giovedì 8 aprile 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

DIVENTARE CONIGLIO
 
L'ombra di ognuno, Mélanie Rutten (trad. Sara Saorin)
Camelozampa 2021

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
 
"è la storia...
... di un Cervo preoccupato,
... di un Coniglietto che vuole diventare grande,
... di un Soldato in guerra,
... di un Gatto che fa sempre lo stesso sogno,
... di un Libro che vuole sapere tutto e di un'ombra."


Il Coniglietto arriva nella vita del Cervo come una ventata, o forse come una tempesta. Fatto sta che il Cervo ha dovuto imparare tutto, perché il Coniglietto conta su di lui. Ma non solo: quando si fa male il piccolo anche il grande patisce, o quando il grande è in pensiero si preoccupa anche il piccolo. Condividono il sonno, il gioco dei legnetti per costruire, e sebbene il Cervo sappia che arriverà il giorno in cui Coniglietto se ne andrà, e sebbene lo inciti, dentro di sé spera che quel momento non arrivi poi troppo in fretta. Soli, con l'universo che gira loro intorno, sono lì abbracciati a rassicurarsi a vicenda sul fatto che ci saranno sempre l'uno per l'altro.
Passa il tempo fino al giorno dell'arrivo del Soldato che brandisce la spada perché è in guerra con tutto, ma con il Coniglio, all'urlo di Da soli da soli, fanno subito squadra.
E di tempo ne passa dell'altro fino al momento dell'incontro con il Gatto che cerca qualcosa, un pallone che ora è dentro un buio cespuglio. Anche lui diventa subito parte del gruppo, perché sa raccontare storie.
 
 
E mentre tutto questo succede, da un'altra parte del bosco Cervo è chinato per raccogliere legnetti ed è adesso che incontra il Libro che parla parla parla. Cervo quasi non lo ascolta. Ha la testa in altri pensieri: la discussione avuta con Coniglietto che se n'è andato perché ha deciso di diventare grande da solo.
E mentre tutto questo succede... c'è un'ombra che osserva da lontano.


Poco meno di otto anni fa, Mélanie Rutten vedeva pubblicato il suo quinto libro, L'ombre de chacun, con la sua casa editrice di riferimento, MeMo.
E, all'epoca, molti se ne innamorarono. Per diversi motivi.
Per chi la conosceva già, questo libro segnava una svolta. Verso una direzione di profondità di racconto, di complessità di struttura narrativa che fino a quel momento, nei suoi libri non si era ancora mai vista.
Per chi non la conosceva ancora, la cosa che saltò all'occhio fu in primo luogo il disegno e il colore, la composizione della pagina e la complessa architettura del racconto. I personaggi, animali antropomorfi, che creano un racconto corale. E naturalmente anche il tema trattato.
 

Il libro ebbe molto successo, vinse diversi premi importanti, tra cui la menzione al BRAW 2014, e lentamente ma inesorabilmente venne pubblicato anche in altri paesi, compresa Cina, Corea e Stati Uniti.
Se si procede con ordine, volendosi anche basare sulle motivazioni di chi l'ha premiato, l'argomento più menzionato è il disegno: si notano subito la linea di contorno a china, fluida quanto espressiva (verrebbe da chiedersi quanto bene la Rutten abbia imparato dalla Crowther), e immediatamente l'attenzione si focalizza sul colore.
Un acquerello molto leggero, pieno di trasparenze e con una gamma cromatica piena di sfumature, ma nel contempo vivacissima ed emotivamente significativa.
 

Anche un profano noterà quanto la Rutten sembra far sue le teorie espressioniste, dai Fauves fino a Kandinsky (e aggiungerei a Klee), che considerano i colori in diretta relazione con gli stati della psiche.
Con il colore, Mélanie Rutten applica il medesimo principio, e apparentemente anche la stessa palette. Non importa quanto consapevolmente ciò accada.
Questo valore allusivo coinvolge anche la forma. Una per tutte, si guardi la tavola finale che raffigura un vero a proprio abbraccio fatto di alberi e foglie.
 

