NELLE
PIEGHE DEL TEMPO,
CERCANDO ANGELICHE CREATURE
Quando
ho finito di leggere il romanzo di Madeleine L’Engle, Nelle
pieghe del tempo, mi sono chiesta perché mai
l’editore Giunti sia andato a ripescare una storia degli anni ’60
che ripropone le tematiche della fantascienza di quegli anni. Romanzo
premiato a suo tempo e di cui è uscita anche una versione
cinematografica; ma lontana anni luce dalla sensibilità dei ragazzi
di oggi. In realtà questa pubblicazione è stata accolta con favore,
proprio perché ripesca un testo di grande successo di quegli anni.
La trama: tre ragazzini, un po’ strani, in realtà molto dotati,
figli di due scienziati, per ritrovare e salvare il padre, sono
costretti a seguire, giustappunto nelle pieghe del tempo, tre strani
personaggi, la signora Chi, la signora Quale e la signora Cosè;
insieme troveranno il padre dei ragazzi, rapito da un’entità
aliena che controlla le menti e ha l’aspetto, indovinate, di un
grosso cattivissimo encefalo (nel senso proprio di cervello). Non vi
dico quale sarà l’arma letale che metterà al tappeto il perfido,
posso dirvi che a me sono cadute le braccia. Un po’ di fisica
quantistica, un po’ di esoterismo new age, tanti tanti buoni
sentimenti. Sarà perché sono stata consumatrice vorace di storie di
fantascienza, non sono riuscita a farmi prendere da una storia che di
quel genere letterario prende gli aspetti forse più datati, senza
rendere giustizia ai molteplici spunti che in tale narrativa sono
presenti, e attualissimi.
Ma
non contenta di questa deludente lettura, so che sarò smentita e che
mi si dimostrerà che è un gran capolavoro, sono andata alla ricerca
di altre creature ‘metafisiche’, all’interno di un romanzo di
qualche anno fa di Neal Shusterman, scrittore americano già molto
apprezzato: si tratta di Everlost,
primo di una trilogia, dalla classificazione difficile, non fantasy,
non fantascienza, non romanzo realistico, fondato com’è sulla
descrizione di un mondo parallelo in cui sostano le anime che, dopo
la morte, per motivi diversi non vanno subito dove devono andare.
Nonostante il tema delle ‘anime disperse’ sia molto presente
nella produzione americana, compresa quella televisiva, ho apprezzato
molto che l’autore sorvolasse con eleganza sulla definitiva loro
destinazione.
Everlost,
dunque, è un non luogo per eccellenza, che accoglie, forse per
l’eternità i bambini e i ragazzini che sono rimasti sospesi fra
due mondi; è anche un luogo di paure, di mostri, veri o presunti, di
zone morte, ovvero edifici, oggetti, luoghi che sono migrati dal modo
reale a questo mondo sospeso; il gruppo più consistente delle anime
bambine si riunisce proprio nel fantasma delle Torri Gemelle, la
quintessenza della tragedia collettiva dell’America contemporanea.
Devo dire che questo forse è il lato più interessante di un romanzo
d’avventura raccontato con abilità da un autore sicuramente capace
di tenere il lettore ancorato alla narrazione: mi è sembrato il
tentativo di tener vivo il ricordo di un evento traumatico e nello
stesso tempo di proporre lo scioglimento del nodo di dolore, dicendo,
ci sono ancora, esiste un luogo della memoria che conserva il ricordo
di quello che era, delle persone che sono morte così inutilmente.
Nello
stesso modo ho trovato interessante la descrizione dei diversi modi
di affrontare una condizione per nulla felice, di eterna sospensione
fra due mondi: c’è chi si rassegna, c’è chi si ribella, chi
diventa un mostro e chi riesce a risalire dal centro della terra con
la forza della disperazione. Se si riesce a superare il momento di
diffidenza nei confronti di ambientazioni molto in voga nella
letteratura per teenager (angeli, più o meno caduti, streghe
innamorate, per non parlare di vampiri e licantropi), ne viene fuori
una storia che si legge con piacere, con i meccanismi oliati
dell’avventura.
Eleonora
“Nelle
pieghe del tempo”, M. L’Engle, Giunti 2012
“Everlost”,
N. Shusterman, Piemme 2009
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