venerdì 6 agosto 2021

IL RIPOSTIGLIO (libri belli e impolverati)

LA VOLONTARIA SOSPENSIONE DELL'INCREDULITÀ

I tre porcellini, David Wiesner
Orecchio acerbo 2021


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)


"C’erano una volta tre porcellini che se ne andarono per il mondo a cercar fortuna. Il primo decise di metter su casa e si costruì una capanna di paglia.
Arrivò un lupo, che bussò alla porta e disse: 'Porcellino, porcellino, fammi entrare'. E il porcellino rispose: 'Fossi matto! Tu mi vuoi divorare!'
Il lupo allora disse: 'Soffierò e sbufferò, e la casa spazzerò!'"


Tutto inizia come nella fiaba che è familiare a tutti: tre maiali raccolgono materiali diversi e vanno a costruire in giro le loro rispettive case: una di paglia, una di legno e una di mattoni. Arriva il lupo alla casa di paglia e cerca di stanare il porcellino all'interno: soffia e sbuffa ed effettivamente fa saltare il primo maiale fuori dalla casa, ma con la potenza del suo sbuffo lo spinge anche fuori dalla storia. 
 

Ovvero il maiale è lì appeso alla cornice della immagine e di fatto è libero. Questo rappresenta il primo shock, ma già nell'immagine successiva si verifica una seconda anomalia: il testo dice una cosa che gli occhi smentiscono. Secondo shock: il lupo non si è mangiato il porcellino, che invece è in fuga dal lupo, dalla fiaba e dai disegni che la illustrano, in cerca dei suoi fratelli, con i quali condividerà una serie di avventure, anche aeree. Se da un lato la fiaba va avanti come sempre, sebbene su pagine disegnate sempre più spiegazzate, dall’altra i suoi stessi protagonisti attraversano altri libri, altri disegni. Esploreranno mondi, ovvero scenari sempre diversi, portandosi appresso - come accadde nella fiaba dei Musicanti di Brema - sempre nuovi compagni. Insieme costituiscono pagina dopo pagina una banda di amici che condividono il gusto per la scoperta, per la libertà e anche, a fine giornata, per quattro mura e un tetto. Felicemente insieme sani e salvi, davanti a un pasto caldo. E soprattutto sani e salvi fuori dai racconti che li tenevano prigionieri.


Le rivisitazioni delle fiabe classiche non sono una novità. Di solito si lavora su finali che cambiano, su personaggi di storie diverse che si incontrano, oppure si capovolgono i ruoli, ma non si va molto oltre.
Quello che fa Wiesner ne I tre porcellini (in originale è Three pigs a dire il vero) è lontano da ogni tipo di parodia. Lui varca un limite, segnando un punto di non ritorno. Lavora su due registri poco frequentati: da un lato, attraverso diverse forme narrative, dal fumetto al racconto cavalleresco, passando attraverso filastrocche e sillabari, dall'altro lavora sull'immagine e sul concetto di pagina bianca, quale supporto che nasconde un mistero dentro (o forse dovrei dire dietro) di sé. Il risultato è un’opera di somma ingegneria narrativa, piena di ironia, che ha l'obiettivo di generare in chi legge la più pura delle meraviglie e la più sonante delle risate.
 
