OMBRE ROSSE
I guai di Mini Cowboy, Daniel Frost (trad. Tanguy Babled)
Babalibri 2020
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 4 anni)
Alcuni più di
altri...
Ero duro e puro,
coraggioso come tutti i fuorilegge!
Ma la mia altezza
era un limite
nella difficile
cittadina in cui vivevo."
Complicata
è la vita di un cowboy bassetto: se incontri un serpente a sonagli,
può apparirti come un drago e può trattarti come se tu fossi un
topolino. Salire in groppa al proprio cavallo è altrettanto
proibitivo. Per non dire la delusione di non arrivare mai al bancone
del saloon e quindi patire sempre una gran sete.
Nonostante
ogni sforzo, anche la giustizia considera questo minuscolo cowboy con
la benda sull'occhio qualcosa di inferiore alla media degli altri
fuorilegge. E, nonostante i molti tentativi di sembrare alto come gli
altri, Mini Cowboy ha il morale a terra. Fino al momento in cui
scopre di non essere l'unico ad essere in miniatura... non resta che
mettersi in cerca di quegli altri due fuorilegge: quella con le
treccine e quello con i baffetti.
Sono
tre gli elementi notevoli che colpiscono nel libro di Daniel Frost.
La
prima, la sua capacità di creare un ambiente. La seconda, la sua
libertà nell'uso del colore. La terza, le inquadrature.
Tutte
e tre le cose sembrano essere risultanti dal suo particolare modo di
lavorare.
Racconta,
soprattutto a seguito della sua esperienza di viaggio in Groenlandia
(da cui è nato un bell'albo dal titolo The children and
the whale), che almeno una volta
l'anno cerca di 'portare a casa' una sua esperienza in luoghi lontani
da Londra, dove attualmente risiede. Si tratta, in qualche modo, di
veri e propri soggiorni di studio che lo portano a registrare
visivamente scenari, regioni, luoghi anche molto diversi da quello
che può essere l'immaginario più consueto per un inglese delle
Midlands occidentali. Per esempio la Thailandia, le montagne della
Svizzera e, appunto, i ghiacci del Polo, che lo hanno letteralmente
ipnotizzato.
E
se davvero stanno così le cose, è ipotizzabile che anche l'ambiente
in cui si muove il piccolo cowboy sia il risultato di un suo viaggio
nei deserti tra Arizona e Utah, nei canyon, per studiarne le
atmosfere, per renderle autentiche attraverso il colore della terra
rossa, dei tramonti o albe, delle notti stellate, viste di persona
con sullo sfondo la Monument Valley.
Il
risultato è un libro western dalle tinte forti: dal rosso al fucsia
della terra e delle rocce, al verde dei saguari e dei serpenti. E poi
il celeste e l'azzurro del cielo senza fine, e giusto un po' di
marrone per cinturoni, cavalli e cappelli. Tutto ruota intorno a
queste tinte che sapientemente Frost declina in tutte le loro
possibili tonalità e sfumature per creare la vivacità di una
atmosfera precisa, quella di una autentica storia del vecchio West.
Siamo
in un film, perché anche il terzo elemento degno di nota: le
inquadrature, da lì arrivano.
Campi
lunghi per rendere omaggio ai panorami, primi piani all'americana per
inquadrare bene le pistole e i cinturoni, la salita a cavallo (più o
meno riuscita), il duello inquadrato da dietro e la mitica linea
dell'orizzonte messa in basso, più in basso possibile,
compatibilmente con la presenza dei personaggi. E le ombre, le lunghe
ombre sul terreno. Gambe e braccia sempre larghe, per rendere
visibili speroni e colt da impugnare per essere il più veloce del
West.
Delle
storie western esiste un potente immaginario anche dal punto di vista
lessicale, Frost (e Babled nella sua curata traduzione) si adegua e
usa frasi brevi, roboanti e possenti - Nel Far West i guai
inseguono chiunque... L'uso
stentoreo del passato remoto, le frasi fatte che abbiamo sentito
pronunciare da Eastwood, con un sigaro in bocca. Non manca niente.
E
come per incanto, da tre che erano gli elementi notevoli di questo
libro, sono diventati quattro.
Carla
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