Ti sfido!, Anna Vivarelli, Amedeo Macaluso
Sinnos 2024
NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 9 anni)
"Lo spirito di competizione è qualcosa di naturale: difficile negarlo. Lottano tra loro gli atleti, i leader politici, gli artisti, gli scienziati, e forse ognuno di noi, più o meno consapevolmente. E come tutto ciò che è naturale, il desiderio di competere non è né buono né cattivo: dipende da come lo si maneggia.
Talvolta la competizione è l'unico modo per realizzare sé stessi, per ottenere il riconoscimento della propria persona e dei propri meriti, per affermare le proprie convinzioni."
Parlando di duelli veri: in questo libro tutto comincia con un russo e finisce con un altro russo. Vedi il caso...
Alexandr Puškin, scrittore amatissimo in patria, e il suo rivale in amore, l'ufficiale franco olandese Georges D'Anthès, che per anni ne insidiò la moglie, Natal'ja Puškina; i due paleontologi nemici, Cope e Marsch, che combatterono tra loro la cosiddetta guerra delle ossa, facendosi molti reciproci dispetti e soprattutto macchiandosi entrambi di innumerevoli invasioni di campo (di scavo); Marinetti contro Cavallotti per stabilire il primato del più assiduo duellatore italiano. E poi ancora la sfida tra due artisti strepitosi dell'avanguardia novecentesca, entrambi appassionati di alcolici, Pollock e De Kooning o ancora i due fratelli tedeschi Dassler che, intorno alle scarpe da ginnastica, si divisero e si odiarono fino all'ultimo respiro. E anche oltre.
E per finire si torna al punto di partenza con ancora un altro duellante russo, Boris Spasskij, a cui - in piena guerra fredda - un intemperante scacchista statunitense, Bobby Fisher, soffiò il titolo di campione del mondo.
L'argomento intorno a cui ruota l'intero libro è piuttosto scivoloso, ma decisamente interessante.
Meno pericoloso, almeno dal punto di vista etico, il perno del libro che l'anno passato, sempre Vivarelli e Macaluso, hanno voluto dedicare ai grandi naufraghi e naufragi della storia.
Qui invece si discute di grandi sfide e duelli. E anche un po' di onore.
Bella idea, quella di raccontare singole storie per attraversare la questione che le tiene assieme e, nello stesso tempo, dare una sbirciatina qui e là sulla Storia e sull'evolversi del pensiero nel corso del tempo.
Si è detto: scivoloso, ma interessante. Vediamo perché.
Nella premessa, Anna Vivarelli dice una grande verità: competere è legge di natura. Chi può negare che tra animali gareggiare per il migliore sia all'ordine del giorno? Ore e ore di documentari sui comportamenti pieni di sfide tra formicaleoni o tra le megattere ci hanno insegnato che tra animali va così, come pure tra le piante.
Quando però c'è di mezzo l'umanità l'argomento si fa più spinoso, perché il tema di sfidarsi, di gareggiare può degenerare e prendere una brutta piega. E allora spesso la gara onesta, secondo regole prestabilite, lascia il posto alla prevaricazione, alla furbizia, all'inganno ecc. ecc.
Parole come antagonismo, rivalità, competizione, per quanto uno possa dimostrarsi obiettivo, sono spesso percepite in senso negativo.
Ed è qui che colgo il motivo di interesse: provare a divaricare le due accezioni.
Sono in competizione gli sportivi, nella gara sono antagonisti; in altre parole, sono lì, a farsi onore ciascuno sotto una diversa bandiera a sfidare i loro avversari: tra loro sono rivali. E questo è un fatto.
Ma si trovano necessariamente a competere per esempio anche i due fratelli Dassler che decidono di produrre con marchi differenti scarpe da ginnastica di qualità. E anche questo è un fatto.
Il discrimine tra i finalisti di una gara di 400 ostacoli e, per esempio, i fratelli Dassler (che forse proprio a quei quattrocentometristi hanno rispettivamente fornito le scarpe più performanti) lo determina la lealtà e il rispetto nei confronti dell'avversario.
Dice bene Vivarelli: lo spirito di competizione non è né buono né cattivo: dipende da come lo si maneggia.
Ecco. La chiave è in quel verbo: maneggiare.
Sebbene mi senta di dire, con altrettanta chiarezza, che il desiderio di competere non ce l'hanno proprio tuttissimi, tuttavia devo concordare con quanto si dice nella premessa: la maggior parte delle persone ama sfidare altre persone.
Se si è un po' grintosi, qualcosa di più del solo amor proprio, ci si mette in posizione competitiva ogni giorno, ma spesso lo si fa senza esercitare la suprema arte della gentilezza: si gareggia in fila alla posta, alla cassa di un supermercato, per un parcheggio, in partenza ai semafori, per salire su un treno con il posto prenotato in tasca....
Sono in molti quelli che non sanno fermarsi quando è il momento.
E questo sembra essere davvero il problema che ha attraversato molti degli esempi che Vivarelli racconta.
I duellanti hanno spesso un cattivo carattere. Pensiamo per esempio ai due paleontologi che forse avrebbero potuto collaborare per un fine condiviso: il piacere e l'importanza della scoperta per ampliare assieme gli orizzonti della loro disciplina, piuttosto che rubarsi i reperti.
La gelosia, la vergogna, mista all'iracondia sono le cause remote della morte di Alexandr Puškin. La sete di fama è alla base degli scontri tra De Kooning e Pollock. L'irrefrenabile gusto di primeggiare come fratelli e poi come imprenditori ha spaccato in due una famiglia e gli abitanti di una intera città e ha polarizzato il mercato che ruota intorno all'abbigliamento sportivo.
Ma in questa galleria di personaggi ombrosi, a volte truci, spesso tragici, livorosi, arrabbiati e pieni di acredine e cattiveria ce n'è uno che brilla...
Vi sfido a trovarlo!
Carla
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