CIAO, TU
Yeti, Taï-Marc Le
Thanh, Rebecca Dautremer, (trad. di Guia Pepe)
Rizzoli 2017
ILLUSTRATI
"Ci penso ogni
giorno.
E ogni notte.
A volte mi chiedo
cosa potrei dirgli se lo incontrassi.
'Buongiorno'? Anzi,
'Buongiorno, Signore'?
E se fosse meglio
non dargli troppa confidenza?
Gli stringerei la
mano. O lo saluterei con un bacio?"
Appoggiata
alla ringhiera del balcone della sua casa verde speranza, questa
ragazza pensa sempre a lui, allo yeti. E lui, acciambellato, è al
portone.
Durante
il viaggio in treno che la porta ai piedi di una grande montagna, lui
occupa due sedili più in là. Come guida, la ragazza ha un bimbetto
e un cane, che - al contrario di lei - lo yeti e la sua incombente
ombra li vedono e forse li temono. L'attraversata nel bosco, la
risalita in teleferica, sono sempre controllate a vista dal grande
yeti che neanche per un secondo la lascia sola in questo suo lungo e
pericoloso viaggio...
Arrivare
in vetta è impresa ardua, forse impossibile se non ci fosse una
grande mano che la sostiene nei momenti di vuoto.
E,
arrivata caparbia, in cima il suo desiderio si trasforma in
trepidazione: un breve richiamo Uh, uh, Signore? e poi l'attesa che
la tiene sospesa là in capo al mondo (dove non ci si può spingere
oltre). Quindi la decisione di attendere quanto sarà necessario e il
magnifico presentimento, quasi una presenza avvertita. Non resta da
fare altro che contare fino a tre e poi voltarsi: uno... due...
tre...
Un
libro sull'amore, sul primo amore, che colpì molte generazioni di
lettori fu Ciao, tu.
Scritto a quattro mani da Piumini e Masini, la storia di Michele e
Viola che tra i banchi di scuola si indovinano, si scoprono si sanno,
diventa libro di culto in pochissimo tempo perché racconta la
bellezza nel gioco ideato tra i due che 'ufficialmente' non si
conoscono e riconoscono, ma nella ricerca si scoprono a poco poco
con una lenta seduzione fatta solo di parole. Il libro di Piumini e
Masini, meraviglioso in ogni sua parte, consta di un finale che tanto
ricorda quello pensato per Yeti. Il presentimento di qualcuno alle
spalle, il contare uno, due e tre e alla fine girarsi e scoprirsi.
Dare un viso all'amore, dare un viso alla propria felicità di quel
momento.
Ancora
una volta sono qui a dire che non credo sia un caso questa analogia
così stringente. Analogia che mi permette di proporre una lettura,
una delle tante possibili di questo nuovo libro della coppia Le
Thanh-Dautremer, in chiave metaforica.
E
ancora una volta sono qui a dire che un filo narrativo che potrebbe
sembrare sottile si rivela al contrario fortissimo e pronto a tenere
insieme legami inaspettati e fertili.
La
figura mitica dello yeti può essere un pretesto, un meraviglioso
pretesto, per ragionare sul significato che ha la ricerca, e nella
fattispecie la ricerca dell'altro, le molte incognite di cui è
disseminato il percorso, il traguardo, nella fattispecie verso
l'amore, sia esso il più tenero ed effimero 'primo amore', sia esso
quello più consapevole che vorremmo 'per sempre'.
Sempre
di viaggio si tratta, viaggio interiore, sempre da mille domande è
scandito, sempre di inarrivabile conquista ha il carattere. E non
sono forse questi gli elementi che Taï-Marc Le Thanh mette in bocca
a quella fanciulla intraprendente e sognatrice? Non è forse la
ricerca dell'altro, o più in generale la ricerca della felicità,
per gran parte creata da una nostra costruzione che con il mito ha
molto a che fare? E dunque lo yeti ne può essere incarnazione
leggendaria, se davvero in nepalese significa 'quella cosa là'?
Che
la Dautremer abbia colto l'occasione offertale dai molti non detti
del testo per creare a sua volta un gioco visuale con prospettive,
ombre, dettagli che dichiarano il tono 'sospeso' del racconto mi pare
evidente. Personaggi che sono disegnati e non vengono visti, valigie
che cambiano di colore a ogni pagina, paesaggi irreali, picchi
scistosi o cairn megalitici per acrobati esperti sono tutti elementi
che contribuiscono a dare un profilo onirico all'intera vicenda.
In
una rinnovata, quanto armonica sensibilità cromatica che predomina
in chiave puramente estetica su ogni tavola.
Insomma,
gran bel libro.
Carla
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