venerdì 18 ottobre 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL SEME DELLA PRIMA NASCITA
Papà Gambalunga, Nadine Brun-Cosme, Aurélie Guillerey
(trad. Maria Pia Secciani)
Edizioni Clichy 2019


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"'A stasera' dice papà. E dà un grosso bacio sulla guancia a Matteo. Ma Matteo dice: 'E se stasera la vecchia auto non parte?' Papà esita un po': 'Se la macchina non parte...'"

Di quella vecchia macchina verde, Matteo lo ha visto con i suoi occhi questa mattina, non ci si può assolutamente fidare. Decide lei se e quando partire. Quindi la domanda al papà è più che lecita. Sulla risposta, o meglio sulle molte risposte del papà, ci sarebbe forse qualcosa da obiettare. Se la vecchia macchina verde non parte, lui andrà a prendere Matteo con il trattore rosso del vicino. Ma quel bambino fa bene a dubitare... Verrà a cavalcioni di un orso, o portato da uno stormo di uccelli, o navigando sull'acqua spruzzata da vicino, o scavando un tunnel sotterraneo con l'aiuto dei conigli... Ogni volta Matteo obietta e ogni volta il papà si sente in dovere di trovare soluzioni alternative, sempre più immaginifiche, ma sempre più rassicuranti per il suo bambino: non lo lascerà a scuola per sempre!

Sono giorni che la riflessione va spesso a incagliarsi nella stessa domanda: ma le storie che raccontiamo avranno una fine? Ovvero, arriverà un giorno in cui le avremo finite tutte e dovremo ricominciare daccapo e ci troveremo a raccontare quelle di già raccontate? E anche se fosse, saranno davvero una la copia l'una dell'altra, oppure il racconto, sia scritto che a voce, porterà comunque in sé il seme di una prima nascita?


La riflessione, leggendo Papà Gambalunga, si riacutizza perché dentro questo libro si sente un'eco (a parte quello nel titolo).
È l'eco di una storia che arriva in Italia, portata da Babalibri nel 2005 e firmata da Mireille D'Allancé: Ci pensa il tuo papà.
Il plot non è molto diverso: un dialogo in crescendo tra padre orso e figlio orso, laddove il secondo tartassa di domande a scopo rassicurante il proprio padre che, a sua volta, non fa che riconfermare al proprio piccolo la certezza che lui, da bravo e fidato papà, sfiderà ogni avversità, ogni pericolo, per non lasciarlo mai da solo.
L'eco si sente soprattutto nel meraviglioso ritmo che dimostrano di avere entrambi: un ritmo sempre più serrato, sempre più esagerato e assurdo, tanto da diventare in entrambi un vero e proprio gioco al rilancio, attraverso le incalzanti domande dei due piccoli.
L'altro punto di contatto sta nel dialogo tra figura e testo, ovvero in entrambi i casi è rispettata la regola aurea secondo cui parole e immagini devono armonicamente essere entrambe 'espressioni' di una unica narrazione. Entrambe sono voci narranti, pur occupandosi di elementi anche tra loro diversi. Non sono in un rapporto interno di sudditanza, dove la figura si limita illustrare ciò che dice la parola e viceversa la parola non è didascalia della figura. Guai se accadesse.
Questo solo per dire che, come albi illustrati, funzionano entrambi.
Ma allora, in Papà Gambalunga, è possibile individuare, nonostante gli echi, il seme di una prima nascita?
Sì. 


E meno male che accade perché qui il rassicurante e a tratti melenso orso della D'Allancé ha perso la sua tenerezza h24 in cambio di un maggiore gusto per il comico e una certa qual possibilità di resa, comica anch'essa, di fronte all'incalzare degli eventi. 


La Nadine Brun-Cosme non tradisce. E questo rilevante scarto nel testo trova la sua espressione nelle facce rassegnate e sconfitte di fronte alle avversità crescenti. Naturalmente, girata la pagina, ritornano sorridenti grazie a una ritrovata energia e fiducia in sé: per riportare il proprio bambino a casa, basteranno due gambe (lunghe) e mai stanche.
E l'altro grande seme di originalità sta, come prevedibile, nel genere di illustrazione. Dal pastello morbido e sfumato, dal segno rassicurante e tondo, dalla mimesi con il peluche che è un marchio di tutti i libri della D'Allance, si passa ai colori quasi sempre piatti, alle linee spezzate, a un evidente disinteresse nei confronti della resa mimetica. 


Aurèlie Guillerey costruisce la pagina per colpire, per stupire, per rendere attento il proprio lettore, le dà un ritmo che non credo sbagliato definire musicale (di certo sonoro, quanto lo è il bel testo).
Tutto è in movimento, con ritmo accelerato, che da sinistra si muove invariabilmente verso destra, come a voler dare un tempo spinto all'eccesso verso il finale, attraverso il susseguirsi veloce del giro pagina.
Ricorda, e non solo in questo senso, un altro grande libro concepito da Jim Flora nel 1957, Il giorno in cui la mucca starnutì. A parte la diversa storia e una differente paletta di colori (in Jim Flora l'alternanza dei pochi colori al b/n per questioni di risparmio dei costi di stampa), le affinità sono parecchie e non credo siano casuali. Sembrano piuttosto un'ispirazione. Entrambi, sebbene a distanza di più di mezzo secolo e in contesti culturali differenti, hanno una formazione simile, una frequentazione assidua con la musica, con il graphic design e, fortunatamente per noi, con il senso del comico.


 Evviva.

Carla

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