DIVENTARE CONIGLIO
L'ombra di
ognuno, Mélanie Rutten (trad. Sara Saorin)
Camelozampa 2021
ILLUSTRATI PER PICCOLI
(dai 5 anni)
"è la
storia...
... di un Cervo
preoccupato,
... di un
Coniglietto che vuole diventare grande,
... di un Soldato in
guerra,
... di un Gatto che
fa sempre lo stesso sogno,
... di un Libro che
vuole sapere tutto e di un'ombra."
Il
Coniglietto arriva nella vita del Cervo come una ventata, o forse
come una tempesta. Fatto sta che il Cervo ha dovuto imparare tutto,
perché il Coniglietto conta su di lui. Ma non solo: quando si fa
male il piccolo anche il grande patisce, o quando il grande è in
pensiero si preoccupa anche il piccolo. Condividono il sonno, il
gioco dei legnetti per costruire, e sebbene il Cervo sappia che
arriverà il giorno in cui Coniglietto se ne andrà, e sebbene lo
inciti, dentro di sé spera che quel momento non arrivi poi troppo in
fretta. Soli, con l'universo che gira loro intorno, sono lì
abbracciati a rassicurarsi a vicenda sul fatto che ci saranno sempre
l'uno per l'altro.
Passa
il tempo fino al giorno dell'arrivo del Soldato che brandisce la
spada perché è in guerra con tutto, ma con il Coniglio, all'urlo di
Da soli da soli, fanno subito squadra.
E
di tempo ne passa dell'altro fino al momento dell'incontro con il
Gatto che cerca qualcosa, un pallone che ora è dentro un buio
cespuglio. Anche lui diventa subito parte del gruppo, perché sa
raccontare storie.
E
mentre tutto questo succede, da un'altra parte del bosco Cervo è
chinato per raccogliere legnetti ed è adesso che incontra il Libro
che parla parla parla. Cervo quasi non lo ascolta. Ha la testa in
altri pensieri: la discussione avuta con Coniglietto che se n'è
andato perché ha deciso di diventare grande da solo.
E
mentre tutto questo succede... c'è un'ombra che osserva da lontano.
Poco
meno di otto anni fa, Mélanie Rutten vedeva pubblicato il suo quinto
libro, L'ombre de chacun,
con la sua casa editrice di riferimento, MeMo.
E,
all'epoca, molti se ne innamorarono. Per diversi motivi.
Per
chi la conosceva già, questo libro segnava una svolta. Verso una
direzione di profondità di racconto, di complessità di struttura
narrativa che fino a quel momento, nei suoi libri non si era ancora
mai vista.
Per
chi non la conosceva ancora, la cosa che saltò all'occhio fu in
primo luogo il disegno e il colore, la composizione della pagina e la
complessa architettura del racconto. I personaggi, animali
antropomorfi, che creano un racconto corale. E naturalmente anche il
tema trattato.
Il
libro ebbe molto successo, vinse diversi premi importanti, tra cui la
menzione al BRAW 2014, e lentamente ma inesorabilmente venne
pubblicato anche in altri paesi, compresa Cina, Corea e Stati Uniti.
Se
si procede con ordine, volendosi anche basare sulle motivazioni di
chi l'ha premiato, l'argomento più menzionato è il disegno: si
notano subito la linea di contorno a china, fluida quanto espressiva
(verrebbe da chiedersi quanto bene la Rutten abbia imparato dalla
Crowther), e immediatamente l'attenzione si focalizza sul colore.
Un
acquerello molto leggero, pieno di trasparenze e con una gamma
cromatica piena di sfumature, ma nel contempo vivacissima ed
emotivamente significativa.
Anche
un profano noterà quanto la Rutten sembra far sue le teorie
espressioniste, dai Fauves fino a Kandinsky (e aggiungerei a Klee),
che considerano i colori in diretta relazione con gli stati
della psiche.
Con il colore, Mélanie
Rutten applica il medesimo principio, e apparentemente anche la
stessa palette. Non importa quanto consapevolmente ciò accada.
Questo valore allusivo
coinvolge anche la forma. Una per tutte, si guardi la tavola finale
che raffigura un vero a proprio abbraccio fatto di alberi e foglie.
