CRESCERE STORTI
Cerfoglio, Ludwig Bemelmans (trad.
Gabriella Tonoli)
Lupoguido 2020
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Ma il pino tutto sbilenco non
lo vuole mai nessuno. Non serve a nulla.
È diventato così grosso che
abbraccia il terreno sotto di lui come una tenda verde.
In quel rifugio sicuro, protetto e
felice, un cervo ha cresciuto i suoi piccoli su un letto di foglie e
muschio."
Sono diventati vecchi entrambi e il
palco di corna si confonde con i pochi rami: l'albero è ormai
spoglio con un tronco e che ancora adesso rimane abbarbicato alla
roccia sullo strapiombo, su cui è cresciuto ormai molti anni fa.
Anche il cervo è incanutito, lo
chiamano Vecchio Cerfoglio, ed è ancora l'amico di sempre del pino.
Lo ha visto crescere e resistere a quel precipizio, lo ha utilizzato
come tana per i suoi piccoli e ora con lui passa dei bei momenti,
guardando la valle sottostante con un bel tramonto davanti.
Il pino dal tronco così storto è
stato risparmiato dalle motoseghe dei boscaioli che, invece, hanno
portato a valle nelle segherie i fusti dritti degli altri alberi
circostanti. E dove prima c'era un possente albero, a ogni primavera
ne germogliava uno nuovo. Sotto gli occhi del pino ne sono passate di
generazioni... E anche sotto gli occhi del vecchio cervo che ora
guarda brucare i suoi nipoti nella stessa radura in cui fu prima lui
e poi i suoi figli a nutrirsi.
La pace del bosco è turbata
dall'arrivo di un cacciatore che con il suo binocolo mette a fuoco il
vecchio cervo. A un passo dall'essere colpito, è il pino che, scosso
da un vento improvviso, con i suoi rami diventa inciampo per il
cacciatore che precipita a valle, lasciando come unico ricordo di sé
il binocolo attaccato a un ramo dell'albero. Vecchio Cerfoglio ne
saprà fare di certo un uso migliore.
Se uno conosce un po' la storia di
Ludwig Bemelmans trova una serie di similitudini con il pino
cresciuto caparbiamente storto sul precipizio.
Entrambi, il pino e
Bemelmans, si abbarbicano, nonostante una serie di circostanze
avverse, al posto che il destino gli ha dato in sorte. Entrambi sanno
ricavare dalla vita il meglio ed entrambi sanno stare al mondo con
una buona dose di innocente perfidia.
Diventato famoso, non tanto per i suoi
dipinti o per i suoi cartoon, ma piuttosto per alcuni libri
umoristici per grandi e soprattutto per una serie di libri per
bambini dedicati a una ragazzina, Madeline, con cui vince importanti
premi, Bemelmans è soprattutto un sottile narratore di storie.
Il primo libro dedicato a Madeline è
del 1939 (nella Honor List della Caldecott nel 1940), in rima:
esilarante. Solo nel 1953 pubblica il secondo Madeline's Rescue,
con cui vince la Caldecott l'anno successivo), di nuovo in rima e di
nuovo molto divertente. E così fino ad arrivare al 1962, quando
prematuramente muore.
Infatti gli elementi che colpiscono in
Cerfoglio, a parte alcune tavole meglio riuscite di altre, non sono
esattamente sulla superficie della storia e della pagina, ma si
nascondono nelle pieghe, addirittura in ciò che non è neanche
raccontato in modo esplicito.
Il primo è il fatto che se sei un po'
marginale, ma caparbio, nella vita può anche andarti bene. Come è
successo a Bemelmans stesso, ragazzino complicato. Tolto da scuola e
mandato a lavorare in uno dei grandi alberghi dello zio Bemelmans, in
Tirolo, approda quindi negli Usa dove mette finalmente radici.
Sempre un po' laterale rispetto a una carriera di successo come
pittore, Bemelmans trova il suo giusto spazio e buoni risultati nei
libri per l'infanzia.
Nel libro accade in sostanza lo stesso:
il pino cresce storto, laterale rispetto al centro della foresta,
circostanza che lo rende poco interessante agli occhi dei boscaioli,
ma che gli permette di non essere fatto a fette, per poi diventare
materiale per culle da bambini, oppure legna da camino, o travi da
tetti e pavimenti di baite di montagna.
Tuttavia è il secondo elemento che
sembra quello che di più contribuisce a collocare Cerfoglio nel
solco dei migliori libri di Bemelmans, ovvero nella serie di
Madeline, bambina che sa quel che vuole.
La questione del cacciatore e
soprattutto la sua risoluzione. Va bene l'improvvisa raffica di vento
che soffia e arriva alle orecchie ignare del vecchio cervo sotto
tiro, ve bene l'urto e lo sbatacchiamento del cacciatore da parte dei
rami del vecchio pino a cui si è appoggiato per mirare meglio, va
bene la radice esterna che lo fa inciampare, ma il colpo da maestro
sta nel farlo precipitare nel burrone, come se niente fosse, con
tutte le coccinelle e i piccoli e i grandi animali che ne seguono il
percorso: solo un paio di stivali da caccia raffigurati sottosopra e
una frasetta che suona sinistra: non caccerà più.
Chapeau! Siamo tra il 1955 e il
1956 quando lo concepisce.
E come se non bastasse, aggiunge un
vezzo di estrema ironia in quel binocolo che resta appeso a un ramo e
che diventa salvifico per il cervo.
Questa stessa ironia sottile, che
arriva spesso solo attraverso il disegno, caratterizza anche i due
migliori Madeline, in particolare quello in cui compare Genevieve, il
cane, di cui spuntano zampe e coda dall'ultimo lettino della camerata
del collegio.
Cose così.
Carla
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