domenica 17 febbraio 2013

 
ROCOCÒ


Si poteva resistere a dei biscottoni con un nome così?
Ma soprattutto, cosa hanno in comune questi dolci della tradizione napoletana legata alle festività natalizie con l'omonima corrente artistica?
Dalle mie ricerche sembrerebbe che l'elemento di congiunzione sia la loro forma assimilabile a quella di una conchiglia, in francese rocaille e di lì, rotolando appunto, fino a rococò.
Spiegazione riportata da più parti, convincente fino a un certo punto, specie quando si considera che l'origine della creazione della ricetta viene fatta risalire al 1300, e forse anche prima, ad opera delle monache del Real Convento della Maddalena, quindi molto prima che il 'rococò' in quanto tale potesse essersi diffuso fino a influenzare, per assonanza, il nome di un biscotto in area napoletana.
Peraltro invece, se la somiglianza con le conchiglie mi sembra discutibile, mi sembra molto più credibile la versione che vuole che il loro aspetto abbia ricordato le rocce utilizzate come abbellimento di padiglioni da giardino e grotte. Quindi un legame su quella strada forse realmente c'è, ma deve anche essere vero che per qualche secolo li hanno chiamati in un altro modo. 
Peraltro invece, se la somiglianza con le conchiglie mi sembra discutibile, mi sembra molto più credibile la versione che vuole che il loro aspetto abbia ricordato le rocce utilizzate come abbellimento di padiglioni da giardino e grotte. Quindi un legame su quella strada forse realmente c'è, ma deve anche essere vero che per qualche secolo li hanno chiamati in un altro modo.
Tutto questo è peraltro perfettamente napoletano, vale a dire un indistricabile connubio tra stratificazioni di alta cultura artistica e prosaici aspetti del vivere quotidiano in tutte le forme, dalle più sane e di base agli aspetti meno condivisibili. Cioè, almeno per me, l'aspetto più intrigante di quel luogo.
Al di là di tutto questo, qualsiasi sia il percorso che ce li ha portati fin qui, i biscottoni sono venuti bene, e appartengono forse proprio in ragione del loro percorso, al genere delle ricette di cui esistono molte varianti negli ingredienti e nelle loro proporzioni.
Questa che riporto mi è stata passata da amicizie in loco e il risultato è ottimo.

Ingredienti per circa 10 pz.
250 gr di farina
200 gr di zucchero
250 gr di mandorle con la pelle
5 gr circa di 'pisto' o in alternativa cannella+noce moscata+chiodi di garofano
1 cucchiaino di bicarbonato (la ricette prevede ½ di bicarbonato e ½ di ammoniaca per dolci ma io non sono riuscita a trovarla e comunque il solo bicarbonato funziona lo stesso)
1 arancia
sale
un uovo per la finitura

Iniziate tagliando a grossi pezzi la buccia di un'arancia e mettendola a bollire in circa un bicchiere d'acqua per una decina di minuti. Spegnete, fate raffreddare un po' e tagliate il tutto a pezzettini piccoli.

In una ciotola impastate la farina con l'acqua di cottura della buccia d'arancia e lo zucchero.
Fate attenzione alla quantità di acqua. Quella della cottura potrebbe non essere abbastanza per permettervi di impastare, quindi aggiungetene un po' alla volta fino a raggiungere la consistenza giusta, tenendo conto che ora che avrete finito di aggiungere tutti gli ingredienti, l'impasto sarà molto più bagnato di quanto vi sembri ora.
Tritate le mandorle più o meno finemente in relazione a quanto vi piace trovarvene poi dei pezzi nel biscotto, e aggiungetele al composto. Il mio consiglio è di tritarne una parte piuttosto fini, in modo che compongano così il gusto della pasta, e un'altra più grossolanamente.
Per ultimo aggiungete le bucce, le spezie il bicarbonato e il sale.

Non è facile pesare le spezie, la mia bilancia seppur elettronica, sui pochi grammi, ammesso che li rilevi, non è per nulla affidabile.
Indicativamente vi posso dire che per queste dosi potete mettere un cucchiaino pieno di cannella, uno raso di noce moscata e 5 o 6 chiodi di garofano che avrete ridotto in polvere (se non disponete di altro va benissimo un pestacarne). Dato che le spezie, insieme alla buccia d'arancia, sono il sapore dominante del biscotto, fatta una prima prova, starà a voi dosarle a piacimento.

A questo punto potete fare delle ciambelle di circa 8 cm di diametro che metterete su una teglia ben distanziate.
Spennellate la parte superiore con l'uovo sbattuto e cuocetele a 180° per circa 20 minuti.
Da calde vi sembreranno molto morbide, ma man mano che si raffreddano, e passano i giorni, se passano, diventeranno sempre più dure.
La consistenza migliore, a mio gusto, è quella dei primi due o tre giorni, rigide esternamente ma morbide internamente.
Si conservano in scatole di latta o sacchetti di carta.


Gabriella

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