martedì 27 gennaio 2015

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


16 OTTOBRE '43


Roma, 16 ottobre '43, il rastrellamento del ghetto: nella mia memoria c'è il racconto dell'omonimo resoconto scritto da Giacomo Debenedetti nel '44. Mi è rimasto impresso di quella lettura la presenza di un velo di leggenda, sovrapposto al resoconto veritiero di quello che è successo.
Ora Anna Foa, storica molto conosciuta, ci racconta proprio quel giorno in Portico d'Ottavia, pubblicato da Laterza nella collana Celacanto. Anche qui un'atmosfera sospesa fra la realtà della ricostruzione storica e l'immaginazione.


Tutto si svolge in un palazzo del Portico d'Ottavia, conosciutissima via del ghetto romano; lei ora ci vive e immagina di vederlo come era, come ci si viveva negli anni della guerra. Le si presenta una bambina, sembra un fantasma, che, come una sorta di Virgilio, la accompagna di casa in casa, racconta della solidarietà di quelle famiglie, di come si industriavano per sopravvivere al tempo delle leggi razziali, sembra di sentire le voci delle donne e dei bambini che giocano in cortile.
L'armistizio di Badoglio e l'occupazione nazista cambiano velocemente le cose, gira la voce che presto ci saranno dei rastrellamenti.


Addirittura un fantasma mette in guardia i giudei, ma anche voci di strada diffondono l'allarme; all'alba del 16 ottobre i nazisti si presentano al ghetto, facendosi beffe dell'oro versato dagli ebrei per conquitarsi la salvezza: chi può, aiutato dai vicini affacciati alle finestre, che li guidano dall'alto, scappa sui tetti, nei vicoli, si rifugia nelle chiese, nei conventi; chi non ci ha creduto, chi non fa in tempo, viene catturato. Sono circa mille gli ebrei romani rastrellati quel giorno e solo in sedici hanno fatto ritorno.

Chi ha condotto Anna Foa per mano nella rievocazione di quel giorno drammatico è Costanza, una di quelle che son riuscite fortunosamente a scappare e a rifugiarsi nella chiesa di San Benedetto.
Sembra una favola, una storia leggendaria ed invece è andata proprio così; questa città, in cui si mescolano cinismo e generosità, questa città che sembra digerire ogni tragedia, in cui sembra esistere solo olimpica indifferenza, ha visto anche questo, è stata lo scenario di una giornata tragica, in quegli stessi luoghi in cui ora piacevolmente si passeggia.
Efficaci le immagini di Matteo Berton, le diverse prospettive che raccontano il palazzo, le sue scale, i tetti su cui fuggono i più fortunati, in questo grigio scuro di un'alba piovosa, e poi l'incedere marziale delle SS, dalle cupe uniformi, gli stivali che colpiscono le porte, i fucili ben in vista. Il grigio e il rosso romano, il bianco delle lenzuola stese, emblema di vite interrotte, spezzate.


Anna Foa è davvero brava nel coniugare la fedele ricostruzione storica e una narrazione 'leggera', una sorta di favola triste ed emblematica.
Anche questo episodio è una parte importante della storia millenaria della nostra città: raccontare, far vedere, ricordare è rendere giustizia a chi ha subito questo orrore e a quella parte di città che ha saputo comportarsi con umanità.


Eleonora

“Portico d'Ottavia”, A. Foa, M. Berton, Laterza 2015


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