Cos'è questo? 
-Sembrerebbe un vaso di biscotti rotto. 
-Lo so che è un vaso di biscotti rotto! Cos'è successo? Dove sono i biscotti? 
-Ottime domande, Gatto. 
 Adesso ti spiego... 

 



Due personaggi, tra i più classici della letteratura per bambini: un gatto e un topo, e un misfatto, ossia un vaso rotto e dei biscotti spariti. 
Partiamo da una constatazione evidente, quella davanti alla quale si trova Gatto che, entrato in camera, vede del suo vaso in vetro solo i cocci in terra, e nessuna traccia dei biscotti contenuti. Gatto arriva e urla il nome del topo, Topo appunto, perché non ci vuole molto a immaginare che sia lui l'autore della sparizione e del danno. 
Il campo si allarga e accanto al felino giustamente adirato troviamo un topo in atteggiamento tutt'altro che preoccupato: seduto comodamente in poltrona, il topo si gode il suo libro, accanto a lui un tavolino con acqua e piattino. Placidamente risponde al gatto che lo ha chiamato, cosa può volere questo “simpatico” seccatore? Di fronte alla domanda ovvia che il gatto gli rivolge, il topo, che sembra stupito, risponde con grandissima disinvoltura raccontando una propria, singolare versione dei fatti: pare che i biscotti fossero stanchi di rimanere costretti in un vaso e abbiano cominciato a muoversi, provocando la caduta del vaso che, una volta rotto gli ha permesso di fuggire. 


Di fronte all'irritazione di Gatto, Topo rilancerà con una, due, tre altre versioni dei fatti, una più bizzarra dell'altra, provocando un crescendo di irritazione dell'altro, che si sente preso in giro. La conclusione sovvertirà ogni previsione, perché sebbene al lettore possa apparire da subito chiaro che Topo sta bleffando, non è altrettanto chiaro come Gatto pensi di risolvere il problema e rivendicare il furto che ha subito.
Il finale che qui non rivelo, pena la perdita di sorpresa, è quello che conferisce al discorso il suo senso compiuto e che permette di inquadrare questa divertente storia nel novero delle riflessioni del significato stesso del narrare. 
Partiamo dalla considerazione dei due personaggi. 
Non a caso Ruzzier ha scelto un gatto e un topo, infatti chi legge la storia, per quanto giovane possa essere, si trova davanti prima ancora che due animali, due soggetti fortemente simbolici: uno grande, il predatore, l'altro piccolo, la preda, che da sempre ha cercato di guadagnarsi la salvezza facendo leva sulla scaltrezza e l'astuzia. Possiamo risalire fino ad Esopo e alle sue favole per incontrare gatti e topi alle prese con la lotta alla sopravvivenza e anche in quel caso la piccola potenziale preda deve fare affidamento sulle sue doti intellettive se vuole salva la vita. Il gatto, d'altro canto, può contare su una mole e una forza maggiore ma, in questa come in tutti i racconti tradizionali, non è detto che risulti necessariamente il vincitore, come a dire che se la natura ti ha dotato di un iniziale vantaggio, non devi comunque dare per scontato che questo ti permetta di primeggiare. 


Gatto in questa storia veste i panni di una figura genitoriale, adulta, sono suoi i biscotti e il barattolo; e come un adulto quando smaschera una marachella esige una spiegazione anche quando si trova davanti all'evidenza dei fatti, salvo poi arrabbiarsi se il racconto fornito non risulta corrispondente alla propria ipotesi. 
Topo veste i panni del bambino, forza eversiva e poco incline al controllo per natura, mangia i biscotti per il solo fatto di averne voglia e trova assolutamente naturale farlo. Eppure sa che Gatto non sarebbe d'accordo e che per questo potrebbe punirlo, allora utilizza quell'unica risorsa che potrebbe mettere in difficoltà l'adulto pedante e razionale: l'immaginazione. 
Scombinare le carte, chiamare in causa le situazioni e i personaggi più assurdi, perché in questo modo ciò che è già chiaro e innegabile possa apparire contestabile. E in ognuna delle messe in scena di Topo quello che stupisce è l'atteggiamento che assume: perfettamente nei panni di un diligente bambino che segue gli insegnamenti degli adulti, ogni volta accoglie le richieste dei bizzarri personaggi come la buona educazione richiede e mai si sognerebbe di comportarsi in modo sgarbato, perché in fondo ci hanno insegnato che bisogna essere gentili e dunque non si può negare un biscotto a un insettino o il carburante a un extraterrestre di nome Giuseppina con l'astrononave a secco. Topo, oltre che incredibile inventore, si rivela raffinato interprete parodico che mette discretamente alla gogna certi precetti buonisti che il mondo adulto impartire da sempre al mondo infantile. 
Le versioni dei fatti messe in tavola da Topo sono solo quattro e questo è davvero un peccato, perché ne vorremmo ascoltare ancora e perché sarebbe bello se i personaggi che popolano queste storie fossero veri; è questo di fatto il desiderio che chiude il racconto, il non detto che viene consegnato al lettore, preferibilmente bambino, preferibilmente dai 3 anni in su, che si diverta anche lui a prendere in giro Gatto e immaginare cosa altro possa aver causato la scomparsa di quei biscotti e la rottura di quel vaso! 


Il racconto verbale viene affidato unicamente alla forma dialogica, nessuna narrazione a corredo di un botta e risposta sintetico ed efficace. Per il resto sono le immagini che completano l'ambientazione in cui si muovono i due protagonisti. Gatto e Topo abitano in una casa che sembrerebbe ricca, a giudicare dal pavimento e dai quei pochi elementi di arredo che vediamo nelle prime scene, un tavolino di gusto aristocratico, una sedia papalina sulla quale è accomodato Topo. Eppure, nonostante questi elementi di arredo siano realizzati con dovizia di particolari, in un contesto completamente vuoto restituiscono una sensazione straniante, come se fossero pezzi ultimi di un passato sfarzoso e non più esistente, o come se fossero oggetti sospesi in un luogo altro e comparsi solo in quanto funzionali alla narrazione. 
D'altro canto, l'esterno dell'abitazione che vediamo nelle illustrazioni successive non è affatto quello di una casa di lusso e anche i colori caldi e non realistici del paesaggio restituiscono un universo decisamente surreale in cui persino le porzioni di natura, colline, vallate e monti, si piegano a esigenze narrative. Se nella stanza dove ci troviamo all'inizio della storia incontriamo per la prima volta Gatto e la sua pretesa di avere la versione “vera” dei fatti può sembrare plausibile e condivisibile, man mano che procediamo con la lettura e l'immersione in quel contesto immaginifico, quella richiesta perde progressivamente legittimità e il fulcro della questione si sposta dal piano binario del vero/falso a quello cangiante e imprevedibile dell'invenzione. I luoghi esterni e interni che Ruzzier costruisce per mezzo di larghe e leggerissime pennellate di acquerello e china compongono la scena unica dove può plausibilmente abitare la storia, intesa non come ricostruzione dei fatti aderente al vero, ma come prodotto dell'elaborazione fantastica che intrattiene con il reale un rapporto non servile, ma solo accessorio. E quindi non può che essere Topo l'inquilino eletto di questi luoghi, lui e i biscotti fuggiti, il mostro viscido e l'extraterrestre Giuseppina. E Gatto avrà accesso a questo mondo solo quando accetterà le condizioni di Topo. 

Teodosia 

"La storia vera", Sergio Ruzzier, trad. Sergio Ruzzier, Topipittori 2024 


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