 
Mi è capitato più volte di pensare che i libri di Wiesner, e questo in modo particolare, siano un perfetto catalogo di tutte le possibilità e potenzialità che un buon autore ha a disposizione nel creare il suo albo illustrato.
Provo ad elencarne alcune. La prima sta nella sospensione dell'incredulità, quella di cui parla Coleridge, sta nella creazione del senso del meraviglioso, al quale ci sottomettiamo con entusiasmo.
Qui si parte da un dato di realtà, per meglio dire di fiaba, e poi la narrazione si mette in un tempo sospeso che dura fino al finale dove si riatterra nella fiaba iniziale con una serie di circostanze modificate. Per tutto il racconto vediamo succedere cose impossibili eppure le accettiamo per vere!
Addirittura i tre porcellini si accorgono del lettore e si rivolgono a lui, parlandogli o guardandolo dritto negli occhi, fin dalla copertina.
La seconda è la creazione del 'taglio' che genera un silenzio temporaneo nel racconto. In qualsiasi tipo di racconto, visivo o scritto, c'è la possibilità di non spiegare tutto per filo e per segno. Anzi, più si creano quelli che in gergo si chiamano gap - lacune, vuoti, buchi - più il lettore, soprattutto se è piccolo, ci si infila dentro per metterci del suo allo scopo di darsi una ragione di quello che vede accadere sul foglio.. Qui, un grande gap attraversa l'intera idea originaria: che cosa è capitato ai personaggi che - per incanto, appunto - si trovano fuori dalla storia e ne creano una seconda del tutto divergente? Ma a ben vedere di gap ce ne sono sparsi ovunque.
A tale proposito è lo stesso Wiesner a parlarne, citando un episodio preciso che ha a che fare con il cinema. "In 2001. Odissea nello spazio c’è forse il taglio più famoso di tutta la storia del cinema, ovvero il lancio dell’osso-arma della scena iniziale. È un taglio che è stato scoperto per caso, e la storia della scoperta mi ha sempre affascinato moltissimo. All’uscita del film mi procurai sia il romanzo da cui era stato tratto – a questo romanzo attribuisco il merito di avermi trasformato in un lettore – sia il saggio sul “dietro le quinte” del film. Venni a scoprire che, un giorno che stavano girando, Kubrick, con la cinepresa in spalla, si mise a lanciare in aria una scopa e a filmare la scopa che saliva e poi scendeva, saliva e scendeva, finché non gli venne l’idea del taglio. Una forma cilindrica lanciata in aria e poi… taglio al satellite. Un’immagine accostata a un’altra: ecco cos’è fare immagini in modo sequenziale, mettere insieme le immagini e vedere come si rapportano l’una all’altra."
La terza possibilità che in questo libro Wiesner sfrutta in modo del tutto originale riguarda la messa in mostra dei meccanismi che governano il linguaggio.
E' di nuovo lui a spiegarlo chiaramente, dicendo che tutto ruota intorno all'idea di un mondo non visto, nascosto sotto, o dietro, la superficie della pagina (o della pellicola). Ci sono diversi strati di cose che l'occhio non vede ma che esistono.
A tale proposito racconta: "Una delle prime volte in cui ho visto dietro la superficie è stata in un film di animazione. Il protagonista della scena era un bambino che correva lungo una strada verso un cinema, correva fino alla fine della pellicola e poi ne usciva fuori. Si vedeva la parentesi, il nulla dietro la pellicola, e poi il bambino che rientrava nel film. Da bambino, ricordo di essermi messo a ridere e di essere rimasto profondamente colpito dal ragazzino che era uscito dall’animazione. Successivamente ho esplorato questa idea per la prima volta in un compito di graphic design all’accademia d’arte. Dovevamo prendere una lettera dell’alfabeto, nera su sfondo bianco, e trasformarla in qualcos’altro. Il mio compito si apriva sulla lettera W, poi la lettera si muoveva, si allungava, usciva dalla pagina, tornava dentro, si frantumava e infine si riassemblava in forma di uccello marino. La chiave di tutto era la pagina bianca. Me la sono immaginata come un portale che si apriva nel libro, potevo mettere la testa dentro e vedere la W muoversi e volare. È un’idea che è rimasta con me e mi sono sempre chiesto se fosse possibile entrare dentro al libro e buttare giù le immagini e vedere cosa ci fosse dietro e dentro, come se esistesse un altro mondo all’interno del libro." In questo libro, la superficie bianca del foglio diventa quindi spazio abitabile, spazio di volo e attraversamento in lungo e in largo; ma è anche contenitore a sua volta di altre pagine 'sorelle' che diventano pannelli illustrativi, che diventano aeroplanini... Geniale.
 
 
La quarta possibilità che sfrutta Wiesner sta nell'uso differenziato di diversissimi registri narrativi. E' di nuovo un film a farci da guida nella sua spiegazione: "Scala al Paradiso di Mike Powell l’ho visto a quattordici, quindici anni. Pensavo che fosse la solita storia d’amore, c’erano David Niven e Kim Hunter… invece l’inizio era molto stilizzato e ne rimasi affascinato. Da una parte c’era la Terra, resa in un technicolor particolarmente intenso, e dall’altra c’era il Paradiso, tutto in uno splendido bianco e nero, con tutta la gamma dei grigi, e il film rende la transizione tra questi due mondi con una grafica spettacolare. Ero affascinato dal modo in cui potevo identificare visivamente i diversi mondi a partire da un diverso materiale e un diverso design. Era possibile, quindi, creare uno stile diverso per ciascuno, amplificando le differenze e passando dall’uno all’altro in modo creativo – che poi è quello che succede anche in questo libro. Attraverso diverse forme narrative, dal fumetto al racconto cavalleresco, passando attraverso filastrocche e sillabari, con grande ironia David Wiesner non smentisce la somma qualità del suo disegno, qui in un vero e proprio catalogo di differenti stili.
 

 

 
Ma se tutto questo forse può essere di interesse per i grandi, va detto che al di là di ogni ragionamento, I tre porcellini resta comunque un'esperienza straordinaria, un esercizio di immaginazione che ogni bambino o bambina dovrebbe fare e rifare e rifare ancora. Fino allo sfinimento.
 

Ecco.


Carla

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