CHE COS'È UN BAMBINO?
Le mie riflessioni espresse durante la tavola rotonda svoltasi a Più libri più liberi il 4 dicembre alle ore 16.30, organizzata dalle Biblioteche di Roma.
Penso, in tutta onestà, che cercare sia meglio di trovare.
E per questo, d'istinto, vado verso i libri che fanno domande perché
penso che le risposte possano essere molte e vadano trovate altrove.
Ecco, Che cos'è un bambino? è un libro che mi porta sempre altrove.
E ora accade di nuovo.
Ci
sono bambini di tutti i tipi, di tutti i colori, di tutte le forme.
I
bambini che decidono di non crescere,
non
cresceranno mai.
Avranno
un mistero dentro di sé.
I bambini e le bambine hanno un
mistero dentro di sé che li rende altro da noi adulti. Che li rende
incomprensibili, distanti, irraggiungibili.
Nikolaus Heidelbach, Cosa fanno i bambini? Donzelli 2011 |
Nikolaus Heidelbach, Cosa fanno le bambine? Donzelli 2012 |
Penso ai bambini
nei libri di Heidelbach, libri così poco amati dagli adulti, forse
perché in essi la loro presenza è programmaticamente esclusa.
I bambini di
Heidelbach agiscono in un mondo rarefatto, cristallizzato per meglio
cogliere l'essenza del loro essere, il loro passaggio nel mondo,
visto come un disabitato palcoscenico di teatro.
Nikolaus Heidelbach, Cosa fanno le bambine? Donzelli 2012 |
Loro attraversano
la scena, fanno piccoli gesti di grande eloquenza: urlano la loro
infanzia in un silenzio assordante.
Nikolaus Heidelbach, Cosa fanno i bambini? Donzelli 2011 |
Bambini con uno
sguardo obliquo, indecifrabile ai più, agiscono secondo logiche archetipiche,
rimestano nel profondo.
Possono essere
essi stessi considerati icone dell'infanzia.
I bambini
raccontati da Anthony Browne,
Anthony Browne, Il maialibro, Kalandraka 2013 |
o per spingerci oltre, i bambini
raccontati da Gaiman (e illustrati da Dave McKean)
non
differiscono molto. Si muovono in un mondo reale avvolti nel loro
immaginario impenetrabile.
Le loro relazioni
con il mondo adulto fanno scintille.
Un bambino ha piccole mani,
piccoli piedi e piccole orecchie, ma non per questo ha idee piccole.
Le idee dei bambini a volte sono grandissime, divertono i grandi,
fanno loro spalancare la bocca e dire: Ah!
Penso alle idee grandissime dei
bambini e delle bambine di Astrid Lindgren.
Pippi, Emil e Lotta, o Ronja o i
fratelli sull'isola dei gabbiani, Mirabell e Lisa.
Astrid Lindgren, Ingrid Vang Nyman, Pippi Calzelunghe, Salani 1988 |
Astrid Lindgren, Björn Berg, Emil il terribile, Salani 1996 |
Io immagino i bambini e le bambine della
Lindgren schierati come i contadini di Pellizza da Volpedo, che
marciano verso il sole dell'avvenire. Loro hanno rotto un argine,
hanno sfondato il muro del suono.
I bambini e le bambine della
Lindgren (che oggi hanno settant'anni) sono espressione di un mondo
nuovo, vivace e creativo, di un'infanzia che da oggetto si trasforma
in soggetto.
Dell'infanzia
raccontata dalla Lindgren colgo qui la trasgressione gentile,
generata da un desiderio incontenibile di libertà, libertà rispetto
alle regole degli adulti che Pippi e gli altri, sorridendo,
rispediscono al mittente, chiamandosene fuori in quanto bambini.
La
fortuna della Lindgren sta nella sua grande onestà intellettuale.
Lei ha detto spesso: Scrivo sempre i miei libri pensando a me stessa
bambina.
