SE MANCANO LE PAROLE
Prime
ad essere espulse, inutile dirlo, le parole di origine straniera. La
Resistenza si organizza, una brava maestra prepara i suoi allievi
all'insurrezione e per farlo, li guida in diversi luoghi: da Capataz,
custode di antichi dizionari, da due vecchie insegnanti esperte in
etimologie, in radici greche e latine, infine nella fabbrica delle
parole, dove nascono i neologismi.
Ovvero
la lingua è un essere vivente, le parole hanno un'origine, una
storia, un continuo arricchimento dato dall'uso; mentre il rutilante
mondo contemporaneo provoca la nascita di nuove parole, o l'ingresso
di parole provenienti da altre lingue.
Cosa
resterebbe della nostra capacità d'espressione se davvero, per
esempio, eliminassimo le parole di origine araba, dallo zucchero
al cotone, allo zero fino all'azzurro?
Così
come la conoscenza delle radici delle parole, per noi soprattutto
greche e latine consente davvero di comprendere meglio, per esempio,
le parole della scienza.
Facile
a dirsi, molto più difficile spiegarlo ai ragazzini e alle
ragazzine, che considerano l'uso di un buon vocabolario come qualcosa
di assolutamente superfluo e che si accontentano di una lingua
parlata gergale e autoreferenziale, adatta cioè a riconoscersi nel
gruppo di amici. Verrebbe da dire Scialla, Erik, le cose
stanno così, viviamo in un mondo che dà poco valore alle parole.
Ma
Orsenna evidentemente prende sul serio la sua missione, iniziata con
La grammatica è una canzone dolce, proseguita con I
Cavalieri del congiuntivo e la Danza delle Virgole.
Parlare bene è pensare bene, è uscire dall'imprecisione e
dall'approssimazione, dal gergo, che pure ha una sua ragion d'essere,
e dalla banalità. La sua è una bella sfida, far comprendere il
senso della grammatica corretta o di un buon lessico, divertendo i
giovani lettori e le lettrici attente con una cornice narrativa che
consente di presentare le diverse tematiche con leggerezza e una
buona dose di ironia. Forse sono testi che acquistano valore
soprattutto nelle mani di insegnanti intelligenti, che li sappiano
usare come introduzione divertente ad uno studio che può sembrare
astratto e noioso.
Ma come
dice giustamente l'autore, Cosa sarebbe l'amore, senza parole
d'amore?
Condivido
in pieno e, presa dall'entusiasmo, potrei quasi esprimere il buon
proposito d'inizio anno: parlare italiano, almeno provarci.
Eleonora
“La
fabbrica delle parole”, E. Orsenna, Salani 2014
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