IL SORRISO DELLO YETI...
Lady Agata e i tanto abominevoli yeti
gentili, Eva Ibbotson
(trad.
Alessandro Peroni)
Salani, 2016
NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)
"...e Agata non aveva paura.
Così si alzò e si diresse con la massima tranquillità verso lo
yeti. Poi si chinò in avanti e gli appoggiò la mano sul braccio,
sprofondando fino al gomito nel pelo lungo, fresco, setoso e
pungente: un oceano di pelo.
Lo yeti allungò la testa verso la
ragazza, soffiò delicatamente per scostrasi il pelo dal viso...e
Lady Agata divenne il primo essere umano a vedere in faccia uno
yeti."
Lady Agata
Farlingham, figlia di un conte inglese celebre cacciatore di piante,
si trovavava con suo padre sul Nanvi Dar, durante una delle sue tante
spedizioni scientifiche. E fino a poco fa dormiva pacifica nella sua
tenda quando un esemplare di maschio adulto di yeti l'ha prelevata
con l'intento di affidarle la cura e l'educazione di una piccola
masnada di giovani yeti, i suoi piccoli. Rimasti orfani di madre.
Lady Agata è una ragazzina di animo nobile e non può assolutamente
sottrarsi a questo compito. Quei tre piccolini hanno bisogno di lei
(e forse anche papà yeti, e nonna e zio Otto, gli altri tre adulti
di quella famiglia).
Partendo dalla
constatazione diretta che gli yeti non sono terribili come la
leggenda narra, Lady Agata decide di rimanere con loro. A chi la
cerca invano senza sapersi spiegare la sua sparizione, non resta che
un calzino azzurro, perduto la notte del rapimento....
Gentilezza,
affetto, cura, attenzione, dedizione e una certa fermezza da
istitutrice inglese fanno sì che in breve Lady Agata ottenga grandi
risultati dai suoi tre piccoli e anche immensa gratitudine da parte
di papà yeti che in lei dimostra sconfinata fiducia. Ora i piccoli
sanno parlare, sanno comportarsi educatamente e soprattutto,
assecondando la loro indole pacifica, diventano fenomeni di
gentilezza. Tutto quello che sanno, lo debbono a lei.
Tutto sarebbe
andato avanti così bene per l'eternità, se non che arrivò
l'imprevisto: nonostante gli yeti abitassero in una valle
sconosciuta, la loro presenza fu notata da uomini sempre in caccia di
fenomeni. Agata sa che per la sua famiglia di yeti sarebbe stata la
fine. La soluzione che la vecchia signora propone è quella di
affidarli a Ellen e Con, due intrepidi ragazzini, perché li portino
in salvo nella sua tenuta di Farley Towers nell'Hampshire. Agata non
andrà con loro, troppo vecchia. E non partirà neanche papà yeti,
per starle accanto fino al suo ultimo respiro. E' un debito di
riconoscenza che ha veros di lei che così tanto ha fatto per la
famiglia adottiva.
Da qui comincia la
rocambolesca avventura di cinque yeti di età differenti, due
ragazzini, un camionista coraggioso e uno yak, diversamente furbo.
E' quasi un'ovvietà
dire che i libri di Eva Ibbotson siano bei libri, ma questo in
particolare, pubblicato postumo, si distingue per saper infondere nei
lettori e nelle lettrici un senso di appagamento diffuso.
Fin dalle prime
pagine in cui ci si trova catapultati come se nulla fosse, in uno
scenario piuttosto inverosimile, si partecipa con trasporto al
percorso educativo dei piccoli da parte di Lady Agata. Ci si
intenerisce per le abitudini che prendono i piccoli, ma nello stesso
tempo, senza parere, ci si trova di fronte a un modello pedagogico
che dovrebbe far ragionare piccoli e grandi. In questa prima porzione
di storia, la parte che di più ho amato del libro, i confronti con
alcuni capisaldi della letteratura classica britannica dei primi del
Novecento mi è parso immediato: un po' Wendy e un po' Mary Poppins,
Lady Agata è la vera protagonista del racconto, anche se da prima di
pagina 50 esce formalmente di scena. Nel prosieguo della storia, dove
parte il romanzo di avventura vero e proprio, lei è sempre
nell'aria: resta di lei l'insegnamento, i principi, i valori e il
ricordo indelebile di una persona che ha contato nella vita di tutti
loro.
Questa capacità di
dare spessore al tema del ricordo di chi non c'è, del legame che va
al di là del tempo e dello spazio, è palpabile sulla pagina e
forse è il naturale riflesso di un suo personale stato d'animo alla
morte del marito Alan, con cui aveva trascorso felicemente
cinquant'anni della propria esistenza.
Nel racconto della
fuga verso la salvezza in Inghilterra ritroviamo la Ibbotson 'vecchia
maniera', ovvero creatrice di mondi paradossali, divertenti, ironici.
Ma anche qui corre sottotraccia una riflessione sul tema del
perseguitato in cerca di un posto dove stare. Ebrea di nascita, viene
facile stabilire un nesso tra gli yeti chiusi nel camion e i carri
bestiame, ma ancora di più può leggersi come una sorta di
premonizione di quello che la realtà quotidiana ci racconta riguardo
all'esodo dei migranti dal Sud del mondo verso il Nord.
In qualche modo
sovrapponibile il suo racconto sulla cella frigorifera del camion che
sta introducendo illegalmente in Inghilterra un gruppo di yeti con i
racconti di chi un viaggio del genere lo ha fatto davvero.
Il divertimento, il
gusto per l'assurdo, l'ironia, l'avventura pura, come pure la
freschezza della scrittura (un applauso a scena aperta a Peroni che
l'ha tradotta da par suo) sono elementi costanti nei libri della
Ibbotson, e sono forse la parte che di più colpisce, ma altrettanto
costantemente le va riconosciuto il merito di saper creare un
intreccio sotterraneo di temi importanti ogni volta che ci racconta
una storia.
Carla
Noterella al margine: che inutile viluppo il titolo italiano se messo a confronto contro l'efficacia della sintesi in inglese The abominables!
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