lunedì 19 aprile 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

REFOLO A TRIESTE
 
Un pinguino a Trieste, Chiara Carminati
Bompiani 2021


NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)
 
"L'Europa è salpata. Mi sono sentito tremare lo stomaco, ma questa volta non per colpa del mal di mare. Stranamente la mia anguilla sembrava addormentata, forse proprio perché, grazie alla sua stazza, la nave era molto più stabile rispetto alle piccole barche dei pescatori. Ma intuivo che con la nave salpava anche la mia vita, verso una destinazione sconosciuta. Per la prima volta avevo preso una decisione tutta mia."
 
È il 1953, è marzo. Refolo, all'anagrafe Nicolò D'Este di quindici anni, si è appena imbarcato come piccolo di camera sulla grande motonave Europa, diretta a Città del Capo. Nonostante il fatto che soffra il mal di mare, quel ragazzino ha un motivo improrogabile per imbarcarsi. Quel motivo lo ha appena fatto scappare di casa, quella dove abita con lo zio - che lo ha accolto l'anno prima, in fuga da Lussino dove era nato e dove viveva con i nonni - e Irma, una giovane sarta, che affitta una cameretta sopra l'osteria dello zio.
Sebbene con lo zio Franco e con Irma, Nicolò nella sua nuova vita triestina, abbia ricostruito una parvenza di piccolo nucleo di affetti, tuttavia non ha smesso di credere che suo padre, mai tornato dalla sua prigionia in Africa, sia vivo da qualche parte. Complice un vecchio ritaglio di giornale riemerso da una scatola rossa nascosta dietro l'armadio dello zio, Nicolò adesso ha la certezza che suo padre sia tra i pochissimi superstiti del Nova Scotia, affondato nel 1942 da un sommergibile tedesco davanti alla costa di Durban, in Sudafrica.
Suo padre è vivo e lui parte per cercarlo.
Questa è la storia del viaggio di Nicolò imbarcato come tuttofare su una nave che fa la spola tra Trieste e Città del Capo, ma è anche quella della passeggera Susanna, una ragazzina dai grandi occhi verdi, ma è anche la storia del passeggero Marco, giovane pinguino clandestino.


Quando ci sono belle storie 'friulane', la cosa migliore che si può fare è sperare che Chiara Carminati le trovi e le racconti. 
Non si può dimenticare Fuori fuoco del 2014, in cui scriveva della prima guerra mondiale attraverso lo sguardo delle donne rimaste a casa ad aspettare. Quella era una storia tutta di 'terra'.
Questa invece è una storia tutta di 'acqua'.
Trieste negli anni Cinquanta è lo scenario, ma la storia parte dall'isola contesa di Lussino dove una coppia di vecchi, con l'arrivo dei titini, affida il nipote - orfano di madre - a una delle tante famiglie di italiani che tentano la fuga in barca. I nonni vogliono che arrivi sano a salvo a Trieste dove ad aspettarlo c'è lo zio Franco, oste dal grande e malandato cuore, che lo accoglie come un figlio.
Questo è l'innesco, basato su una precisa circostanza storica, per un racconto di invenzione che si costruisce in un intreccio complesso di molti altri frammenti di vita vissuta, ovvero di storie vere.
Di almeno tre, Lussino a parte, ne esiste ampia documentazione.
La grande nave Europa, del Loyd Triestino, che dal 1951 faceva servizio celere verso Città del Capo, una volta al mese, in tandem con la sua corrispondente, Africa.
La nave inglese Nova Scotia che il 28 novembre 1942 mentre trasportava prigionieri di guerra, fu affondata da un sottomarino tedesco. E dei suoi pochi superstiti.
Il pinguino Marco 'rapito' per gioco da giovani membri dell'equipaggio dell'Europa e poi, preso in carico dal nostromo Barrera che se ne prese cura per poi affidarlo felicemente all'Acquario della città di Trieste dove visse, atteggiandosi spesso come un umano (applauso per l'allusiva copertina), fino al 1985.
Come molte delle cose triestine, anche questa storia è attraversata da un vento, ovvero si caratterizza per i continui cambiamenti di scenario, come di solito succede quando a soffiare è un vento bello teso. Si parte dalla piccola Lussino occupata dai soldati di Tito, poi si passa alla Trieste neutrale piena di soldati americani, poi si salpa verso il Sud Africa e si attraversa il Mediterraneo, poi si arriva nei quartieri multietnici di Città del Capo. E con la stessa naturalezza, veniamo condotti tra la gente semplice che bazzica le osterie e le pescherie di Trieste, ma anche tra le persone ricche che passano l'Equatore in una cabina di prima classe in un viaggio di piacere, con l'unico obiettivo di alloggiare nei grandi alberghi delle metropoli sudafricane e lì visitare caffè alla moda.
Non tutti sarebbero stati capaci di costruire con la necessaria chiarezza e naturalezza una storia così articolata. Non tutti sarebbero stati capaci di non farci perdere l'orientamento sulla mappa. Non tutti sarebbero stati capaci di tenere i lettori per metà libro sulle spine seguendo il viaggio di andata di un ragazzino, e per l'altra metà altrettanto in trepidazione per il viaggio di ritorno di un pinguino. Non tutti sarebbero stati capaci di costruire una vera famiglia con uno zio, un nipote orfano e una giovane e bella pensionante. Non tutti sarebbero stati capaci di scrivere le venti pagine centrali del libro - di cui nulla va detto qui - con tanta potenza emotiva e nel contempo con tanta coerenza narrativa. Non tutti sarebbero stati capaci di riempire il racconto, a ogni possibile occasione di vere e proprie visioni: a partire da cose come per esempio
"i suoi occhi mi correvano sul viso come mosche confuse".
Oppure
"I suoi capelli avevano un colore che sembrava un sapore,
come fossero fatti di cannella"
Non tutti sarebbero stati capaci di regalare al lettore dei piccoli 'camei' di prosa poetica, a partire dal contenuto del tascapane - di cui nulla va detto qui - di quel ragazzino. Non tutti sarebbero stati capaci di utilizzare di nuovo in un libro la parola refolo, che è bellissima.
Non tutti, ma lei sì.
 
Carla


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