VARCARE LA SOGLIA
Il libro non era ancora
stato pubblicato in Italia e quindi tutti i riferimenti erano
all'edizione originale del 1989 e poi a quella di Walker del 1992.
Ora The Tunnel è
diventato Il tunnel: è stato pubblicato anche in Italia
quindi si può festeggiare e tornare sul libro.
Forse è più utile
concentrarsi su un confronto fatto all'epoca, che, per ragioni di
economia di spazio, allora non aveva avuto modo di espandersi. E
siccome il tempo passa, a quel confronto se ne potrebbe aggiungere
anche un altro.
Il primo. Si tratta di
un libro nodale per quel che riguarda la concezione del picturebook:
The Garden of Abdul Gasazi, di Chris Van Allsburg, che
anticipa di un decennio quello di Browne. Un libro e un autore che
dovrebbero essere presi, così come andrebbe fatto per Browne, a
canone da tutti coloro che si cimentano con la creazione di questi
oggetti. Il confronto si concretizza su un particolare narrativo che
ha una fortissima valenza simbolica: l'atto di varcare una soglia e
di trovarsi di fronte a un mondo diverso, inaspettato.
Tanto Van Allsburg
quanto Browne, va detto, su questa questione hanno ragionato più
volte nel corso della loro carriera.
Ma in questi due libri
i loro ragionamenti vengono espressi con una chiarezza adamantina.
Sono davvero due libri chiave.
Con ciò non si cerca
di dimostrare che sia una loro originale invenzione, visto che in
letteratura gli esempi sono innumerevoli, a partire dalla caduta nel
precipizio di Alice o il suo attraversare lo specchio (altro tema che
Browne declina a suo modo nel suo primo libro Through the magic mirror),
tuttavia, il farlo attraverso un preciso gesto fisico, ovvero
l'attraversamento di un passaggio angusto poco accessibile, sia esso
un cancello indurito dalla ruggine, un tunnel, un uscio pieno di
ragnatele, un cespuglio spinoso, assume una valenza ulteriore e una
dichiarazione di intenti ancora più perentoria.
Va da sé che su questa
strada si sono posti, successivamente, molti altri autori e autrici
di calibro. Ne hanno capito il senso e l'enorme portata e così è
apparsa nella letteratura illustrata una schiera di personaggi che si
sono chinati, fatti piccoli per poter attraversare cancelli, passaggi
stretti oppure hanno aperto con estrema cautela porte che nella
storia avevano la precisa funzione di segnare un confine.
Solo per dare una
manciata di punti di riferimento penso per esempio a cosa si trova
davanti la Leslie di Kitty Crowther nel suo L'enfant racine
del 2003 quando si mette carponi e si infila nel tunnel, che
chiamerei dentro come secondo confronto, o il bimbo silenzioso Ji Hyeon
Lee nel libro La porta (2018) o i due ragazzini di Julie
Fogliano e Lane Smith nella Casa che un tempo del 2019 o anche
un po' l'Arianna che Felicita Sala mette in ginocchio per
attraversare l'intrico di rovi (Il posto segreto, Susanna
Mattiangeli, Lupoguido 2019).
Torniamo ai tunnel e ai
viali ombrosi.
Al gesto di
percorrerli. La caratteristica che tiene insieme i passaggi
immaginati e illustrati da Van Allsburg, Browne e Crowther sta nel
fatto che sono passaggi ombrosi e scuri. Incombenti e perturbanti.
Il
tunnel era buio e umido, e viscido, e spaventoso.
Il piccolo Alan, sulle tracce del cane Fritz che sta portando a
passeggio e che gli scappa, percorre un ombrosissimo viale alberato e
sa perfettamente di essere dove non dovrebbe. Un bel cartello vieta
in modo assoluto e ultimativo l'accesso ai cani nel giardino privato
del mago Abdul Gasazi.
Ma il cane si inoltra e Alan è costretto a
seguirlo, un po' come la piccola Rose di Browne è obbligata ad
andare in cerca del fratello Jack, anche lui infilatosi in un tunnel.
Anche la Leslie di Crowther sta seguendo qualcuno, una volpe che
vorrebbe cacciare. Ma Leslie, al contrario, è del tutto ignara di
quello che le sta per accadere, mettendosi a carponi, per seguire le
tracce della sua preda. Non sa che il cerchio di funghi che Kitty
puntuale disegna all'entrata della galleria segnala la presenza di un
varco a un mondo differente dal suo...
Alan di Van Allsburg e Rose di Browne condividono la consapevolezza
di fare una cosa 'pericolosa', hanno in qualche modo sentore che
andare avanti potrebbe fare la differenza, ovvero passare da una
condizione conosciuta e tutto sommato sicura a una totalmente ignota
e quindi incerta, misteriosa, inesplicabile.
L'attraversamento di un tunnel ha implicazioni direi ancestrali,
primigenie e non credo di doverlo qui chiarire ulteriormente.
