venerdì 24 agosto 2018

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


MAMMA ROBOT 


Il romanzo di Peter Brown , ‘Il Robot selvatico. Una storia di amicizia e amore universale’, estensione impropria di un più sobrio ed efficace titolo originale ‘The Wild Robot’, mi era sembrato da subito un testo interessante, se non altro originale, impiantando un robot sopravvissuto ad un naufragio in un’isola abitata solo da animali. In effetti, il testo mantiene tutte le premesse, con qualche aspetto irrisolto.
Vediamo la trama: Rozzum 7134 è una macchina seriale, unica a rimanere integra dopo un naufragio. Viene attivata per caso da alcune lontre marine, animali curiosi per definizione, e la sua natura, o meglio la sua programmazione, la spinge a mantenersi ‘viva’ e a custodirsi. Ed è quello che fa, ripulendosi e cominciando ad esplorare l’isola in cui è capitata. Nel corso di questa esplorazione, incontra numerosi animali, di cui comprende il linguaggio; percepito all’inizio come una strana creatura ostile, riesce a conquistarsi la fiducia di un numero crescente di animali, ma il vero punto di svolta è quando raccoglie un uovo che sta per schiudersi, rimasto solo dopo la morte delle oche che se ne prendevano cura. Qui, con questa strana adozione, Rozzum, detto, Roz, diventa mamma di un anatroccolo petulante, che però gli/le cambierà la vita.


Per poterlo accudire, Roz costruisce con l’aiuto dei castori un rifugio grande e solido, all’interno del quale può accendere un fuoco e intorno, grazie ai suggerimenti di una cerva, fa crescere un rigoglioso giardino, dove magari i vari animali, nel corso della tregua dell’alba, possono venire a chiacchierare tranquillamente.
Beccolustro, l’anatroccolo, intanto cresce ed aumentano le sue capacità: in breve diventa un bel maschio di oca, capace di compiere lunghi viaggi; ed è quello che fa, mettendosi in volo all’inizio dell’autunno, insieme al suo stormo. L’inverno in effetti sarà durissimo e Roz si prodiga ad aiutare gli animali dell’isola, costruendo ripari e insegnando loro ad accendere un fuoco (!). Tanta generosità verrà ripagata nella primavera successiva, quando la ditta costruttrice dei robot invia una squadra di creature meccaniche a recuperare quello che è rimasto sull’isola, Roz compreso/a.
Tutti gli animali si mobilitano in difesa di Roz, mettendo a disposizione le loro armi. Una lunga, durissima lotta porta ad una vittoria parziale dei coraggiosi amici, che vedranno però partire Roz con la promessa di un veloce ritorno, che è oggetto del secondo romanzo dedicato al robot selvatico.
Dunque, qui abbiamo un romanzo d’avventura con una forte impronta favolistica, e non stupisce che la Dreamworks ne abbia acquistato i diritti per farne un film d’animazione, che parla all’immaginazione di bambini e bambine che, in termini di capacità di comprensione, possono affrontare questo testo a partire dai sei anni, attraverso una partecipata lettura ad alta voce. Ci sono alcuni tratti originali: l’immaginare l’autoistruzione del robot abbandonato, che lo porta a familiarizzare con i linguaggi e gli usi e costumi animali, il suo progressivo adattamento ad un ambiente sconosciuto e, almeno all’inizio, ostile. E qui sta l’invenzione più originale, quella appunto del robot selvatico: ‘Quella primavera fu un tempo di grande selvatichezza per il nostro robot’. E’ evidente il richiamo ai grandi testi della fantascienza anni ‘60, da Simack ad Asimov, per finire a Philip Dick. Sullo sfondo di questa storia movimentata c’è il grande interrogativo sulla natura dell’intelligenza artificiale, su cosa ci separi da essa, quanto possa simulare stati d’animo e sentimenti, quanto possa imparare. Interessante anche la scelta di eliminare qualsiasi presenza umana, lasciando la scena al non-umano.

 
Certo, più in superficie, c’è una visione un po’ disneyana della natura, dove tutto è armonico e perfetto, anche se capita che ci si possa mangiare l’un l’altro. Qui c’è un po’ più di superficialità, per altro evidenziata anche dalla nota finale dell’autore, che avvicina animali e robot grazie alla ‘meccanicità’ dei loro comportamenti. D’altra parte questa visione del mondo animale e la sua umanizzazione costituiscono le basi di un efficace film d’animazione.
Peter Brown è un giovane autore americano, che ha già ricevuto numerosi premi; viene dal mondo dell’animazione e questo in parte in questo caso è un limite nel pensare una storia che ad una lettura superficiale può sembrare fondata solo sui buoni sentimenti. Brown è anche illustratore, dote di cui abbiamo già avuto modo di parlare. Nelle descrizioni e recensioni che ho letto, si parla quasi sempre di un robot femmina, anche se l’autore parla di un robot mamma. Le due cose non si identificano necessariamente e spero che l’apertura mentale dell’autore trovi riscontro in quella dei lettori e lettrici (adulti).

Eleonora

“Il Robot Selvatico”, P. Brown, Salani 2018


Nessun commento:

Posta un commento