Il secondo elemento che colpisce è la mise en page. Per quegli anni rappresenta abbastanza una novità la scansione in piccoli bozzetti, anche sei per pagina, che si alternano a figure scontornate e libere sul bianco del foglio, a tavole a piena pagina o addirittura a doppia pagina (solo due). Si allungano o si arrotondano a seconda dell'esigenza narrativa. Tuttavia, nel 2013, è un terreno di esplorazione che la Rutten sta già percorrendo da qualche anno, forse sulla scia di Kitty Crowther, la sua maestra, che nel 1998 già lo utilizzava in Il mio amico Jim, di recente ripubblicato e ritradotto con Marameo.
L'architettura del racconto è l'altro elemento di valore (che per esempio alcuni importanti critici americani non dimostrano di aver apprezzato appieno). Mélanie Rutten crea un fuoco nella narrazione che è rappresentato dal rapporto tra il Cervo e il Coniglio. E da lì parte. Quindi lo abbandona temporaneamente per concentrarsi sugli altri personaggi. Il lettore segue Coniglio nei suoi nuovi incontri, e solo dopo può tornare a seguire Cervo nelle sue riflessioni malinconiche che esplicita nell'incontro con Libro. Solo al quinto racconto, chi legge ha un quadro un po' più chiaro di cosa sia successo tra i due. Per ancora un bel po' di pagine i racconti si concentrano sulle dinamiche di relazione che legano Coniglio e gli altri; li si può seguire nel loro percorso avventuroso. 
 

E solo a tre o quattro pagine dalla fine il quadro appare nella sua completezza.
A ben guardare i disegni, però, molti elementi ritornano e diventano essi stessi chiavi di interpretazione, ben più che i silenzi delle parole. Una per tutti: la macchinina rossa.
Tutta questa complessità ha eccitato il pubblico europeo, meno quello americano... Peggio per loro.
Penultimo elemento da notare la grazia dei personaggi, autentiche rapresentazioni del nostro sentire, del nostro agire da umani.
Ed ecco che si arriva alla questione di fondo, ovvero il tema trattato. E qui però il libro, a mio avviso, dimostra tutti i suoi anni. O per meglio dire, volendolo guardare con gli occhi e la testa nel 2021, dimostra certe ingenuità che nel 2013 forse non lo erano neanche. Forse.
Cerchiamo di distinguere. La questione che preme alla Rutten, stando a sue proprie dichiarazioni, è quella di raccontare le difficoltà che comporta la crescita; passare dall'esser Coniglietto al diventare Coniglio.
Difficoltà di chi è piccolo e vuole diventare grande e difficoltà speculari di chi è grande e non vorrebbe lasciare andare anzitempo i piccoli di cui si prende cura. 
 

Sebbene lei stessa dica che i personaggi, da indefiniti a un certo punto dimostrano di essere in grado di alzarsi e di cominciare ad andare da soli, in questo caso si sono messi in piedi un minuto dopo che lei aveva deciso a tavolino un tema da affrontare. Ovverosia loro nascono in qualche misura al servizio della storia e della tesi che si vuole dimostrare. E non viceversa. E questo non giova loro e neanche alla storia. Impercettibilmente, e forse magari solo a un lettore smaliziato da anni di letture, si avverte un'ombra didascalica, se non altro nella dimostrazione del teorema di partenza. La stessa sensazione la si percepisce nell'utilizzo che fa la Rutten dei simboli. Troppo simbolici, verrebbe da dire: l'uovo, il vulcano, il Libro stesso. Prevedibile la sorpresa che si ha nel momento in cui il soldato si toglie l'elmo... ma forse nel 2013 aveva una forza dirompente differente.
Felicissima invece è la costruzione dei personaggi, quando dimenticano di dover dimostrare qualcosa e sono personificazioni di bambini veri. Quella sì che, a distanza di anni, non mette neanche una ruga. Le loro domande, le loro risposte, le loro canzoni sono ancora oggi terra fertile, in pieno sole.
In questo senso, vale davvero tutto il libro, il brevissimo scambio di Coniglio con Soldato, dopo una notte passata sotto le stelle:
"Non dirò niente. Del segreto della tua borsa" "Grazie" risponde Soldato.
Lì, applausi a scena aperta.


Carla
 
Noterella al margine. Come di consueto, Mélanie Rutten non lascia andare i suoi personaggi più amati. E così ben altri due libri sono la prosecuzione di questo.

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