lunedì 30 ottobre 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


QUANDO LA VESPA PERSE IL SUO VITINO

Minimalario, Pinto & Chinto (trad. Elena Rolla)
Kalandraka 2017


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)

"C'era un cervo che aveva perso un corno in un combattimento. Al suo posto mise un attaccapanni, fissato con il nastro adesivo. Tempo dopo, un boscaiolo trovò il corno nel bosco. Se lo portò a casa e lo usò come attaccapanni."


Ma c'era anche un cavallo che specchiandosi nel mare e vedendo un cavalluccio marino notò, non privo di acume che, nell'acqua di mare ci si vede più piccoli che nell'acqua di fiume. Ma c'era anche un corvo vittima delle sue paure e un coccodrillo che sapeva per certo cosa non avrebbe voluto essere da grande e un passerotto che sapeva far bene le moltiplicazioni. E poi c'era un riccio che, essendo figlio unico, per giocare a pallone si appallottolava e giocava a palla da solo. Ma ci sono anche ottime pecore nere che, da anziane, possono diventare bianche, e cancellare con un colpo di spugna un passato scapestrato. Ci sono pure mosche nella minestra, vespe nei dolci e chiocciole lucciole e armadilli che vanno spesso dal medico. E poi c'è lui, un maiale davvero geniale che, invitato a un ballo in maschera, non avendo i soldi per comprarsi il vestito, con il fango si dipinge una riga marrone sulla schiena e va al ballo vestito da salvadanaio.



Sono centoquattordici storie per centoquattordici animali diversi (e grazie a Minimalario imparo che porcospino è sinonimo di istrice e non di riccio). Storiette, poco più corte di quelle di Malerba e poco più lunghe di quelle di Scialoja, che si sono date come limite invalcabile la dozzina di righe di testo.
Tutte puntano a un esito comune: una risata divertita.
In un regime di felice quanto estrema sintesi, che tanto pesca nella favola, i modi per ottenerla, questa risata, spaziano dall'ironia al nonsense, si servono di giochi di parole, fin dal titolo, ricorrono all'assurdo, al paradosso. Ed è questo, l'assurdo, ovvero il ribaltamento di ogni logica, il registro che mi pare più apprezzabile e quello più consonante con il modo di leggere il mondo da parte dei ragazzini. Penso che se non l'avesse scritta Carlos Lópes, in arte Chinto, la potrebbe aver pensata un ragazzino o una ragazzina di otto anni la storia della lucertola che, stanca di essere inseguita dai predatori, decide di non farsi ricrescere la coda. La coda però, in totale autonomia, decide di farsi ricrescere la lucertola. Per la gioia di un altro predatore, si può immaginare.
Accanto all'assurdo e al paradosso, si gioca con il buon senso esasperandolo fino a farlo diventare dabbenaggine, quindi comico. Penso a quel visone che davanti al cacciatore trema così tanto di paura che il cacciatore pensa che se trema così un visone deve avere molto freddo e quindi ne ricava che quello non è l'animale con la pelliccia adatta per scaldare un uomo. E lo risparmia.
La risata talvolta vira nell'amaro, come a ribadire il fatto che è meglio  non farsi mai cogliere impreparati.


Accanto ai testi così felici di Chinto, si dispone il segno inconfondibile del compagno di giochi di sempre, David Pintor, in arte Pinto. Collaudatissima coppia di vignettisti da più di vent'anni Pinto&Chinto si intendono alla perfezione e anche in questo Minimalario (ma anche prima in Racconti per bambini che si addormentano subito, Kalandraka 2013), dove il testo ha inevitabilmente il ruolo principale, David Pintor si insinua e costruisce musi espressivi, come quello del leone di copertina, ossessionato dalla calvizie, veste gli animali che girano spesso in giacca e cravatta o con un pullover a dolcevita e calzano spesso stivaletti, fino all'abito da sera del grillo che cantava bene. 


Per quei rari casi in cui il disegno dell'animale in questione nulla sposta ne esistono innumerevoli in cui il suo tratto leggero, sottile e quasi incerto, riesce a cogliere la sua essenza più profonda  e il suo essere in un contesto narrativo: penso per esempio al magnifico insetto stecco, o al baco da seta e al suo quasi impercettibile corpo stanco sotto le coltri, o all'indolente ramarro in t-shirt e sombrero o, ancora, all'asino pigro e sonnecchiante sull'amaca, con le espadrillas e la tazza di caffè sulla pancia. 


Se dovessi immaginare una categoria elettiva di animali per Pintor, però, direi gli insetti. Effimeri, sono perfetti per il suo segno sempre un po' più lungo del normale, affusolato: con elitre e antenne che alludono a stati d'animo precisi, come nel caso della lucciola spenta o del pidocchio in passeggiata con il bastone e il giornale in mano. Sono sottigliezze, dettagli minuti, che si colgono quasi inconsapevolmente ma che lasciano un segno nello sguardo. 
A parte il talento nel conferire ai suoi disegni una luce 'piena di luce', di David Pintor si deve apprezzare la capacità di essere un minimalista del disegno, un autore che sa cogliere -in quell'unica occasione che si concede- il senso del comico, dell' ironico, dell'assurdo, del paradossale ma necessariamente anche l'anima più profonda del personaggio. E lo fa attraverso impercettibili segni ed elementi: una sciarpa al vento è segno di sicurezza, tre sottili tentacoli di medusa sono l'espressione della sua irreparabile solitudine.


In un mondo sempre così sovrabbondante e ridondante, è rivoluzionario chi sa andare controcorrente. E i due amici galiziani ci vanno.

Carla

Noterella al margine. Due righe per dire che veste grafica, formato, impaginazione contribuiscono a renderlo un bel libro e che il racconto breve, anzi brevissimo, sarà una gioia per i lettori anche più pigri. 

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