MILIONI DI FARFALLE
Colpo di fulmine,
Grégoire Solotareff (trad. Maria Pia Secciani)
Edizioni Clichy 2019
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 4 anni)
"Quella
mattina, alle prime luci del giorno, il riccio Matilde controllò,
come d'abitudine, che tutto fosse in ordine intorno alla sua casetta.
Erano le sei, l'ora
di andare a dormire. Un lampo in lontananza illuminò il cielo.
Era una mattina
tempestosa."
Matilde entra in casa e
si organizza per andare a dormire: doccia, pettinata agli aculei, tè,
borsa dell'acqua calda e lettino. Già addormentata, qualcuno bussa
alla sua porta. Ora molto insolita per ricevere una visita. A
quest'ora tutto il bosco dovrebbe essere a dormire.
Mentre apre la porta,
tuona. Davanti a lei c'è un giovane riccio, un riccio ragazzo si
potrebbe definire, tutto spettinato con una nuvola di farfalle
intorno, interessate ai tanti fiorellini infilzati nei suoi aculei.
Giù per la collina, inseguito dal temporale, li ha strappati
rotolando e ora è in queste condizioni. Matilde è sottosopra per la
piacevolezza di questa sorpresa. Due convenevoli balbettati, un po'
di rossore per entrambi - fortunatamente coperto dalle farfalle e i
due ricci riprendono la loro strada: Matilde verso il letto e Felix
verso casa. Per entrambi nulla sarà più come prima. Per Matilde
rotolarsi come un tempo giù per la collina in cerca di fiori e di
farfalle, per Felix ricapitare di nuovo davanti a quella porta...
Le farfalle e
l'innamorarsi sono un binomio consolidato.
Questo di Solotareff
sembra un dichiarato riferimento a quello che successe nel 1982 in un
librino francese che ha avuto il merito di diventare una storia di
culto:
Il mostro, pieno di
rabbia cominciò a gonfiarsi,
a gonfiarsi, a
gonfiarsi, a gonfiarsi...
..finché esplose in
tanti piccolissimi pezzetti
che volarono di qua
e di là,
trasformandosi in
farfalle di tutti i colori e in fiorellini profumati.
Ed ecco che da sotto
la pelle dell'orribile mostro peloso,
comparve un
giovanottino, ma così carino, ma così grazioso...
Cosa
accade poi alla principessa Lucilla è storia conosciuta.
Qualche
anno dopo furono due elefanti a piacersi, circondati da farfalle (un
milione di farfalle, E. van de
Vendel, C. Cneut, Adelphi 2007).
Stach vide farfalle
dorate, farfalle striate, farfalle banderuola, farfalle dall'occhio
sereno, farfalle arcobaleno, farfalle salterello, farfalle
acchiappine, farfalle mulinello e farfalle sgarzoline, farfalle
coccinella e della notte bella...
La
sua mamma e il suo papà lo sanno: quando arrivano le farfalle è il
momento di andarsene di casa, lungo il sentiero che s'inoltra nel
bosco. E anche Stach in qualche modo fa strada, 'rotola giù dalla
collina', come Felix.
A
parte una copertina meno riuscita di altre, già dalla prima pagina
ci si ritrova immersi nel Solotareff che domina la pagina con la sua
paletta di colori forti che arrivano dai Fauves e dagli
Espressionisti e con quel segno deciso e incisivo che lo rende
inconfondibile. Un bosco che ha la notte alle spalle - grigia e nera
da cui occhieggia qualcuno - e la luce davanti, con i suoi tronchi
magenta, definiti da pochi segni neri di contorno e da qualche
sfumatura rossa. Poi arriva il giallo della casetta e della porta,
poi l'azzurro della camera di Matilde alle sette meno dieci. E con
questa festa di colore, che è appunto 'espressione' degli stati
d'animo raccontati nella storia, si circoscrivono personaggi e
oggetti, tutti sempre un po' storti, imperfetti e pieni di energia.
Paradossalmente
le parti meno riuscite del libro, che in generale direi non arrivi a
eguagliare i capolavori del passato, sono proprio quelle che si
concentrano sui due ricci che non sanno essere comunicativi a livello
visuale come i suoi gatti, i suoi uccelli, i suoi leoni ed elefanti,
i suoi conigli. Lo sono invece molto a livello testuale. Compresa
l'ironia sul finale e il finale stesso che è un altro esempio da
manuale su come chiudere in bellezza una storia.
Questo
albo si potrebbe usare come manuale per insegnare un buon modo di
costruire una mise en page
di altissimo livello.
A
metà degli anni Ottanta, Solotareff che è letteralmente circondato
in famiglia da artisti, molla il suo lavoro da medico e, in cerca di
una maggiore libertà, comincia anche lui a disegnare e sulle sue
tavole piene di animali costruisce le storie che essi gli raccontano.
Diverso
il suo segno rispetto a quello della maggior parte dei suoi colleghi
nell'eccellente officina dell'Ecole des Loisirs, guarda forse a
Claude Boujon ma di certo al grande maestro di tutti, Tomi Ungerer.
Da lui sembra ereditare anche il coraggio del punto di vista.
Il
punto di vista è una delle peculiarità più interessanti di
Solotareff che ha la capacità - onestà e coraggio di nuovo - di
rivolgersi all'infanzia senza pudori, senza false illusioni, senza
inutili censure o cautele. Lo racconta lui stesso che ha molto viva
nella memoria la sua infanzia ed è da questa - evidentemente - che
attinge a piene mani. Ed ha altrettanto chiaro che se nella storia
non c'è dramma, quella storia non vale granché. Ed è per questo
che quando c'è da parlare di paura, va dritto a punto, 'attraversa il bosco' e quando c'è
da parlare di relazioni padri e figli va altrettanto sicuro alla
meta. E così via.
Forse,
in questo senso, quello con cui condivide più affinità è Alan
Mets, non ultima la comune scelta programmatica di popolare le storie
con un bestiario variegato che racconti l'umanità.
Con
vent'anni di scarto, solo Anaïs Vaugelade sembra guardare a
Solotareff con ammirata devozione. In molti sensi.
E
noi, in questo siamo con lei.
Carla
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