LE CHINULIDDE E IL PIACERE DI CUCINARE INSIEME
Quello che sto per raccontarvi è accaduto sabato 10 dicembre 2011. Da quel giorno sono stata presa da una crisi acuta di pigrizia che mi ha impedito di scrivere qualsiasi cosa e solo oggi, grazie a Carla che ogni tanto mi scuote con sms che sono un misto di affetto, minaccia e richiamo all’ordine, riesco a licenziare questo post.
Il 10 dicembre ho provato quanto sia piacevole, appagante e divertente cucinare in più persone. Grazie a Beatrice che ha messo a disposizione la sua spaziosa cucina ad Anguillara e a Cristina che ci ha dispensato i suoi insegnamenti, in quattro abbiamo preparato 247 chinulidde.
Intanto, che cosa sono le chinulidde? Sono dolci che si preparano in Calabria nel periodo di Natale per poterli offrire a chi verrà a far visita durante le feste. Per questo motivo se ne preparano molti così da non rimanere sguarniti. La parola significa ripienette e viene dall’aggettivo chinu (pieno). Si conservano a lungo: Cristina ci ha raccontato che una volta gli ultimi dolcetti sono stati portati al mare l’estate successiva, ed erano ancora buoni.
Cristina è arrivata con il ripieno preparato il giorno precedente. Era composto da:
6 barattoli da 250 gr di marmellata (si possono utilizzare marmellate varie di consistenza densa: arance, prugne, fragole ecc.)
750 gr di mandorle sbucciate
1 kg di gherigli di noci
1 kg di uvetta ammollata e strizzata
3 cucchiai di miele
2 cucchiai di cannella in polvere
3 cucchiai di mosto cotto (facoltativo)
Per ottenerlo Cristina a fatto addensare la marmellata sul fuoco e poi ha unito gli altri ingredienti quando era ancora calda.
Il dieci dicembre alle ore 14.30 abbiamo iniziato la preparazione della pasta mettendo in una pentola:
1 litro di olio extravergine di oliva
1 litro di vermut (tipo Martini bianco)
Il tutto è stato portato quasi a ebollizione. In base al lessico familiare di Cristina bisogna spegnere il fuoco quando il composto fa le spingulidde, gli spillini, cioè quando iniziano a formarsi proprio quei piccoli spilli di bollicine che partono dal fondo della pentola.
A quel punto, abbiamo versato in un grande contenitore di metallo 3 kg di farina tipo 00 e vi abbiamo unito il liquido sino a ottenere una pasta morbida che non si attacca alle dita. In verità abbiamo aggiunto la farina a poco a poco e ci siamo rese conto che ne erano necessari tre chili solo alla fine perché la capacità di assorbimento è differente in base al tipo di farina e al tipo di olio.
Abbiamo messo anche due cucchiai di sale e due cucchiai di cannella macinata al momento.
Nota a margine dell’impasto: Angela e io eravamo addette a impastare con due cucchiai di legno la farina e il liquido inebriate dai fumi del vermut mentre Cristina controllava ogni tanto la consistenza del tutto.
Ognuna seduta a un lato del tavolo abbiamo steso con il mattarello la pasta ritagliata poi con una grande tazza a mo’ di tagliapasta.
Una volta messa una cucchiaiata di ripieno, abbiamo piegato in due il tondo e l’abbiamo sigillato come si vede nella foto.
Beatrice si è occupata della cottura: ogni vassoio di chinulidde è rimasto per 25 minuti circa nel forno a 180 °C.
Ovviamente per terminare quella grande quantità di ripieno abbiamo impastato altri tre chili di farina con olio e vermut e alle 18.30 siamo arrivate al risultato di quasi 250 dolcetti!
Tra una chiacchiera e l’altra le ore sono volate, nella rilassatezza del gesto ripetitivo i racconti di vita sono scivolati creando un clima di confidenza e amicizia.
Questo è il mio augurio per il 2012: cercate di cucinare in compagnia; fa bene all’anima.
Lulli
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