Donatella
Ziliotto, alla quale tutti noi dobbiamo Pippi & co., nonché la
traduzione italiana, scrive: «Pippi ha potere e comunica questo
appagamento ai lettori. Ha forza e denaro, ma è anche molto furba e
si serve di una sua speciale logica a sorpresa che fa apparire tutto
ciò che è normale e convenzionale meschino e ridicolo. In un certo
senso è il contrario di Alice, bambina logica e beneducata in un
mondo assurdo. Pippi è inaspettata e assurda in un mondo che segue
una logica tradizionale."
Astrid Lindgren, Beatrice Alemagna, Lotta combinaguai, Mondadori 2015 |
Astrid Lindgren, Pija Lindenbaum, Mirabell, Motta Junior 2007 |
"Anche
i grandi hanno strane idee in testa: farsi il bagno tutti giorni,
cucinare i fagiolini al burro, dormire senza il cane giallo. Ma come
si fa? Chiedono i bambini."
Oliver Jeffers e i suoi
bambini e le sue bambine che si perdono e poi si ritrovano, bambini LOST and FOUND.
Sono bambini e bambine che si misurano con il mondo e con il loro spaesamento o
estraneità ad esso, bambini in cerca di una rotta, di punti di
riferimento.
Oliver Jeffers, The Heart and the Bottle, HarperCollins 2010 |
Sono bambini e bambine 'piccoli'
in un mondo 'grande'.
Oliver Jeffers, Lost and Found, HarperCollins 2005 |
Attraverso il segno
solo in apparenza semplificato, attraverso testi ridotti
all'essenziale, Jeffers racconta un'infanzia 'sperduta' che è in
viaggio verso la costruzione e la consapevolezza di sé.
Oliver Jeffers, Lost and Found, HarperCollins 2005 |
Anche questi sono
bambini archetipici, sono icone dell'infanzia, ed è per questo che
intorno a loro c'è poco e niente.
I bambini e le bambine di Jeffers
chiedono in giro, trovano poche risposte nel mondo adulto, e in
qualche modo si attrezzano da soli per superare le difficoltà.
Sono in cerca di se
stessi e del loro cane giallo, che può avere la forma di un pinguino
o di un alce.
Oliver Jeffers, This Moose belongs to me, Philomel Books 2012 |
"Ci
sono bambini faticosi, odiosi, che non vogliono mai andare a dormire,
bambini viziati che fanno solo quello che vogliono, bambini che a
volte rompono i piatti, le scodelle e tutto il resto."
Sono loro, sono i
bambini e le bambine di Isol. Lontani da ogni oleografia, non sono belli, non sono
perfetti, non sono educati, non sono buoni, non sono gentili, non
sono lisci, non sono comodi. Ma sono bambini, a tutti gli effetti.
I bambini e le bambine di Isol
raccontano il lato oscuro, l'indicibile.
Isol, El globo, Fondo de cultura economica 2002 |
Appartengono a quella
categoria infantile che invece di apprendere le convenzioni, le
smonta, che invece di adeguarsi, si oppone. Sono, quel che suol dirsi
una spina nel fianco, un granello di sabbia in un ingranaggio che si
vorrebbe perfetto, ma perfetto non è.
Di Isol è apprezzabile
lo sguardo disincantato, cinico sui limiti dell'umanità.
Sempre graffiante, come
i suoi disegni, lontani da ogni leziosità, dà una lettura del mondo
inaspettata. Il suo umorismo, nero, è destabilizzante. E in questo
senso i suoi libri aprono sempre scenari nuovi su cui ragionare con i
bambini.
Con un segno di matita
veloce, il più delle volte impreciso, riesce a mettere sul foglio
sempre grandi temi. Lo spunto di partenza è sempre una risata, ma
poi, come se la sua matita fosse un bisturi, taglia in profondità a
voler guardare senza paura ciò che c'è dentro, senza timore e senza
mai distogliere lo sguardo.
E a proposito di
sguardo, in quello di Heidelbach, di Lindgren, di Jeffers e di Isol
mi pare sopravvissuto il guizzo imprendibile e scanzonato di ragazzo
o di ragazza nascosto o nascosta in un corpo di adulto.
A chi invece quello
sguardo lo ha perso, cada pure la testa!
Carla
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