LA DUREZZA DELLA GUERRA
Questo è forse il romanzo più duro di
Dowswell, già autore di Ausländer e de Il ragazzo
di Berlino, vedi qui, ma è intenso ed emozionante, con un
grande ritmo narrativo. In L’ultima alba di guerra racconta
le ultime ore della Prima guerra mondiale, una delle gigantesche
carneficine del Novecento. La racconta dal punto di vista di tre
ragazzi, e questo è uno degli orrori, due di sedici anni e uno di
diciotto: un americano, pilota, un inglese e un tedesco, fanti.
Tanto, tantissimo si è scritto nella
saggistica storica, per descrivere il primo orrore con cui il XIX
secolo si è presentato al mondo; nei recenti romanzi per ragazzi
l’argomento è trattato incidentalmente, per esempio ne La
Dogana Volante o L’estate di Abilene Tucker; qui,
invece, il cuore della narrazione è proprio la descrizione di queste
ultime ore di guerra che si snodano davanti agli occhi terrorizzati o
incoscienti di questi giovani, che abbandonano per sempre la
dimensione adolescenziale per entrare, loro malgrado, nel teatro di
una gigantesca tragedia, in cui non esiste ragione o pietà o
commozione, ma solo la speranza di tornare a casa vivi. La situazione
in cui sono rappresentati è paradossale: è stato firmato
l’armistizio, ma scatterà dopo alcune ore durante le quali la
guerra continua a falcidiare esseri umani. I due giovani fanti si
ritrovano a cercare di sopravvivere sui due versanti opposti di uno
scontro, il pilota americano tenta la sorte per abbattere un ultimo
aereo nemico. I tre, nel convulso finale, s’incontrano, nel
disperato tentativo di salvarsi. In questo intreccio di destini c’è
chi si salva e chi no.
La situazione di una guerra di trincea
è rappresentata con crudo e doveroso realismo, senza dilungarsi sui
particolari più crudi, ma senza risparmiare al lettore la sensazione
di angoscia e di distruzione che la guerra porta con sé. I colpi di
mortaio, le raffiche di mitragliatrice, i bombardamenti aerei causano
corpi martoriati, paura e sgomento e morti e ancora morti. E se
questo era già troppo, sono bastati pochi decenni per fare ancora
peggio. Per non parlare di quello che è successo negli ultimi
cinquanta anni.
Si può discutere a lungo
sull’opportunità o meno di rappresentare con realismo gli orrori
del mondo quando il lettore è un ragazzo, e qui, ovviamente,
parliamo di lettori ‘maturi’, dai tredici anni in su.
Personalmente ritengo che un adeguato vaccino alle sirene del falso
patriottismo, dell’inevitabilità dell’uso della violenza, sia
necessario, proprio perché i nostri figli non hanno alcuna nozione
della guerra, se non molto indiretta, non hanno sentito parlare di
fame, di prigionia, di paura; semmai, nel loro immaginario,
s’identifica con le immagini dei videogiochi. Quello che trovo
viceversa importante e decisivo è non mancare mai nel proporre la
speranza, la possibilità di uscire anche dalle situazioni più
difficili o comunque, se pure il sacrificio è necessario, come ne Il pianeta di Standish, non sia inutile e fine a se stesso. Qui, il
lieto fine è parziale, ma credo che non avrebbe potuto essere
altrimenti, a meno di perdere in credibilità. In altri casi, abbiamo
visto, il finale positivo manca del tutto, anche se nel descrivere la
realtà si sceglie un linguaggio poetico: è il caso, per esempio, de
Lo zoo di mezzanotte, vedi qui, dove la
dimensione fantastica, onirica vela di poesia un epilogo senza
speranza. Francamente ho avuto delle difficoltà a proporlo ai miei
giovani lettori, forse perché condizionata da quello che so su ciò
che è realmente avvenuto, mentre un ragazzo potrebbe non cogliere il
riferimento storico. Resto con questo dubbio.
Eleonora
“L’ultima alba di guerra”, P.
Dowswell, Feltrinelli kids 2013.
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