QUANDO LA VESPA PERSE IL SUO VITINO
Minimalario, Pinto & Chinto (trad.
Elena Rolla)
Kalandraka 2017
NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)
"C'era un cervo che aveva perso
un corno in un combattimento. Al suo posto mise un attaccapanni,
fissato con il nastro adesivo. Tempo dopo, un boscaiolo trovò il
corno nel bosco. Se lo portò a casa e lo usò come attaccapanni."
Ma c'era anche un
cavallo che specchiandosi nel mare e vedendo un cavalluccio marino
notò, non privo di acume che, nell'acqua di mare ci si vede più
piccoli che nell'acqua di fiume. Ma c'era anche un corvo vittima
delle sue paure e un coccodrillo che sapeva per certo cosa non
avrebbe voluto essere da grande e un passerotto che sapeva far bene
le moltiplicazioni. E poi c'era un riccio che, essendo figlio unico,
per giocare a pallone si appallottolava e giocava a palla da solo. Ma
ci sono anche ottime pecore nere che, da anziane, possono diventare
bianche, e cancellare con un colpo di spugna un passato scapestrato.
Ci sono pure mosche nella minestra, vespe nei dolci e chiocciole
lucciole e armadilli che vanno spesso dal medico. E poi c'è lui, un
maiale davvero geniale che, invitato a un ballo in maschera, non
avendo i soldi per comprarsi il vestito, con il fango si dipinge una
riga marrone sulla schiena e va al ballo vestito da salvadanaio.
Tutte puntano a un
esito comune: una risata divertita.
In un regime di
felice quanto estrema sintesi, che tanto pesca nella favola, i modi
per ottenerla, questa risata, spaziano dall'ironia al nonsense, si
servono di giochi di parole, fin dal titolo, ricorrono all'assurdo,
al paradosso. Ed è questo, l'assurdo, ovvero il ribaltamento di ogni
logica, il registro che mi pare più apprezzabile e quello più
consonante con il modo di leggere il mondo da parte dei ragazzini.
Penso che se non l'avesse scritta Carlos Lópes, in arte Chinto, la
potrebbe aver pensata un ragazzino o una ragazzina di otto anni la
storia della lucertola che, stanca di essere inseguita dai predatori,
decide di non farsi ricrescere la coda. La coda però, in totale
autonomia, decide di farsi ricrescere la lucertola. Per la gioia di
un altro predatore, si può immaginare.
Accanto all'assurdo
e al paradosso, si gioca con il buon senso esasperandolo fino a farlo
diventare dabbenaggine, quindi comico. Penso a quel visone che
davanti al cacciatore trema così tanto di paura che il cacciatore
pensa che se trema così un visone deve avere molto freddo e quindi
ne ricava che quello non è l'animale con la pelliccia adatta per
scaldare un uomo. E lo risparmia.
La risata talvolta
vira nell'amaro, come a ribadire il fatto che è meglio non farsi
mai cogliere impreparati.
Accanto ai testi
così felici di Chinto, si dispone il segno inconfondibile del
compagno di giochi di sempre, David Pintor, in arte Pinto.
Collaudatissima coppia di vignettisti da più di vent'anni
Pinto&Chinto si intendono alla perfezione e anche in questo
Minimalario (ma anche prima in Racconti per bambini che si addormentano subito, Kalandraka 2013), dove il testo ha inevitabilmente il ruolo
principale, David Pintor si insinua e costruisce musi espressivi,
come quello del leone di copertina, ossessionato dalla calvizie,
veste gli animali che girano spesso in giacca e cravatta o con un
pullover a dolcevita e calzano spesso stivaletti, fino all'abito da
sera del grillo che cantava bene.
Per quei rari casi in cui il
disegno dell'animale in questione nulla sposta ne esistono
innumerevoli in cui il suo tratto leggero, sottile e quasi incerto, riesce a cogliere
la sua essenza più profonda e il suo essere in un contesto
narrativo: penso per esempio al magnifico insetto stecco, o al baco da
seta e al suo quasi impercettibile corpo stanco sotto le coltri, o
all'indolente ramarro in t-shirt e sombrero o, ancora, all'asino pigro e
sonnecchiante sull'amaca, con le espadrillas e la tazza di caffè
sulla pancia.
Se dovessi immaginare una categoria elettiva di animali
per Pintor, però, direi gli insetti. Effimeri, sono
perfetti per il suo segno sempre un po' più lungo del normale,
affusolato: con elitre e antenne che alludono a stati d'animo
precisi, come nel caso della lucciola spenta o del pidocchio in
passeggiata con il bastone e il giornale in mano. Sono sottigliezze,
dettagli minuti, che si colgono quasi inconsapevolmente ma che
lasciano un segno nello sguardo.
A parte il talento nel conferire ai suoi disegni una luce 'piena di luce', di David Pintor si deve apprezzare
la capacità di essere un minimalista del disegno, un autore che sa
cogliere -in quell'unica occasione che si concede- il senso del
comico, dell' ironico, dell'assurdo, del paradossale ma
necessariamente anche l'anima più profonda del personaggio. E lo fa
attraverso impercettibili segni ed elementi: una sciarpa al vento è
segno di sicurezza, tre sottili tentacoli di medusa sono
l'espressione della sua irreparabile solitudine.
In un mondo sempre
così sovrabbondante e ridondante, è rivoluzionario chi sa andare
controcorrente. E i due amici galiziani ci vanno.
Carla
Noterella al margine. Due righe per dire che veste grafica, formato, impaginazione contribuiscono a renderlo un bel libro e che il racconto breve, anzi brevissimo, sarà una gioia per i lettori anche più pigri.
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