IN VIAGGIO CON PINOCCHIO
Questa è davvero un'eccezione che vien fatta in un blog che per statuto si è dato quello di ragionare di libri, quelli di carta, sulle loro figure, sui loro contenuti.
Dopo aver fatto un paio di viaggi lunghi in macchina e aver ascoltato attenta attenta Il posto di Annie Ernaux e poi Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e aver sbuffato un po' a un giallo ambientato a Foggia, di cui non ricordo il titolo e men che meno l'autore, non posso far finta di niente e continuare a ignorare gli audiolibri.
Vivo con un lettore compulsivo che ha gioito quando ha capito che la sua biblioteca poteva diventare smisurata e potenzialmente infinita e nello stesso tempo essere tenuta in tasca, stipata in un rettangolino sottile di plastica rigida con svariati pixel su un lato. Quando poi questo stesso lettore ha scoperto che durante i suoi lunghi viaggi in macchina come compagni di solitudine poteva contare sul principe di Salina o sulla professoressa francese ha ri gioito.
In macchina con lui però sono saliti anche Toni Servillo e Sonia Bergamasco.
Loro hanno dato voce ai libri citati.
E resta da chiedersi se siano stati capaci di mettersi comunque a sedere 'dietro' al libro letto ad alta voce per il docente pendolare? Io, una mia idea la ho.
In tutta onestà, testati sul campo, gli audiolibri sono utili, piacevoli, risolutivi per un pubblico avvezzo. Riempiono di senso momenti della giornata che di senso non ne hanno e hanno il pregio, rispetto a programmi di culto come Ad Alta Voce dentro Fahrenheit, di essere sempre pronti all'uso (evitando il podcast a cui peraltro va dato merito di essere lì sempre a disposizione).
E sul pubblico non avvezzo che effetto hanno? Non ho casistica sufficiente per dire qualcosa. Malgrado ciò, devo tenere presente che io per mestiere mi rivolgo a una precisa fetta di pubblico non avvezzo (con la non recondita speranza che lo diventi, prima o poi, avvezzo): i bambini e le bambine.
E allora è normale che io mi interroghi su qual è l'uso sano che loro possono fare di un audiolibro? E quale quello che possono farne soprattutto i loro adulti di riferimento?
Provo a elencare un paio di riflessioni in merito.
Gli audiolibri sono libri, che del libro hanno perso alcuni importanti elementi, e che per questo motivo vanno usati diversamente. D'altro canto ne hanno acquistato degli altri che li rendono oggetto interessante da studiare.
Devo necessariamente schematizzare ma direi che gli audio li hanno perduto 1) la consistenza materica del libro, il suo formato (la cura grafica è un valore riconosciuto e perseguito in particolare dalle piccole case editrici di qualità) 2) hanno perso il codice iconico. Niente più figure a suggerire ulteriori dettagli non presenti nel testo, a creare suggestioni, a solleticare il nostro imaginario e la nostra educazione al visivo e al bello. Ne consegue che essi 3) hanno perso la relazione dell'immagine con il testo che tanto importante è per lo sviluppo del pensiero, 4) hanno perso la condivisione che si esplica nell'atto del leggere assieme. Forse sarebbe più corretto dire che gli audiolibri hanno messo in disordine i ruoli canonici tra lettore e autore, ma soprattutto in ambito strettamente emotivo tra lettore e ascoltatore. Per questa ragione mi piacerebbe pensare a un adulto che con un piccolo ascoltano insieme la medesima lettura e non piuttosto un adulto che si defila, delegando all'audiolibro l'intrattenimento e l'occupazione del bambino 5) hanno azzerato il tempo personale del lettore. Con un audiolibro mi riesce difficile immaginare un ruolo così tanto attivo da parte dell'ascoltatore che lo porti a tornare indietro o andare avanti a proprio gusto. In questo senso l'audiolibro rischia di impigrire il lettore non particolarmente appassionato.
Per converso gli audiolibri 1) hanno conquistato tempi altrimenti dedicati alla noia. Bene, anche se io personalmente lo considero un peccato, parlando di infanzia, 2) si stanno conquistando il ruolo di 'fratelli maggiori' che affiancano e sostengono il lettore in erba o il lettore con difficoltà che fatica nella decodifica della pagina scritta 3) hanno dalla loro una coloritura, a volte interpretativa ma sempre abbastanza onesta, data dalla voce che nella pagina scritta e silenziosa si perde, 4) hanno ampliato il raggio di 'esplorazione' letteraria, alleggerendo di fatto l'esercizio del leggere (e del cosa leggere), 5) hanno il merito di sottolineare il valore 'sonoro' della lingua. Ma questo è merito che viene loro riconosciuto da lettori già forti, in cerca di raffinatezze letterarie.
In tal modo i due piatti della bilancia sembrano essere in equibrio, tuttavia mi pare evidente che i due oggetti, il libro di carta e l'audio libro, siano piante molto diverse tra loro che condividono il terreno che le nutre ma che, appena sopra la sua superficie, si differenzino parecchio.
La stessa differenza che esiste tra il leggere e il narrare. Non è poca.
Basta saperlo e prenderne atto.
A quel che capisco la casa editrice 'storica' per gli audiolibri è Emons, cui fa seguito Salani. Più piccola ma ben diffusa è la collana degli audiolibri di classici, curata da Biancoenero Edizioni. Tuttavia, mi piacebbe sottolineare che ci sono anche esperienze piccole, minuscole ma curate, come quelle di Locomoctavia di Daniele Fior (con la chitarra di Francesco Catalucci) di cui ho sentito, capitolo dopo capitolo (non più di 5 minuti ciascuno) i 36 che raccontano in tre magnifiche ore che volano il Pinocchio di Collodi.
Un dubbio resta, ma non è ancora tempo per scioglierlo. Contribuiscono gli audiolibri alla costruzione di un lettore o di una lettrice? La risposta potrebbe arrivare fra qualche anno.
Intanto, continuiamo a leggere e ad ascoltar leggere.
Carla
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