lunedì 5 agosto 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

La casa che un tempo, Julie Fogliano, Lane Smith, 
(trad. Chiara Carminati)
Rizzoli 2019


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"In cima alla collina
c'è la casa
che pende sbilenca.
La casa che un tempo
non era screpolata così.
La casa che un tempo
era invece dipinta di blu."

Due bambini si affacciano su un sentiero in salita che porta alla casa che casa non è più. E arrivati lassù trovano una porta sospesa e una finestra rotta. Che fare? Entrare. Sottovoce e in punta di piedi la esplorano e si interrogano sulla mancanza, sul silenzio che è arrivato dopo il rumore di chi la ha abitata. Ma la grande domanda è appunto: quegli oggetti continuano a parlare e allora chi ha vissuto tra queste mura, chi si è guardato in quello specchio, o dormito in quel letto, o riposato su quella sedia?
Vanno in direzioni diverse i pensieri di quei bambini: forse un capitano o forse una pittrice o forse gli abitanti sono solo smarriti in cerca delle chiavi perse?
La casa rimane lì e sembra voler aspettare o più semplicemente testimoniare. Magari è anche contenta di poter ospitare il bosco che ha intorno e che piano piano entra dal tetto.
Le domande restano domande, il garbuglio di rovi , che allude a Rosaspina senza troppi sotterfugi, viene riattraversato e al di là della pagina e al di là del bosco c'è una casa e - ancora una volta - c'è una cena che li aspetta.

Julie Fogliano non va mai ignorata. 


Per tre ordini di motivi: ha spesso cose belle da raccontare, come capita ai poeti, prende velocità e direzioni differenti, come capita ai poeti, e la sua voce sale sempre fuori dal coro, come capita ai poeti.
E come se non bastasse, in questo preciso libro viaggiano con lei due altri grandi talenti: quello di Chiara Carminati, alla traduzione, che fa suonare la lingua con parole come un silenzio che scricchiola o una porta sospesa tra l'andare e il venire, e quello di Lane Smith, illustratore gigante.
Julie Fogliano negli Usa (e anche altrove, a giudicare dalle molte lingue in cui sono tradotti i suoi libri) è un'autrice molto amata e molto stimata.
In Italia, finora, non pare essere per tutti.
Forse perché è poesia? E si sa, la poesia è una roba da iniziati.
Forse perché la sua non è velocità ma lentezza? E si sa, chi è lento resta indietro.
Forse perché si occupa di piccolezze, come un seme che non cresce, o una balena che non passa, o una casa un po' sbilenca e rotta? E si sa, cose così son senza importanza.
Che dire? Il peggio è per chi la ignora.
Intorno a due perni tutto ruota: una casa e l'assenza, il non essere (di dickinsoniana memoria).


Si tratta di una casa che non è più una casa, ovvero è avvenuto quel lieve passaggio fondamentale che l'ha resa diversa da prima. Continua a essere una house, seppure sbilenca, ma non è più home di qualcuno, a parte la famiglia dell'onnipresente uccellino di Lane Smith. 


Linguisticamente, tale differenza esiste e resiste anche nel tedesco, ancor più precisamente che nell'inglese, e si percepisce nella distinzione tra Haus e Zuhause (in italiano suonerebbe qualcosa come 'Casa' e 'a casa') e che il traduttore dell'edizione Sauerländer non si è lasciato sfuggire, tradendo il titolo originale, ma restituendo il senso originale della questione.
Una casa può esistere anche 'in assenza' di abitanti. Ma un 'a casa' non può esistere 'in assenza' di persone.
Julie Fogliano ha ancora una volta fatto centro.
Parte da un piccolo punto per poi ampliare l'orizzonte e rendere universale il valore del suo discorso.
Si era partiti da un seme, si era partiti da un desiderio di bambino, e si era finiti a parlare del senso della cura, dell'attesa, della tenacia, dell'impegno, della speranza. E oggi qui si parte da una vecchia casa di legno abbandonata che, sebbene formalmente sia un contenitore senza funzione, diventa agli occhi di quei bambini che la esplorano uno scrigno pieno di cose preziose che hanno il merito di suscitare curiosità, immaginazione e riflessioni su cosa faccia di un edificio una casa. Domanda imprescindibile per l'umanità intera, comparabile all'interrogativo: che cosa fa di un corpo umano una persona?
Per mettere nelle mani di chi legga questo libro un temone del genere senza dare la sensazione si tratti di un macigno insormontabile, la poetessa Julie Fogliano fa la poetessa e costruisce, alleggerendo, stemperando, mischiando. E si prende il suo tempo.
E con lei, Lane Smith. Entrambi riempiono di aria 'la casa che (era) un tempo' e danno corpo e concretezza visiva all'immaginario. E lo fanno in perfetta armonia e accordo di toni. Lane Smith smaterializza ciò che nella storia è concreto e dà spessore e colore a ciò che è solo immaginazione. 



Le due tecniche affiancate sono lì a dimostrarlo.
Tutto questo conferisce una bella profondità di ragionamento.
Fogliano con una sequenza di oggetti e domande che prendono mille direzioni diverse, e con un finale che, oltre a rendere un omaggio alla cena calda per antonomasia preparata per Max nel 1963 da Sendak, conferma questo scenario come il più condivisibile, nell'immaginario collettivo, per rendere l'idea di Home, Zuhause, a casa.


Lane Smith, da un lato, costruisce con frammenti (che arrivano anche dalla sua infanzia?) un collage di elementi diversi e dall'altro colora con la sua tecnica specialissima in cui mischia e stratifica l'acrilico o il gesso al colore a olio. La precisione è affidata al pennino. E nella composizione finale tutto viene rielaborato al computer.
Il risultato è il medesimo: rarefazione, trasparenza, profondità di ciò che è vero e corposità di ciò che è solo immaginato. Tutto, attraverso un processo lento e accurato e talvolta imprevedibile.

Carla


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