Blanche sceglie la danza come suo destino. Sceglie la scuola migliore che c’è, affronta la selezione e riesce a rompere il confine protettivo che i genitori hanno disegnato attorno a lei, teso tra il timore per l’estremo rigore richiesto dalla danza classica e l’accettazione della bruciante passione della figlia. Blanche approda al liceo coreutico di Marsiglia così, un po’ rigida ma senza dubbio rigorosa, per adempiere a un sogno che è anche un compito che si è autoassegnata.
Il romanzo inizia con una poesia, o meglio, con delle parole che, per come sono disposte, ricordano una poesia. Un lettore un po’ curioso e frettoloso come sono a volte io potrebbe a questo punto sospendere la lettura, sfogliare rapidamente il testo e scoprire che in effetti sì, il romanzo procede così: parole libere, che disegnano, che plasmano, tratteggiano, corrono dritte verso il margine per tornare a capo quando vogliono, una sopra l’altra e poi di nuovo in fila prima di spargersi nuovamente qui e là. Tuttavia, il fraseggio, l’accostamento di immagini, il susseguirsi di verbo, soggetto e oggetto non è troppo lontano dalla prosa. Poche le rime, molti i versi liberi che a una lettura silenziosa non assumono per forza un andamento ritmico e cadenzato. Eppure, il gioco dei pieni e dei vuoti, i numerosi a capo, la libertà… pare quasi che dal linguaggio poetico l’autrice abbia mutuato soprattutto la gestione dello spazio, della superficie, la possibilità di muoversi a piacimento tra i margini, stabilendo in questo modo un nesso profondo e significativo tra distribuzione del testo sulla pagina e la presenza di un corpo in movimento in un ambiente, aula, palco o marciapiede che sia. Caratteristica tutta, quest’ultima, dell’arte della danza.
Scongiurato quindi l’accostamento che spesso viene fatto tra poesia ed elementi sonori della lingua, Balavoine spalanca il campo all’analogia più desueta ma altrettanto potente tra poesia e danza.
Sovrapponendo la narrazione che Blanche fa di sé a elementi testuali rilevabili con l’occhio ci si approssima alla grammatica dell’albo illustrato: le poesie come immagini, infatti, si susseguono raccontando non solo a parole la vicenda di una ragazza alle prese con la propria ambizione, con i propri limiti, con una scuola di danza che la sottopone alle dovute pressioni ma che le permette anche di conoscere meglio sé stessa e il mondo, dentro e fuori.
Un testo giustificato al centro assomiglia a una ballerina che ruota in solitaria sul proprio asse per eseguire una piroetta. L’allineamento del capoverso lungo il margine sinistro ricorda la regolarità pedissequa degli esercizi alla sbarra, braccia e gambe libere di flettersi ed estendersi solo da un lato, mentre per rimanere dritto, si appoggia alla parete della sala prove. Oppure, un testo pieno, senza spazi, racconta il ritmo serrato e senza respiro di un’ossessione.
Al liceo coreutico Blanche ha modo di mettere in pratica tutta la sua dedizione. L’estenuante e disorientante alternarsi di lezioni di classico e hip-hop, storia e anatomia mette alla prova la sua determinazione, il suo talento, la stessa idea di danza. Sarà però l’incontro con Ada a destabilizzarla davvero. Ada, che rappresenta tutto quello che Blanche non è: presenza, ardore, dinamismo. Imprevedibilità. Ada e Blanche intrecciano un’amicizia profonda e misteriosa di cui è difficile cogliere la sostanza a parole. Tuttavia, la disposizione dei versi arriva in aiuto, descrivendo quel qualcosa che manca alla definizione ma che ugualmente avviene nella storia…gli elementi della danza – una spaccata, un flow, una improvvisazione - ispirano la disposizione del testo poetico che diviene raffigurazione di uno stato d’animo non ancora pienamente alfabetizzato, e anticipano la verbalizzazione di pulsioni, desideri e sentimenti di cui Blanche, e noi con lei, non abbiamo piena consapevolezza.
L’acquisizione più raffinata che è possibile fare è forse proprio questa, l’idea che il corpo possieda un’eloquenza primigenia e primitiva che precede la parola e passando attraverso l’occhio, la rende quasi superflua. Lo dice Blanche quando arriva a Marsiglia, lo sappiamo anche noi quando osserviamo i movimenti degli altri, lo si capisce leggendo il romanzo: non c’è sempre bisogno di nominare, definire, precisare, perché i corpi parlano per noi e a noi: non solo i corpi dei danzatori, ma anche il corpo del testo, soprattutto se svincolato dalle regole e giustificazioni proprie della prosa.
Grumi di parole materializzano lungo il bordo del foglio i bisbigli delle chiacchiere in un corridoio, liste serrate ricordano gli esercizi ripetuti allo sfinimento per inculcare un movimento, spargimenti di sillabe sembrano visioni dall’alto di teste che si muovono su un palco.
Quasi fossimo di fronte a uno strano ibrido a cavallo tra romanzo e albo si impara a farsi accompagnare nella storia di Blanche dalla superficie della pagina, con la stessa trepidazione di una ragazza che per la prima volta si muove al centro di una sala, quasi traducendo coreografie silenti in informazioni e contrappunti di vuoti e pieni, che integrano e completano quello che Blanche ancora non sa dire, ma che non per questo smette di provare: il primo amore, la mancanza feroce dell’approvazione di Ada, il desiderio bruciante di lasciarsi tutto alle spalle per compiere un passo ancora più grande e audace.
E se uscire di casa è stato un gran jeté che richiede tutto il coraggio e la disponibilità muscolare di una ballerina in divenire, vincere un’audizione, accaparrarsi un palco e una carriera da professionista sarà un’avventura possibile solo per chi, in possesso di una tecnica superiore, sarà capace di liberarsi definitivamente da dettami e vincoli e paure per abbracciare l’intera gamma di possibilità di movimento e di vita.
E così bruciamo è un romanzo di formazione scritto sulla pelle del testo e intendo: sulla parte visibile che, poeticamente, anticipa le vibrazioni messe in moto poi, in seconda battuta, dal significato esplicito delle parole che danzano sul foglio. Una rappresentazione impalpabile dell’adolescenza, età che non ha tempo per riflessioni e ponzamenti approfonditi, ma in cui si risponde, come in un passo a due, alle sollecitazioni per una sperimentazione libera di tutto lo spazio che c’è…
Giorgia
“E così bruciamo” Lisa Balavoine, (traduzione di Eleonora Armaroli),
Terre di Mezzo Editore 2025
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