IL SEME DELLA PRIMA NASCITA
Papà Gambalunga,
Nadine Brun-Cosme, Aurélie Guillerey
(trad. Maria Pia
Secciani)
Edizioni Clichy 2019
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 4 anni)
"'A stasera'
dice papà. E dà un grosso bacio sulla guancia a Matteo. Ma Matteo
dice: 'E se stasera la vecchia auto non parte?' Papà esita un po':
'Se la macchina non parte...'"
Di
quella vecchia macchina verde, Matteo lo ha visto con i suoi occhi
questa mattina, non ci si può assolutamente fidare. Decide lei se e
quando partire. Quindi la domanda al papà è più che lecita. Sulla
risposta, o meglio sulle molte risposte del papà, ci sarebbe forse
qualcosa da obiettare. Se la vecchia macchina verde non parte, lui
andrà a prendere Matteo con il trattore rosso del vicino. Ma quel
bambino fa bene a dubitare... Verrà a cavalcioni di un orso, o
portato da uno stormo di uccelli, o navigando sull'acqua spruzzata da
vicino, o scavando un tunnel sotterraneo con l'aiuto dei conigli...
Ogni volta Matteo obietta e ogni volta il papà si sente in dovere di
trovare soluzioni alternative, sempre più immaginifiche, ma sempre
più rassicuranti per il suo bambino: non lo lascerà a scuola per
sempre!
Sono
giorni che la riflessione va spesso a incagliarsi nella stessa
domanda: ma le storie che raccontiamo avranno una fine? Ovvero,
arriverà un giorno in cui le avremo finite tutte e dovremo
ricominciare daccapo e ci troveremo a raccontare quelle di già
raccontate? E anche se fosse, saranno davvero una la copia l'una
dell'altra, oppure il racconto, sia scritto che a voce, porterà
comunque in sé il seme di una prima nascita?
La
riflessione, leggendo Papà Gambalunga, si riacutizza perché dentro
questo libro si sente un'eco (a parte quello nel titolo).
È
l'eco di una storia che arriva in Italia, portata da Babalibri nel
2005 e firmata da Mireille D'Allancé: Ci pensa il tuo
papà.
Il
plot non è molto diverso: un dialogo in crescendo tra padre orso e
figlio orso, laddove il secondo tartassa di domande a scopo
rassicurante il proprio padre che, a sua volta, non fa che
riconfermare al proprio piccolo la certezza che lui, da bravo e
fidato papà, sfiderà ogni avversità, ogni pericolo, per non
lasciarlo mai da solo.
L'eco
si sente soprattutto nel meraviglioso ritmo che dimostrano di avere
entrambi: un ritmo sempre più serrato, sempre più esagerato e
assurdo, tanto da diventare in entrambi un vero e proprio gioco al
rilancio, attraverso le incalzanti domande dei due piccoli.
L'altro
punto di contatto sta nel dialogo tra figura e testo, ovvero in
entrambi i casi è rispettata la regola aurea secondo cui parole e
immagini devono armonicamente essere entrambe 'espressioni' di una
unica narrazione. Entrambe sono voci narranti, pur occupandosi di
elementi anche tra loro diversi. Non sono in un rapporto interno di
sudditanza, dove la figura si limita illustrare ciò che dice la
parola e viceversa la parola non è didascalia della figura. Guai se
accadesse.
Questo
solo per dire che, come albi illustrati, funzionano entrambi.
Ma
allora, in Papà Gambalunga, è possibile individuare, nonostante gli
echi, il seme di una prima nascita?
Sì.
E
meno male che accade perché qui il rassicurante e a tratti melenso
orso della D'Allancé ha perso la sua tenerezza h24 in cambio di un
maggiore gusto per il comico e una certa qual possibilità di resa,
comica anch'essa, di fronte all'incalzare degli eventi.
La Nadine
Brun-Cosme non tradisce. E questo rilevante scarto nel testo trova la
sua espressione nelle facce rassegnate e sconfitte di fronte alle
avversità crescenti. Naturalmente, girata la pagina, ritornano
sorridenti grazie a una ritrovata energia e fiducia in sé: per
riportare il proprio bambino a casa, basteranno due gambe (lunghe) e
mai stanche.
E
l'altro grande seme di originalità sta, come prevedibile, nel genere
di illustrazione. Dal pastello morbido e sfumato, dal segno
rassicurante e tondo, dalla mimesi con il peluche che è un marchio
di tutti i libri della D'Allance, si passa ai colori quasi sempre
piatti, alle linee spezzate, a un evidente disinteresse nei confronti
della resa mimetica.
Aurèlie
Guillerey costruisce la pagina per colpire, per stupire, per rendere
attento il proprio lettore, le dà un ritmo che non credo sbagliato
definire musicale (di certo sonoro, quanto lo è il bel testo).
Tutto
è in movimento, con ritmo accelerato, che da sinistra si muove
invariabilmente verso destra, come a voler dare un tempo spinto
all'eccesso verso il finale, attraverso il susseguirsi veloce del
giro pagina.
Ricorda,
e non solo in questo senso, un altro grande libro concepito da Jim
Flora nel 1957, Il giorno in cui la mucca starnutì.
A parte la diversa storia e una differente paletta di colori (in Jim
Flora l'alternanza dei pochi colori al b/n per questioni di risparmio
dei costi di stampa), le affinità sono parecchie e non credo siano
casuali. Sembrano piuttosto un'ispirazione. Entrambi, sebbene a
distanza di più di mezzo secolo e in contesti culturali differenti,
hanno una formazione simile, una frequentazione assidua con la
musica, con il graphic design e, fortunatamente per noi, con il senso
del comico.
Evviva.
Carla
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