Resistere
e poi reagire, cercando di salvare l'Umano: questo è stato in
estrema sintesi il senso delle parole, come al solito, intelligenti e
illuminanti che Goffredo Fofi oggi ha pronunciato per introdurre
l'opera di Fabian Negrin, uno degli artisti di maggior valore a
livello mondiale, esplorato nella sua produzione di libri per
ragazzi.
Nell'ambito
del salone dell'editoria sociale, alla sua terza edizione, oggi a
Roma intorno a un tavolo discutevano, in un incontro dal titolo I
BAMBINI NE SANNO PIU' DI NOI, Goffredo Fofi, Emilio Varrà e
Fabian Negrin su che cosa significhi creare un libro per ragazzi e
su come si possa lavorare sul loro immaginario.
Nell'introduzione
dai toni apocalittici, e come potrebbe essere diversamente?, Fofi
sostiene che l'unica strategia a tutt'oggi praticabile sia quella di
resistere, quindi reagire con l'intento di salvare il nocciolo
'umano' che è riconoscibile ancora nei bambini.
Negrin,
chiamato in causa dalla domanda di Varrà riguardo a come lui si
ponga di fronte a un pubblico infantile, ci ha fornito spunti di
riflessione molto interessanti.
Fondamentale
è il suo punto di partenza: i bambini sono altro dagli adulti.
Detta così, sembra una banalità, ma non lo è affatto se si segue
il ragionamento di Negrin.
Provo
a ripercorrerlo: i bambini, al contrario degli adulti, sono portatori
di un 'quid' di antico, di primordiale, di vergine, di atavico, di istintivo; sono
legati da un filo rosso a quelli che sono stati i primordi
dell'umanità, a quel luogo da cui tutto ha avuto origine.
I
bambini, nel loro stare al mondo, sono per questa ragione molto più
vicini agli animali, alle piante o ai minerali che non agli adulti. I
piccoli sono, nel loro essere 'nuovi' al mondo, ancora incorrotti e
quindi sempre uguali. Un bambino, in fondo, nasce così da sempre e
le sue modalità di conoscere il mondo, di costruirsi un immaginario,
fino ad una certa età, sono state, sono e saranno sempre le stesse.
Per poter comunicare con loro è fondamentale quindi mantenere sempre
teso questo filo rosso che li lega alla natura primordiale
dell'umanità.
Io
aggiungerei che forse questo quid atavico può corrispondere
in qualche misura a quel 'Umano' cui alludeva Fofi.
Nella
carrellata fatta su alcuni tra i migliori libri di Negrin sono
uscite cose molto interessanti riguardo al recente Chiamatemi
Sandokan!. Libro che per Negrin, oltre a essere un suo personale
omaggio a Salgari, è la dimostrazione che i libri siamo noi, ovvero
noi - nella nostra infanzia, ma non solo - scopriamo attraverso la
letteratura chi siamo. Racconta Negrin che ancora oggi lui è
convinto che Sandokan sia opera sua e non come si dice in giro, di
Salgari. Nella lettura dei bambini c'è identificazione.
Molto
diversa è la storia di In bocca al lupo:
è un libro nato intorno a 5 tavole che per Negrin dovevano avere il
senso di scardinare verità solo apparenti. In questo tipo di
prospettiva Negrin è davvero maestro.
Secondo
Negrin quando si crea un albo illustrato occorre lasciare un po'
aperta la storia, deve esserci dello spazio 'vuoto' che poi verrà
colmato o trasformato dalla seconda componente dell'albo, ovvero il
disegno. Così è nato In bocca al lupo.
Un albo illustrato è una miscela magica dall'equilibrio perfetto tra
due ingredienti. Prendiamo l'esempio della pizza: miscuglio raro tra
due ingredienti tra loro molto diversi. Parole e immagini in un albo
illustrato sono come acqua e farina che fanno una pizza.
Ulteriormente
Negrin ci illumina ancora di più sul suo concetto di albo
illustrato. Nel libro deve esistere una sorta di spazio vuoto tra
immagine e testo dentro cui si inserisce la testa, il pensiero,
l'immaginario del lettore.
Una
illustrazione che sia troppo didascalica - e Negrin ne stigmatizza i
limiti definendola quasi come una decorazione - è quanto di meno
narrativo si possa immaginare. Il disegno per Negrin, al pari del
testo, è un modo di pensare.
A
tale proposito, ha preso ad esempio l'ultimissimo libro pubblicato in
Italia Frida e Diego
(la storia di Diego Rivera e Frida Kahlo bambini e del loro viaggio
nel mondo dei morti. Eleonora ha preannunciato un suo post in
proposito). Si tratta di un suo personale omaggio al Messico, terra
da lui molto amata, scritto una decina di anni fa. Negrin ci
racconta che in origine si trattava di un racconto molto più lungo
che ha tagliato, volendo farne un albo illustrato. Tuttavia,
nell'omettere intere sequenze di racconto, esse sono comunque
sopravvissute, quasi suo malgrado, nelle immagini superstiti che, in
tal modo, portano in sè tanto non detto. Negrin, facendo proprie le
parole di Hemingway 'Tutto ciò che si cancella, rimarrà per
sempre', fornisce di fatto maggiore complessità all'albo, proprio
grazie a tale processo di eliminazione e taglio.
Frida
e Diego è pensato come un vero
e proprio racconto di formazione. La vicenda dei due bambini nella
notte dei Morti in un cimitero, con il successivo rocambolesco
viaggio sottoterra tra gli scheletri è di fatto un percorso di
formazione per entrambi. Al loro ritorno in superficie nulla è più
come prima.
Resta
aperta una questione: perché Negrin, che ama definire sé stesso un
essere molto antisociale, è chiamato a parlare in questa occasione
dove il Sociale è il perno di tutto?
La
risposta è facile: sociale è già di per sé l'atto di scrivere e
quindi pubblicare un libro.
Sociale
è la costante ricerca di qualità e di complessità che mette Negrin
in ogni suo libro.
Sociale
(perché estremamente onesto e lontano da ogni ipocrisia), ho trovato
il suo affermare una certa indifferenza riguardo al tipo di pubblico
potenziale destinatario dei suoi libri. Il suo lavoro finisce nel
momento che il libro è diventato libro. Chi lo sfoglierà distratto,
chi lo leggerà, chi lo amerà o lo odierà? Non è più affar suo!
Carla
Breve
noterella a margine: mentre scorrevano veloci queste due ore di
riflessioni sulla letteratura per ragazzi, scorrevano altrettanto
veloci le immagini di libri come: In bocca al lupo,
Occhiopin, Favole
al telefonino, L'ombra
e il bagliore, Capitan
Omicidio, La vita
intorno, Chiamatemi
Sandokan!, Frida e
Diego. Per chi non lo sapesse,
solo questi ultimi tre titoli NON fanno parte del catalogo di
Orecchio Acerbo. Seduta accanto a Fausta Orecchio, una delle due
orecchie acerbe di Orecchio Acerbo, gongolavo per lei. Ma non l'ho
guardata, perché tra timidi si fa così...
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