'CHI GALLO NASCE, DEE CHICCHIRIARE'
L'uovo nero, Sante Bandirali, Alicia Baladan
(da una
fiaba di Luigi Capuana)
Uovonero 2020
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Ogni mattina la gallina
deponeva due uova e la contadina andava al mercato a venderle. Col
ricavato comprava un pezzo di formaggio, un po' di pane, del latte, e
tornava a casa.
Con quelle poche cose e le verdure
dell'orto, la contadina e la gallina si sentivano delle gran
signore."
Va detto subito che
quelle due non erano, come ci si potrebbe aspettare, una alle
dipendenze dell'altra. Al contrario, vivevano insieme felicemente,
condividendo anche la tinozza del bagno. A entrambe andava bene così.
In verità andò
bene fino al momento in cui la gallina di uova ne depose uno bianco e
uno nero.
Va da sé che
quello nero, al mercato, non lo vuole nessuno, così la gallina
consiglia alla contadina di portarlo al re. Arrivata al suo cospetto,
glielo dona, ma alla domanda sul che farsene, la contadina non sa
rispondere. Torna così dalla sua amata gallina che questa volta ha
un suggerimento per la regina.
Se covato in seno,
quell'uovo le darà un erede.
L'uovo, infatti, al calduccio
effettivamente si schiude e ne nasce un galletto che dal primo
momento si rivela piuttosto vivace e poco adatto alla vita di corte:
lascia pollìna dappertutto e non smette mai di fare chicchiricchì.
Il re, esasperato, ne ordina la cattura e poi la cottura: arrosto.
Servito alla regia tavola, il sovrano ne mangia soddisfatto cresta e
bargigli, ma dalla sua pancia ne esce un sonoro chicchiricchì.
Spetta di nuovo alla contadina, su suggerimento della sua amata
gallina, liberare il re dal terribile galletto che, redivivo e più in
forma che mai, ricomincia con il suo verso sonoro. I successivi
consigli della contadina a poco servono. Spetta alla Fata Morgana la
soluzione di questo supplizio: il galletto si trasforma dunque in un
bel ragazzotto. Studierà da grandi maestri, sposerà la Reginotta di
Spagna, ma smetterà di fare chicchiricchì?
Fiaba uscita dalla
penna di Luigi Capuana e pubblicata nella raccolta del 1882, C'era
una volta... Fiabe.
L'uovo nero,
nella sua versione originale ben più lunga e articolata, rientra
perfettamente nel canone fiabesco di Capuana: ovvero una narrazione
veloce in cui il divertimento si fonda sulla ripetizione, sul
ritornello.
Ispiratosi forse
alla tradizione orale di filastrocche o fiabe popolari, ha usato la
sua scrittura felice di grande verista per raccontare il contatto tra
il mondo contadino e quello delle corti di re e regine, in un clima
di assoluta meraviglia e nel contempo di assoluta realtà. Nelle
raccolte di fiabe di Luigi Capuana il quotidiano e lo straordinario
si incontrano.
Si popolano di creature ibride, ma anche di coraggiosi
e tenaci contadini, come pure di re, reucci, reginotte che non hanno
paura di sudare a seminare, raccogliere e trebbiare un campo di grano
oppure a sporcarsi le mani tagliando il collo a un galletto, o ancora, spargendo a terra il becchime. E ancor meno ad avere un uovo in seno.
Il destino delle
storie è imperscrutabile, ma di rado fallace.
Questa bella fiaba,
sebbene in una versione riscritta e ridotta da Sante Bandirali, ha
aspettato fino a ora per diventare un altrettanto bell'albo
illustrato da Alicia Baladan, all'interno del catalogo di una casa
editrice sua omonima.
D'altronde non è
la prima volta che l'uovo diventa centrale per una casa editrice
che per l'appunto Uovonero si chiama. E la dedica dell'autore
conferma il nesso. Alicia Baladan, che si è tanto divertita a
spargere ironia e citazioni in molte tavole, non si lascia sfuggire
l'occasione e questo dettaglio non lo trascura. All'intero staff,
Enza, Lorenza e Sante, rende un omaggio figurato, nel corteo sotto il
castello.
Ma fa anche altre
bellissime cose: gioca con le ombre, con il colore, con le prospettive e con le forme, ma soprattutto,
torna e ritorna sulla bella amicizia intima e piena di fiducia tra
gallina e contadina.
Che coppia, quelle due.
Bandirali
la sostiene con il testo perché dell'originale sceglie di
privilegiare i loro dialoghi, piuttosto che le sentenze del popolo
che in Capuana sta a guardare. Non risparmia i vari passaggi in
pentola del galletto di famiglia, ma taglia là dove c'è da tagliare
e, per rimanere in tema, si tiene a debita distanza da un finale con
sciabolata regale, testa mozza di erede, sangue di pollo in giro e
suture con lo sputo.
Ma non per questo tradisce il gustoso finale del
racconto, secondo cui Chi gallo nasce, dee chicchiriare!
Carla
Noterella al margine. Se il senso che Capuana alla fine dell'Ottocento volle dare alla fiaba era quello, oggi -a distanza di centoquarant'anni- ci si può lanciare anche in qualcosa di più evoluto che abbia a che fare con la propria identità, le proprie origini e le proprie diversità. Ma non fatemelo dire, ci si arriva da soli.
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