ALBERO GENITORE
Pinocchio prima
di Pinocchio, Alessandro Sanna
Orecchio acerbo 2015
ILLUSTRATI
"C'era una
volta un pezzo di legno, direte voi lettori. Invece no! C'era una volta
l'universo."
Un'esplosione fredda,
in un cielo già blu con milioni di frammenti che si proiettano in
tutte le direzioni. La traiettoria di uno di questi è visibile e ne
possiamo seguire l'impatto sulla crosta della Terra. Da esso non si
genera fuoco e distruzione ma, al contrario, esso è portatore di
vita. Dal suo lampo luminoso nasce uno stelo nero che cresce sullo
sfondo di un cielo illuminato da albe e tramonti primordiali, fino a
diventare un albero esile e invernale.
Il verde plumbeo che
incombe è attraversato da un fulmini. Una saetta luminosa, che resta
in dubbio se arrivi dal cielo o sia segno di una esplosione interna
all'albero stesso, segna il cambiamento di stato.
Tra quei rami, ora da
vita nasce vita. La vita quando nasce è esplosiva. E non di gemme come vorrebbe la Natura, ma di una
creatura legnosa, con due braccia, con cui accenna un saluto
all'albero genitore, e due gambe che lo portano subito lontano.
Ed è qui che nasce il
legame con una storia che custodiamo nel nostro immaginario:
Pinocchio. Da qui in poi si segue l'evoluzione di una esistenza
precisa. Si ripercorrono le tappe conosciute, in una sorta di
Ur-narrazione: gli incontri con il gatto e la volpe, prima che
diventassero il Gatto e la Volpe, con il mangiafuoco, con il
serpente, con il grillo, con il colombo e con il pescecane. Sono
tutti espressione di una loro esistenza prima dell'esistenza stessa,
quando li abbiamo conosciuti noi come quel preciso Grillo, quel
preciso Serpente, quel preciso Colombo. A testimoniare e ricordare al
lettore che siamo in una fase primigenia c'è sempre sullo sfondo un
cielo da alba boreale che toglie il fiato da quanto è bello.
Così come avviene nel
Pinocchio, assistiamo anche qui a un percorso di crescita attraverso
il tempo che scorre e un intreccio narrativo che diventa sempre più
complesso e articolato per le molte presenze che si vanno ad
affiancare al protagonista, quel legno antropomorfo.
Lui attraversa
veloce, come se sapesse che in fondo c'è il suo traguardo per
diventare Qualcuno, l'aria, l'acqua, il fuoco e la terra. Corre,
scivola, nuota, rotola, vola, ma va sempre in avanti.
E quando il
cielo alle sue spalle diventa un cielo conosciuto, azzurro di
primavera, con qualche cirro che lo attraversa, e quando la terra
smette di essere plumbea o ghiacciata, e diventa un prato fertile, il
legno rallenta, si copre di teneri germogli e poi foglie, e capisce
di essere arrivato a destino. Si ferma e mette radici. In cima ai
suoi pensieri c'è già una storia, che è storia nota.
Alessandro Sanna
talvolta sceglie di misurarsi con temi enormi. Penso
a Fiume lento e al tema delle proprie radici profonde.
Qui alza ancora di più
il tiro e mira al tema per eccellenza: l'origine della vita. E lo fa
frugando nell'intimo suo, ma anche in quello di ognuno di noi,
prendendo a spunto un archetipo del nostro immaginario, Pinocchio. E
che archetipo, vien da pensare! La storia che meglio di altre ha
saputo raccontare la vita, come percorso di crescita di ogni creatura
portatrice di nome e di intelletto.
Quando si vuol
raggiungere una vetta così alta, non servono le parole, che
potrebbero rivelarsi riduttive e frenanti nell'ascesa, e infatti
Sanna tace, o quasi. Servono, invece, i colori che vanno diritti
all'anima di chi guarda. E Sanna, con il colore che trascolora di
continuo, racconta l'universo, questo mondo nuovo nuovo, pieno di
esplosioni ed emozioni incontenibili.
Il ritmo è quello di una danza
cosmica su cui si potrebbe immaginare una musica d'orchestra tonante.
Si percepisce un ritmo, dunque. E Sanna questo ritmo lo crea in
pagine raccontate con brevi tocchi, veri e propri pizzichi sulla
corda di uno strumento, che poi 'esplodono' in tavole intere, in cui
il segno, il colore e la musica diventano sinfonia.
Eppure in questa
esplosione di colori, in questo contesto cosmico, Sanna trova anche
la misura del gesto piccolo, intimo, quasi impercettibile, nel
raccontare Pinocchio prima di Pinocchio che però è già Pinocchio.
Mi riferisco in particolare a una tavola, quella con un cielo rosa
cupo, quella in cui il pezzo di legno ha già un'anima e corre
lontano dall'albero genitore. Sfido tutti a non pensare
immediatamente a lui, guardandolo in quella corsa sfrenata verso la
vita, appunto. Ed è curioso, ma in quell'albero che resta al margine
del foglio, che lievemente si tende verso destra, che denuncia il suo
vuoto dato dal recente distacco di una parte di sé, mi pare di
vedere le braccia tese e le spalle basse e inermi di Geppetto che lo
guarda andare sicuro per la sua strada...
Il segno che siamo di
fronte a un'opera d'arte che dimostra con forza il suo valore di
'creazione' d'autore, unica, sta di nuovo in un dettaglio: quella
firma in copertina, non racchiudibile in un carattere a stampa che la
renderebbe tutto sommato seriale, di fronte alla quale non resta che
inchinare leggermente la testa con grande rispetto.
Carla
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