CORRENDO SUI TETTI
Ci
confrontiamo ancora con il tema della memoria, e con piacere, perché
finalmente si parla di una parte della nostra storia il più delle
volte ignorata. L’ultimo libro di Vanna Cercenà, Non piangere
non ridere non giocare, in uscita per Lapis, rientra nel filone
delle storie che riannodano i fili della memoria dispersa, con un
tratto di evidente originalità, scegliendo di affrontare un tema,
quello dell’emigrazione italiana, ampiamente rimosso. La storia è
ambientata in Svizzera, negli anni ’70, e riguarda la triste
condizione di una lavoratrice stagionale e della figlia, Teresa, a
tutti gli effetti una clandestina. La madre l'ha portata con sé per
disperazione, non potendola affidare alla nonna ed è costretta ad
imporle una vita da reclusa, poiché ai lavoratori stagionali è
vietato portare la famiglia, pena l’espulsione dal paese. Teresa
passa dunque le sue giornate annoiandosi nel sottotetto in cui vive
con la mamma, fino a quando non entra nella sua vita, passando dalla
finestra, un bel gattone rosso e dietro a lui un ragazzino poco più
grande di lei.
Da
questo incontro nasce un’amicizia avventurosa, con scorribande nel
quartiere e incursioni sui tetti, durante le quali la coppia di
audaci esploratori scopre i loschi traffici di un vicino di casa. La
piccola Teresa, combattuta fra paura e l'allegria della compagnia
conquistata, ritrova l'entusiasmo della sua età. Sullo sfondo, un
referendum in cui i cittadini svizzeri sono chiamati a votere la
limitazione della presenza di lavoratori stranieri.
Trovate
forse qualche analogia con il nostro presente e con la retorica anti
immigrazione che ha riempito le pagine dei quotidiani e gli schermi
televisivi per anni? Si, le assonanze sono impressionanti e a questo
proposito consiglierei di rivedere anche il film Pane
e cioccolata,
del ’73, ambientato in Svizzera e interpretato da un grande Nino
Manfredi. Le armi della retorica anti straniero sono sempre le stesse
e variano dal razzismo puro alla difesa delle sicurezze acquisite,
ritenute a rischio per la presenza di lavoratori stranieri. Questi
pregiudizi, queste strumentalizzazioni i migranti italiani le hanno
patite in tempi non remoti, ma a quanto pare invano. Molto giusta
l'attenzione che l’autrice mette sulla condizione dei bambini,
costretti, allora e oggi, a vivere in condizioni di semi
clandestinità e quando va bene di non cittadini, o quasi cittadini.
Solitudine, spaesamento, mancanza di punti di riferimento sono il
minimo che possa capitare. Ma, ad aiutarli, c’è pur sempre la
grande risorsa dell’amicizia fra bambini, non condizionata dai
luoghi comuni e dalle leggi astruse degli adulti. Se il tema è
impegnativo, l’autrice, che aveva già parlato dell'amicizia fra
'diversi' in Tre amici in fuga,
riesce a rendere la trama avvincente, con una scrittura scorrevole
che consiglia la lettura a partire dai nove/dieci anni.
Eleonora
“Non
piangere non ridere non giocare” V. Cercenà, Lapis 2014
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