SE SON FIORI, ROS(S)ERANNO
La lingua in fiamme,
Fabian Negrin
Orecchio acerbo 2014
POESIA
Bellissimo.
Ho perso una scarpa.
È scomparso il cappello.
Non trovo la sciarpa.
Hai visto il mio ombrello?
Ho perso gli occhiali.
Avevo un cappotto?
Non trovo i miei guanti.
Vado nudo, mi son rotto.
Ma adesso che le guardo
ho bellissime ginocchia.
E belle sono anche
cosce, natiche e capocchia
Mamma mia quanto sono bello!
E tutti i passanti (adesso lo noto)
mi osservano proprio per quello.
Chi vuoi si renda conto
che non porta il cappello
un uomo tanto, tanto bello?
Bellissimo, come
spesso accade, è l'ultimo libro di Fabian Negrin.
Sette poesie e una
decina di nonsense, un unico colore per le illustrazioni sulle pagine
avorio, il rosso, quello stesso rosso delle pagine con i testi.
Il rosso che, dato
a brevi pennellate riassuntive, come se fossero timbri esausti, sembra alludere alle
sanguigne rinascimentali, sfumate il più delle volte al fine di
conferire l'effetto di non finito.
Il rosso che nasce
da una lingua in fiamme.
Un
lingua, l'italiano, nelle mani di un argentino d'importazione. E
questo è il raffinato risultato. Un'ironia sottile di chi ha
guardato la lingua italiana nelle sue pieghe più nascoste e ha
saputo coglierne, con occhio scaltro, i doppi significati -e penso ad
anche oppure a porci
o a Marina che
marina la scuola-
o ancora i cambi di accento di
un capitano cui
capitano cose, mentre
la nave affonda, o ancora i cambi di vocale tra fretta
e frutta, tra segno
e sogno gli anagrammi
su gli sciacalli in chiusura, o quelle stelle che parevano amore
e invece ora somigliano
semplicemente a more...
Negrin
si è divertito negli anni a raccogliere in un cassetto giochi di
parole e nonsense che a Edward Lear e a Toti Scialoja fanno subito
pensare, ma accanto a questo materiale, si sono aggiunte anche sette
poesie.
Sul
filo dell'assurdo, piene di meraviglia, le sette poesie solleticano
il nostro immaginario e raccontano tra parole e immagini la
passeggiata di un vanesio, la noia di un bambino che aspetta qualcuno
che lo venga a chiamare per giocare, l'attesa della moglie del mare,
il cui arrivo si annuncia ogni sera con quell'acqua che filtra sotto
la soglia. E poi c'è Marina, che va a scuola (colta l'ironia?) e,
come in un gioco di scatole cinesi, entra in una poesia che contiene
una ragazzina proprio come lei che entra in una poesia che contiene
ancora un'altra ragazzina...per poi svanire.
Ma su
ogni cosa vince il guizzo crudele di quella bimbetta, marilyn, capace
di baciare un ragazzino e tenerne un altro per mano, cotto di lei che
la guarda inebetito, con un fiore in dono, e aspetta...
DIAMANTI
POCHI DI AMANTI TANTI!
Qui c'è tutto il mio Negrin preferito.
Carla
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