Il secondo elemento che
colpisce è la mise en page. Per
quegli anni rappresenta abbastanza una novità la scansione in
piccoli bozzetti, anche sei per pagina, che si alternano a figure
scontornate e libere sul bianco del foglio, a tavole a piena pagina o
addirittura a doppia pagina (solo due). Si allungano o si arrotondano
a seconda dell'esigenza narrativa. Tuttavia, nel 2013, è un terreno
di esplorazione che la Rutten sta già percorrendo da qualche anno,
forse sulla scia di Kitty Crowther, la sua maestra, che nel 1998 già
lo utilizzava in Il mio amico Jim,
di recente ripubblicato e ritradotto con Marameo.
L'architettura
del racconto è l'altro elemento di valore (che per esempio alcuni
importanti critici americani non dimostrano di aver apprezzato
appieno). Mélanie Rutten crea un fuoco nella narrazione che è
rappresentato dal rapporto tra il Cervo e il Coniglio. E da lì
parte. Quindi lo abbandona temporaneamente per concentrarsi sugli
altri personaggi. Il lettore segue Coniglio nei suoi nuovi incontri,
e solo dopo può tornare a seguire Cervo nelle sue riflessioni
malinconiche che esplicita nell'incontro con Libro. Solo al quinto
racconto, chi legge ha un quadro un po' più chiaro di cosa sia
successo tra i due. Per ancora un bel po' di pagine i racconti si
concentrano sulle dinamiche di relazione che legano Coniglio e gli
altri; li si può seguire nel loro percorso avventuroso.
E solo a tre
o quattro pagine dalla fine il quadro appare nella sua completezza.
A
ben guardare i disegni, però, molti elementi ritornano e diventano
essi stessi chiavi di interpretazione, ben più che i silenzi delle
parole. Una per tutti: la macchinina rossa.
Tutta
questa complessità ha eccitato il pubblico europeo, meno quello
americano... Peggio per loro.
Penultimo
elemento da notare la grazia dei personaggi, autentiche
rapresentazioni del nostro sentire, del nostro agire da umani.
Ed
ecco che si arriva alla questione di fondo, ovvero il tema trattato.
E qui però il libro, a mio avviso, dimostra tutti i suoi anni. O per
meglio dire, volendolo guardare con gli occhi e la testa nel 2021,
dimostra certe ingenuità che nel 2013 forse non lo erano neanche.
Forse.
Cerchiamo
di distinguere. La questione che preme alla Rutten, stando a sue
proprie dichiarazioni, è quella di raccontare le difficoltà che
comporta la crescita; passare dall'esser Coniglietto al diventare
Coniglio.
Difficoltà
di chi è piccolo e vuole diventare grande e difficoltà speculari di
chi è grande e non vorrebbe lasciare andare anzitempo i piccoli di
cui si prende cura.
Sebbene lei stessa dica che i personaggi, da
indefiniti a un certo punto dimostrano di essere in grado di alzarsi
e di cominciare ad andare da soli, in questo caso si sono messi in
piedi un minuto dopo che lei aveva deciso a tavolino un tema da
affrontare. Ovverosia loro nascono in qualche misura al servizio
della storia e della tesi che si vuole dimostrare. E non viceversa. E
questo non giova loro e neanche alla storia. Impercettibilmente, e
forse magari solo a un lettore smaliziato da anni di letture, si
avverte un'ombra didascalica, se non altro nella dimostrazione del
teorema di partenza. La stessa sensazione la si percepisce
nell'utilizzo che fa la Rutten dei simboli. Troppo simbolici,
verrebbe da dire: l'uovo, il vulcano, il Libro stesso. Prevedibile la
sorpresa che si ha nel momento in cui il soldato si toglie l'elmo...
ma forse nel 2013 aveva una forza dirompente differente.
Felicissima
invece è la costruzione dei personaggi, quando dimenticano di dover
dimostrare qualcosa e sono personificazioni di bambini veri. Quella
sì che, a distanza di anni, non mette neanche una ruga. Le loro
domande, le loro risposte, le loro canzoni sono ancora oggi terra
fertile, in pieno sole.
In
questo senso, vale davvero tutto il libro, il brevissimo scambio di
Coniglio con Soldato, dopo una notte passata sotto le stelle:
"Non dirò
niente. Del segreto della tua borsa" "Grazie" risponde
Soldato.
Lì,
applausi a scena aperta.
Carla
Noterella al margine. Come di consueto, Mélanie Rutten non lascia andare i suoi personaggi più amati. E così ben altri due libri sono la prosecuzione di questo.
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