Altrettanto simbolico è il fatto che questo passaggio avvenga
nell'oscurità, abbia una sua calcolabile durata nel tempo, e come
conclusione abbia un chiarore sul fondo.
Il gesto di attraversare una soglia, in questo preciso contesto, ma
anche nel mito e nella leggenda, ha come ineludibile conseguenza
narrativa di segnare un passaggio da uno stato a un altro, da un
mondo a un altro.
Alan finisce in un giardino proibito che apparentemente non ha nulla
di anomalo, apparentemente. Nessuna traccia del cane. Leslie sbuca
in un contesto notturno, ma a guidarla è il suono del pianto di un
bambino radice... e al principio niente di ciò che illumina con la
sua lanterna le sembra anomalo. Le sembra. Nessuna traccia della
volpe. E in ultimo anche Rose alla fine del tunnel trova un bosco
silenzioso. Nessuna traccia del fratello, tuttavia.
In tutti e tre i casi i protagonisti sono avvolti nella natura
rigogliosa e potente: alberi, fiori, un giardino. Circostanza questa
che nel libro di Browne ha una serie di ridondanze, veri e propri
echi in molti dettagli: dalla carta da parati, alla copertina del
libro di Rose, il rampicante che circonda l'accesso (citazione quasi puntuale da Van Allsburg).
Ma, per l'appunto, anche in Van Allsburg e Crowther i richiami si
fanno percepire. Il gusto sarà scovarli.
In tutti e tre i casi i protagonisti devono ancora fare un po' di
strada prima di arrivare alla 'radura' luminosa.
Ed è in questa seconda frazione del percorso, fatto al di là, che
si materializza la conferma di essere in un altrove. Nella storia di
Van Allsburg tutto continua a muoversi in una apparente normalità, a
parte la latente tensione di essere in un luogo interdetto. Lo scatto
nella precisa direzione surreale lo si avverte quando il bambino
incontra il padrone di casa, un mago in pensione. Da qui in poi, per
Alan ma soprattutto per il lettore, tutto quello che gli occhi
vedono smette di essere una certezza, per diventare potenzialmente
gioco di illusione. Nel libro di Anthony Browne questo passaggio
viene preso in carico, con molta più evidenza rispetto a Van
Allsburg, dall'illustrazione: gli alberi del bosco subiscono una
lenta metamorfosi che dà corpo all'incubo che la piccola Rose
avrebbe tanto voluto evitare. I tronchi si popolano di mille
personaggi di fiabe, la lettura consueta dalla bambina. Ma questa è
anche la firma di Browne che è sempre stato attirato dalla
trasformazione di un profilo disegnato, dall'illusione ottica. Fin da
quando disegnava tavole di anatomia...
Nella storia della Crowther l'obiettivo si sposta leggermente, perché
l'incontro con la creaturina ctonia venuta su dalle viscere della
terra - altro interessante filone che affonda nel mito - è
dirimente. Ciò nonostante, il contesto in cui agisce Leslie è un
mondo dichiaratamente di fate e folletti (chissà la Rose di Browne
come sarebbe stata contenta di conoscerle e parlare loro) che con
grande chiarezza le dicono di averle permesso di entrare, ma con
altrettanta fermezza le proibiscono di poterci tornare, una volta
ripresa la strada per l'al di qua. A questo punto la sua storia
prende una direzione un po' diversa da quella di Alan e di Rose. E
lasciamola andare...
Ma per quanto riguarda gli altri due, volendo correre verso il
finale, si potrebbe notare uno scarto ulteriore: da un lato Van
Allsburg fino all'ultima tavola continua nel suo gioco illusorio, per
poi farci letteralmente saltare sulla sedia, lasciandoci con un
grande punto di domanda stampato in faccia. Si rimane lì a chiedersi
cosa abbia veramente messo in scena, cosa ci abbia voluto mostrare e
far credere, quel mago illusionista.
Browne, invece, preferisce creare una sorta di tacito accordo,
un'intesa profonda, fra i due fratelli in cui anche il lettore è in
qualche modo coinvolto da un gioco preciso di sguardi. Nel sorriso
sornione di Rose che vediamo e in quello di Jack di spalle c'è
tutto quello che è accaduto fin lì e nel loro silenzio eloquente
alla domanda della madre che li vede finalmente calmi e silenziosi,
c'è spirito di appartenenza alla stessa categoria umana (la medesima
dei lettori), c'è una magnifica connivenza.
E noi siamo con loro,
perché per quanto immaginifico possa essere stato quel passaggio,
quel percorso, noi eravamo lì con quella bambina dal montgomery
rosso, con il regolamentare cappuccio.
Ma questa è già un'altra storia.
Carla
Il tunnel, Anthony Browne (trad. Sara Saorin), Camelozampa 2021
The Garden of Abdul Gasazi, Chris Van Allsburg, Houghton&Mifflin 1979
L'enfant racine, Kitty Crowther, Pastel 2003
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